Elezioni seconda puntata: vincerà il meglio ? (di Claudio Lombardi)

Sono già passati alcuni giorni dallo scrutinio dei voti ed è in pieno svolgimento la prosecuzione della campagna elettorale per il secondo turno nelle città che non hanno già deciso con il primo voto. Ovviamente i commenti impazzano e sono fortemente condizionati dall’imminenza del voto. Nella sarabanda dei messaggi all’elettorato spiccano alcune mirabolanti promesse di riduzioni fiscali e di benefici vari tanto sincere quanto possono esserlo le promesse fatte all’ultimo minuto. Qualcuno esagera e annuncia sorprese dell’ultim’ora come se si trattasse di aprire un bell’uovo di Pasqua e tirarne fuori il regalino che potrebbe ammansire l’elettorato scontento. Si sbeffeggia la dignità dei cittadini che vengono presi in giro neanche fossero bambini capricciosi. E chi lo dice è pure ministro della Repubblica!

Qualcun’altro assicura che adesso vi sarà una specialissima attenzione ai problemi locali come se non risultasse paradossale che, trattandosi di eleggere le amministrazioni locali (e lo si sapeva da mesi e mesi), ci si ricordasse soltanto adesso che questo è il livello del confronto sul quale si chiede il voto dei cittadini. Diciamo paradossale per non dire finto o costruito ad arte, definizioni che meglio si adattano alla “spontaneità” e “sensibilità” di politici che studiano elaborate strategie di “attacco” dell’elettorato quando basterebbe occuparsi lealmente dei problemi delle città mantenendo aperti tutti i possibili canali di partecipazione e di coinvolgimento degli abitanti per poterne legittimamente chiedere il voto a testa alta e senza tante manfrine.

Non è il caso, però, di dilungarsi su questi aspetti: ognuno li giudicherà come vorrà.

Pensiamo, invece a ragionare sul senso del voto che c’è già stato. Agganciandosi al precedente commento (cfr https://www.civicolab.it/new/?p=1189) si può dire qualcosa di più.

La novità di queste elezioni non sta tanto nello spostamento di voti che c’è stato e che ha penalizzato il PDL e la Lega a favore di forze di centro sinistra o alternative ai partiti stessi (Cinque stelle). La novità sta nel disvelamento di un mutamento in corso che ha agito su una parte dell’elettorato e che include anche coloro i quali al voto hanno scelto di non partecipare; un mutamento che probabilmente sta avanzando da anni e che indica una tendenza di lungo periodo dalla quale non sarà facile tornare indietro. E per fortuna, perché qui si tratta – ecco il mutamento – dell’emancipazione degli elettori dai vincoli di partito o, meglio, dalla fiducia data pregiudizialmente ad un partito.

Sembra, in effetti, che una parte crescente dei cittadini non subisca più il “fascino” di messaggi semplificatori che si sono rivelati assolutamente inaffidabili alla prova dei fatti. Esempio eclatante: una riforma del fisco con la riduzione a sole 2-3 aliquote e pure più basse rispetto a quelle in vigore che è stata il cavallo di battaglia elettorale di Berlusconi fin dal 1994. Esempio eclatante, ma non unico visto che tanti programmi elettorali sono stati costruiti per anni e anni come sommatoria di soluzioni per ogni esigenza senza guardare tanto per il sottile sulla realizzabilità degli impegni presi (qualcuno ricorda il Bush che invitava a leggere le sue labbra per assicurare che non avrebbe alzate le tasse? Sì? Ebbene le alzò puntualmente)

La stessa politica incarnata dai partiti non riscuote più la fiducia che dovrebbe avere da parte dei cittadini. Troppi scandali, troppe inefficienze, troppe inadeguatezze di persone che hanno mostrato platealmente di usare la politica per farsi gli affari propri invece di quelli della collettività generando un gigantesco spreco di risorse con il quale si sono dilapidate ricchezze immense dello Stato senza produrre un maggior benessere per gli italiani.

Per questo è sperabile che sempre più gli italiani ragionino giudicando con la loro testa ciò che viene detto e ciò che viene fatto da chi riceve il potere che le elezioni devono attribuire.

Ragionare con la propria testa, però, non significa abbassarla e andare contro le istituzioni e la politica come un ariete presupponendo che si tratti solo di travolgere tutto un sistema corrotto e inutile. Perché poi sempre di un sistema di decisione e di governo si avrà bisogno. Quindi tanto vale pensarci subito, prima di distruggere.

Per questo ora si tratta di restaurare il nostro sistema democratico per risanarlo delle troppe magagne accumulate in tanti anni di degenerazione.

Il restauro ha bisogno di strumenti e di artigiani che lo realizzino nonché di un progetto. Su quest’ultimo punto siamo facilitati perché abbiamo una Costituzione ben fatta che può essere migliorata in vari punti sviluppandone i punti chiave. Per esempio la partecipazione dei cittadini, tema cruciale per una democrazia che non voglia ridursi ad applaudire uno o più capi. La partecipazione non può rimanere principio di valore o vago indirizzo, ma deve diventare asse strategico su cui si adeguano le procedure decisionali, attuative e di controllo della politica in generale e delle singole politiche pubbliche. Deve diventare costume di vita e modo di pensare, in pratica cultura civile di un popolo.

Circa gli strumenti e gli artigiani diciamo subito che i partiti non possono più godersi generosi anzi esagerati finanziamenti pubblici e il monopolio della gestione delle istituzioni (anche con leggi elettorali fatte per premiare il potere dei vertici) rivendicando la libertà da qualsiasi disciplina e onere. Molto deve cambiare a cominciare dalla condivisione dei poteri con la società civile che sarebbe tempo di attuare; con mille cautele e a piccoli passi ovviamente, ma bisognerà pure, partendo dal basso, cominciare a costruire forme di rappresentanza e di intervento diretto dei cittadini, singoli e associati, nelle funzioni politiche e di gestione di pezzi delle funzioni pubbliche inclusi alcuni pubblici servizi essenziali. Bisognerà poi cambiare le regole e la struttura degli apparati istituzionali a cominciare dal Parlamento riducendo i numeri dei parlamentari e dei compensi nonché dell’enorme potere di gestire le risorse pubbliche. In pratica la politica dovrà essere una funzione trasparente, aperta alla partecipazione e responsabile per le sue azioni più che se si trattasse di un singolo cittadino.

Chiaramente tanto altro si potrebbe dire, ma questo intervento vuole solo essere uno stimolo ad una discussione che vada oltre il “chi vince chi perde ai ballottaggi” che può, certo, essere il punto da cui inizia qualcosa di più grande e impegnativo oppure no.

Dipende anche da noi.

Claudio Lombardi

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