Anomalia italiana, flessibilità, crescita

Un articolo sul Sole 24 Ore di oggi a firma di Guido Gentili fa il punto sulla situazione della crescita, della flessibilità concessa dall’Europa e dell’anomalia italiana. Ripercorriamo i punti principali del ragionamento.

Italia in bilico

    1. Il Paese si trova davanti a un bivio: può ritrovare la strada della crescita oppure può solo rinviare i problemi continuando ad essere prigioniero del passato ovvero della sua storica anomalia. Dall’Europa giunge l’apprezzamento per il programma italiano di riforme 2016 in un quadro di sostanziale accantonamento della politica di austerity e di crisi dell’Unione con alle porte il voto nel Regno Unito del prossimo 23 giugno (Brexit).
    2. Da parte italiana è stata chiesta molta più flessibilità di bilancio (circa 14 miliardi per il solo 2016) ed è stata ottenuta con un successo politico chiarissimo e per nulla scontato.
    3. La crescita dell’economia italiana c’è, ma è sempre più lenta rispetto agli altri Paesi europei che sono amici, ma anche concorrenti sui mercati di tutto il mondo. Cresce meno quando le cose vanno bene e scende di più quando vanno male. È così da almeno una ventina d’anni. Il problema è che in termini di produttività e investimenti l’Italia ristagna da troppo tempo, non è competitiva, non accresce e non fa girare a dovere la sua ricchezza. Se si aggiunge la continua lievitazione del debito pubblico ecco trovata l’anomalia italiana

debito pubblico

  1. Il referendum costituzionale in questo quadro assume anche il significato di una prova storica sulla capacità dell’Italia di rinnovarsi rimuovendo gli ostacoli per essere una democrazia che decide e in grado di guidare la crescita.
  2. L’Europa ci raccomanda di spostare il carico fiscale dai fattori produttivi ai consumi e alla proprietà. Le scelte del governo in parte vanno in questa direzione, in parte no (per esempio: bonus e incentivi fiscali a tempo determinato, abolizione dell’IMU prima casa). In altri campi (riforma della PA, giustizia civile, crediti deteriorati, mercato del lavoro, concorrenza e liberalizzazioni) c’è sintonia tra Roma e Bruxelles anche se il lavoro non è finito.

L’articolo si conclude con un’amara constatazione: “ la bassa crescita, con le sue cause e le sue conseguenze che si rincorrono tra loro, non è un mistero. Dati Eurostat come quelli sui livelli di occupazione (età 20-64 anni) si commentano da soli: Europa a quota 70,1, Svezia a 80,5, Francia a 69,5, Germania a 78,0, Regno Unito a 76,9. Italia a 60,5, davanti solo alla Grecia”.

Andrebbe aggiunto un punto all’analisi di Guido Gentili. L’anomalia italiana non si comprende se non si tiene conto della presenza di un sistema di gestione dei poteri pubblici che ha favorito la mediazione corporativa degli interessi; che ha creato il terreno favorevole alla diffusione della corruzione, ai reati contro la pubblica amministrazione, al prevalere della criminalità organizzata in importanti ambiti territoriali, alla corsa all’accaparramento, allo spreco e alla sottrazione di risorse pubbliche, alla diffusione dell’illegalità a livello di massa. Senza questi elementi l’anomalia italiana apparirebbe una pura faccenda di produttività e di parametri di bilancio. Così non è. Purtroppo

Claudio Lombardi

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