Dalla Basilicata all’Italia: le scelte del Pd

Non sto a darvi i dati sulle elezioni regionali in Basilicata: li avete letti su tutti i giornali. Non sto nemmeno a fare analisi. C’è tempo per quelle: la mia esperienza personale mi suggerisce di non farle mai a caldo. Sono troppe le trappole dei sentimenti, e poi non bisogna mai abbandonarsi all’ira.

Mi colpiscono le reazioni degli interessati.

La destra ha vinto, come sta facendo da qualche mese nelle elezioni regionali in Italia, dopo il successo delle politiche di marzo del 20018. Salvini, il ministro della propaganda, si affretta a fare il gradasso pensando alle europee. Con il voto di maggio, dice, in Europa cambierà tutto. Certo cambierà di sicuro qualcosa, ma i tanto decantati sondaggi avvertono che i sovranisti di destra come lui, saranno una minoranza in Europa, e si prospetta una maggioranza composta da popolari europei, socialdemocratici, e liberali.

Gli italiani sembrano sempre un po’ dormienti e ci mettono del tempo a svegliarsi, è la nostra Storia che ce lo dice. E quando si risvegliano e si trovano di fronte a danni e macerie si dimenticano di esserne i responsabili. E se la prendono, con un eccesso di reazione, con il sedicente dux che li ha presi per i fondelli, mentre dormivano. Salvini è avvisato, ma chissà se ci sente nel fragore della sua ridicola propaganda e nel bailamme dei suoi selfie e dei travestimenti alla Fregoli.

Poi ci sono i 5 stelle: casi umani, piccoli parolai senza arte né parte, zero capacità di governo. Continuano a perdere voti da quando sono andati al governo, anche tanti. In Basilicata li hanno dimezzati. Ma il loro capo politico, il vice premier Di Maio, è contento del fatto che rimangano il primo partito in quella regione. Mi ricorda il compianto Walter Chiari in veste di ciclista, quando dopo una gara rispondeva, palesemente suonato per la fatica, alla domanda di un intervistatore, che lo inseguiva con il microfono: “mama, mama, sono contento di essere arrivato uno”. Se continueranno ad arrivare “uno” in questo modo i 5 stelle spariranno in pochissimo tempo dal nostro cielo: come una meteora nel mese di agosto. E non ci lasceranno nemmeno il tempo di esprimere il desiderio di non vederli più.

Ma ciò che più mi interessa qui è la reazione del centrosinistra. Zingaretti riconosce la sconfitta, dopo quasi trent’anni di governo regionale, e dice che bisogna ripartire da qui, senza fare altre considerazioni. Eppure bisognerebbe farne tante, ed io spero che a Roma ci riflettano su. Evito di commentare le dichiarazioni di Renzi e amici, smemorati artefici della catastrofe delle elezioni politiche di un anno fa, che non riescono proprio a tenersi in tasca l’arroganza abituale.

Voglio invece soffermarmi sul candidato presidente della Basilicata, il farmacista Carlo Trerotola, scelto quando Zingaretti non era ancora capo del PD, ed era Martina il segretario nazionale pro-tempore. Trerotola, come il puglile suonato interpretato da Walter Chiari, viene sbattuto davanti a un microfono e si affretta a pronunciare una sentenza leggendaria che rimarrà nella Storia: “meglio secondi che terzi. Analisi del voto? Io faccio il farmacista”. Domanda del giornalista: “Dicono che il centrosinistra si è suicidato candidando un ex missino come presidente”. Risposta: “Era mio padre del Movimento Sociale. Io andavo con lui ai comizi di Giorgio Almirante, e non me ne vergogno. Anzi, ne sono fiero”. All’inizio della campagna elettorale aveva detto che lui ha ancora delle cassette con i discorsi di Almirante e, una volta tanto, se le ascolta commuovendosi. Caspita, un genio così è difficile da scovare! Non oso fare indagini per scoprire cosa sia andato a dire in campagna elettorale. Forse che l’avevano candidato a sua insaputa? E’ questo il punto: perchè Trerotola, caro Martina? Le solite voci dicono che l’ex presidente della Regione, Marcello Pittella, che alle primarie, secondo le solite malelingue, ha tirato inutilmente la volata a Martina, e che è stato arrestato e costretto alle dimissioni per una questione di appalti e concorsi truccati (cito “La Repubblica” del 26 marzo), non ha voluto mollare: “ha tenuto la coalizione in ostaggio fino all’ultimo momento. Poi ha mollato imponendo però la candidatura di Trerotola”, il quale è fiero del fatto che andava ai comizi di Almirante, e ancora si ascolta le cassette. Marcello Pittella ha imposto quindi chi non avrebbe certo minacciato, dato il personaggio, la ragnatela delle sue amicizie, o ha fatto come l’eroe biblico del luogo comune, che dice “muoia Sansone con tutti i filistei”. Una sconfitta annunciata dunque, forse voluta, non so se per calcolo o per dabbenaggine: una storia di ordinaria arroganza, volendo essere teneri. Il PD si è fortemente diviso. Quello ufficiale ha preso meno voti di Pittella e dei suoi amici, la cui rete è ancora lì, alla luce del sole, nella sua purezza adamantina, mentre Trerotola, all’opposizione di sé stesso, fa il farmacista e ascolta le cassette di Almirante per farsi una cultura politica.

Sono solidale con Zingaretti, ammesso che serva a qualcosa. A lui voglio dire di fare in fretta a ricostruire il campo del centrosinistra: in tutta Italia, compresa la Basilicata. In fretta e bene, con coraggio, determinazione, e intelligenza, se non chiedo troppo.

Lanfranco Scalvenzi

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