Dalla buona scuola al caos?

Che fine ha fatto la riforma della buona scuola? Un mare di proteste, il caos dei trasferimenti, le classi che cambiano docenti a ripetizione. E tutto perché il governo Renzi ha deciso l’assunzione in ruolo di 100mila docenti togliendoli da una condizione di precariato e ha tentato di assegnare al Preside un ruolo di dirigente scolastico con autonomia decisionale (cioè le scelte cruciali della riforma). Possibile? Poiché i luoghi comuni (conditi con i soliti slogan, parole d’ordine e appelli altisonanti) sono duri a morire soprattutto quando sono sostenuti da minoranze sociali che urlano vale proprio la pena vedere di che si tratta.

proteste-insegnantiSubito le conclusioni: la scuola si conferma un settore nel quale il disordine creato in decenni di approcci sbagliati (primo fra tutti l’antiautoritarismo che ha delegittimato qualunque autorevolezza dei soggetti che vi operano e poi la svalutazione della scuola pubblica in combutta con le proteste studentesche contro tutto e tutti) ha creato una situazione di semi anarchia tutta centrata sugli interessi del personale che ci lavora. Per i sindacati è, forse, uno degli ultimi ambiti (un altro sono i servizi pubblici locali) nei quali si trovano a gestire un potere enorme assolutamente autoreferenziale che nessuno ha loro attribuito e che è uno dei fattori del disordine e dell’inefficienza nella scuola.

La riforma della buona scuola conferma che qualunque governo è condannato ad occuparsi di scuola innanzitutto in funzione di chi ci lavora. Che esista una grande questione di dignità dell’insegnamento che passa anche attraverso un aumento delle retribuzioni è vero. Ma che la scuola sia innanzitutto un servizio per la formazione dei giovani e, quindi, esista per erogare questo servizio dovrebbe essere scritto a caratteri cubitali. Sì alla scuola sono destinate poche risorse (la famosa carta igienica che manca), ma è anche vero che quelle che pure ci sono non vengono impiegate nel migliore dei modi. Un grande merito della riforma del governo Renzi è di aver scoperchiato la pentola dell’ipocrisia proprio perché ha deciso di regolarizzare la posizione di 100mila precari. Vediamo perché aiutandoci con gli approfondimenti di www.tuttoscuola.com.

autorita-degli-insegnantiBastano due dati a inquadrare il fenomeno a colpo d’occhio: solo il 39% degli studenti italiani risiede al sud, Isole incluse (18 anni fa era il 47%); mentre il 70-80% dei docenti è nato nel meridione.

In meno di vent’anni le scuole meridionali hanno perso mezzo milione di studenti (-14%), mentre quelle del centro-nord hanno riempito le aule con quasi 800 mila studenti in più (in larga parte stranieri): un incremento del 20%.

Ci sono quindi fenomeni demografici, ma anche sociali, che hanno spostato negli anni il baricentro della scuola italiana, mettendola su un piano inclinato: più studenti al centro-nord spingono un gran numero di docenti, concentrati nel meridione, verso nord. E di fronte a queste tendenze strutturali non c’è algoritmo che tenga: nessuna formula matematica potrebbe creare tante cattedre al sud da occupare la sovrabbondante offerta di lavoro che lì si manifesta.

Siamo di fronte a una vera e propria emigrazione di docenti meridionali verso il nord, migranti intellettuali sbarcati in molti casi da atenei del sud rincorrendo il  miraggio di una cattedra che non c’è per tutti, almeno in quelle aree del paese.

mobilita-insegnantiSolo che in questo caso si registra un controesodo a livello amministrativo: con lo strumento della mobilità decine di migliaia di docenti freschi di immissione in ruolo su posti prevalentemente al centro-nord tornano verso sud (spesso solo avvicinandosi, ma comunque in tal modo creano movimenti di cattedre), liberando posti nelle scuole del centro-nord, a loro volta occupati da nuovi assunti, in gran parte meridionali, che alla prima occasione chiederanno il trasferimento verso casa. E la ruota gira, mentre generazioni di studenti vedono cambiare di anno in anno una quota elevata dei propri insegnanti.

Prendiamo poi i dati dei docenti trasferiti la scorsa estate, di cui si conosce la provincia di nascita: risulta nato nel Mezzogiorno (Sud e Isole) il 78% dei docenti trasferiti (l’82% dei maestri di primaria e il 71% dei professori di scuola media).

È la fotografia di un fenomeno sociale che presenta un quadro inequivocabile e drammatico: nelle ultime leve di insegnanti entrati nei ruoli statali quasi otto docenti su dieci sono meridionali e i restanti due sono nati al centro-nord, dove vivono sei studenti su dieci.

Per mettere una pezza allo sbilancio che si è creato negli anni per effetto dei trend demografici, l’amministrazione scolastica, oltre a consentire il “trasferimento selvaggio” a prescindere dalle esigenze del servizio, ha cercato di contenere il travaso di posti di lavoro dal sud al nord per motivi demografici. Come? Di fatto mettendo più alunni nelle classi del centro-nord e meno in quelle del sud (lasciando così in vita più classi e quindi più posti di docente). Il fenomeno emerge dall’analisi del rapporto alunni/classi: nell’anno scolastico 2016/17 le classi del centro-nord contengono in media 21,6 studenti, quelle del sud e delle Isole 20,4 studenti. In generale il travaso di posti dal centro-nord al meridione avvenuto in questi anni per effetto dell’applicazione di un diverso rapporto alunni/classi sul territorio è stimabile in circa 5.170 classi, corrispondenti a circa 8.800 posti.

aule-scolasticheDa notare che insegnare in classi con più alunni, e con maggiore presenza di alunni stranieri, è indubbiamente più oneroso.

Insomma al nord c’è maggiore precarietà, più rotazione di insegnanti, più alunni per classe, anche se i risultati negli apprendimenti dei test Ocse-Pisa e dell’Invalsi sono superiori rispetto al Sud.

Insomma, le strade della mobilità selvaggia e del non omogeneo rapporto alunni/classi non sembrano quelle più lungimiranti.

Molti dei problemi della scuola nascono da questo sbilanciamento tutto centrato sui problemi di chi ha scelto di lavorarci. È logico che non appena un governo tenta di porre rimedio regolarizzando la situazione e cioè stabilizzando il posto di lavoro si scontra con il dato di fatto che non esistono cattedre per tutti dove ciascuno lo desidera. Di qui il caos, di qui le proteste.

Claudio Lombardi

(1 – segue)

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