Cosa ci aspetta nel 2016?

Il 2015 non è stato certo un anno sereno, il medio oriente ha continuato a bruciare, non è stata trovata una soluzione alla questione Ucraina, sono cresciuti nazionalismi e fondamentalismi, Parigi e tante altre città sono state colpite da attentati terroristici, infine sui mercati hanno pesato notevoli tensioni che probabilmente non dipendono solo della Cina. Si citano qua alcuni dei tanti nodi irrisolti che ci hanno quasi fatto dimenticare i problemi della Grecia e dell’Europa e che probabilmente resteranno attuali nel 2016

  1. Estrema instabilità politica

instabilità politicaNel 1989 la storia non è finita, come preconizzava Francis Fukuyama, anzi è andata avanti in modo più rapido e caotico. E’ cresciuto il numero dei conflitti sia perché la fine dell’Unione Sovietica ha destabilizzato paesi che orbitavano attorno a Mosca, sia perché sono venuti meno i fattori che durante la guerra fredda inibivano manovre militari delle grandi e medie potenze lontano dai confini nazionali. L’Africa Centrale, il Medio Oriente e l’Ucraina sono i fronti più caldi, e alcuni non sono troppo lontani da casa nostra

  1. La crisi dello Stato

Dopo il 1989 sono emersi in modo sempre più netto i limiti dello Stato. Scrive Lucio Levi, già presidente del Movimento Federalista Europeo, “la scena mondiale è sempre più dominata da grandissimi attori non statali: banche, multinazionali, agenzie di rating, movimenti, organizzazioni religiose, gruppi terroristici e gruppi criminali transnazionali”. Lo Stato nazionale appare sempre meno capace di garantire la sicurezza fisica ed economica ai suoi cittadini. Gli Stati Uniti hanno vinto la guerra fredda ma non sono in grado di garantire un ordine mondiale. crisi dello statoLa crisi dello Stato si manifesta in Europa con la risposta antistorica dei separatismi, la Scozia e la Catalogna sono i casi più evidenti, ed in modo ancora più drammatico fuori dall’Europa con i collapsed state, paesi sprofondati nella guerra civile o falciati dal terrorismo: Somalia, Iraq, Afghanistan, Siria, Nigeria, Mali. Tra gli Stati con grossi limiti si annovera anche il Messico a causa dei grossi problemi con la criminalità organizzata. La crisi dello Stato si misura anche con il fatto che sempre più i conflitti sono guerre civili e sempre meno vedono l’esclusiva partecipazione di eserciti regolari

  1. Petrolio e materie prime

Il prezzo del petrolio è precipitato a poco più di 30 dollari al barile. Per ritornare a questo livello nominale bisogna ritornare ai primi mesi del 2004. Includendo anche una stima d’inflazione del 2-3% l’effetto calo del greggio sarebbe ancora maggiore. Da un lato ci sono l’Italia e gli altri paesi dell’UE che importano gran parte del petrolio e del gas che utilizzano che dovrebbero trarre vantaggio da questo scenario, dall’altro ci sono i paesi produttori in difficoltà. Non è un caso che per esempio in Nigeria le violenze sono aumentate in modo esponenziale da quando il prezzo del petrolio è crollato, anche paesi come il Venezuela e la Russia sono fortemente destabilizzati.prezzo del petrolio La stessa Arabia Saudita, uno dei principali “manovratori” del mercato dell’energia è costretta a fare austerity. Probabilmente le borse non brindano al crollo del prezzo del greggio o non lo fanno quanto ci potremmo aspettare perché gli analisti considerano i livelli del prezzo del petrolio così bassi insostenibili nel lungo periodo. Quando il petrolio tornerà ai prezzi che consentono il pareggio ai produttori (il cd break even) i benefici per chi importa energia finiranno e resteranno i danni dell’instabilità. Nel breve periodo autorevoli fonti ipotizzano che il prezzo del petrolio possa scendere anche fino a 20 dollari al barile o addirittura a livelli inferiori.

  1. Timori dalla Cina

Ben prima che le autorità cinesi fossero costrette ad intervenire per evitare una drammatica esplosione di una bolla gli analisti indipendenti esprimevano forti timori sulla Cina e in generale sull’Asia. Pechino preoccupa per diversi motivi: negli ultimi anni il debito pubblico è cresciuto molto, anche considerando che in Cina non solo il governo centrale, ma anche le grandi città e gli enti locali sono sempre più indebitati. È cresciuto molto anche il debito delle imprese; si stima che lo shadow banking, il sistema bancario ombra non soggetto alla regolamentazione della banca tradizionale pesi circa il 20% del Pil. I titoli quotati di interi settori sono cresciuti solo perché abbonda la liquidità ed a prescindere dalla solidità delle singole imprese; ci sono dubbi sia sull’attendibilità del PIL, sia sulla poca trasparenza del “quantitative easing alla cinese”

  1. Asia: timori oltre la Cina

crisi CinaQuando alcuni criptici analisti suscitano dubbi sulla tenuta dell’Asia è sempre difficile capire da dove esattamente pensino arrivino i più grossi problemi. Il Giappone si confronta con una stagnazione che dura da 25 anni, la corsa del debito pubblico giapponese continua. I tentativi del premier giapponese Abe di riscrivere la storia e di modificare la costituzione pacifista oltre che rapporti poco sereni con la stampa estera fanno pensare che il governo giapponese ha ben poche soluzioni ai problemi economici. In questi anni, complici le politiche monetarie di BCE e FED, i debiti dei paesi emergenti, molti dei quali sono asiatici, sono cresciuti. Il ritorno a politiche monetarie convenzionali negli USA potrebbe comportare una fuga di capitali che potrebbe rendere difficile per le imprese rifinanziare il debito. Inoltre nel 2016 scade il mandato degli autorevoli, e scomodi, governatori della banca centrale cinese e indiana

  1. Se la Cina rallenta chi traina la ripresa

trainare la ripresaNel 2011 l’analista di Goldman Sachs Jim O’Neill coniò l’acronimo BRIC e affermò che la scena internazionale negli anni successivi sarebbe stata dominata da Brasile, Russia, India e Cina. In realtà anche O’Neill ammette che non esistono paesi pienamente comparabili alla Cina. E’ fisiologico che Pechino rallenti; come dice Lorenzo Bini Smaghi se la Cina consuma di più, esporta meno e diventa più moderna nel lungo periodo l’economia mondiale non può che trarne giovamento. Il vero problema è che i nuovi emergenti, Messico, Nigeria e Turchia per esempio, appaiono incomparabilmente più instabili di quelli di “prima generazione” ed il Brasile e la Russia sono in crisi profonda quindi la transizione della Cina potrebbe celare grossi pericoli per tutti

  1. Ambiente

Infine c’è la questione ambientale. E’ emblematico che nell’ultimo suo libro Disuguaglianza. Che cosa si può fare? Atkinson, uno dei più grandi esperti al mondo di disuguaglianza e povertà affermi che molti economisti da diversi anni considerano il cambiamento climatico e l’inquinamento fattori che fanno crescere le disuguaglianze, mentre Jeffrey Sachs, uno dei più grandi esperti di sviluppo al mondo affermi che le deteriorate condizioni ambientali sono un fattore di instabilità nel Medio Oriente. E’ un caso che il Mali e la Siria due paesi con grossi problemi di stabilità vengano da molti anni di siccità? La scarsità di acqua in un futuro non troppo lontano potrebbe essere causa di guerre e migrazioni.

Salvatore Sinagra

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Fornisci il tuo contributo!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *