Il disastro dei rifiuti a Roma

L’incendio all’impianto TMB della Salaria è una metafora del disastro a cui è ridotta la gestione del ciclo dei rifiuti a Roma. Per capire cosa è successo bisogna ricordare che i due grandi impianti di TMB della Salaria e di Roccacencia, entrati a regime con grande ritardo nel 2008, furono realizzati intorno al 2000, con il Piano per l’ambiente 1997 – 2000 (Ministero ambiente – Regione Lazio) che finanziò anche il resto dell’attuale struttura industriale dell’Ama (o quel che ne rimane): due grandi impianti di separazione del multimateriale (Roccacencia e Laurentina), l’impianto di compost verde di Maccarese ed il forno con recupero energetico dei rifiuti ospedalieri di Ponte Malnome. Prima di questi impianti, va ancora ricordato, l’Ama non era una azienda industriale, limitandosi allo spazzamento della città ed al trasporto dei rifiuti nella discarica di Malagrotta.

Contestualmente, mentre in tutta la Regione veniva finanziata ed avviata la raccolta differenziata, nel Lazio vennero chiuse un centinaio di discariche comunali del tutto fuori legge (in cui finiva di tutto) ed autorizzati una serie di impianti di TMB ed i termocombustori di Colleferro e di S.Vittore (Cassino). Si trattò di una imponente opera di infrastrutturazione industriale (che aveva come fine la chiusura di Malagrotta e la sua sostituzione con una discarica di servizio) a cui mancava soltanto la localizzazione del termocombustore pubblico di Roma, ritardato per anni per l’opposizione strumentale ed ideologica della sinistra “estrema” e poi da una demenziale inchiesta della magistratura conclusasi pochi giorni fa con l’assoluzione di tutti gli imputati perché “il fatto non sussiste” (quando lasciai l’Ama nel 2008 era iniziata la costruzione dell’impianto ad opera di un consorzio 33% Ama,33% Acea, 33% Colari). Il tutto fu realizzato, vale la pena di ricordarlo, senza nessun bisogno di commissari o poteri speciali. Bastò una chiara volontà politica ed una assunzione di responsabilità da parte dei decisori politici. Da allora però (siamo arrivati alla Giunte Alemanno, Marino e Raggi a Roma e a quelle Polverini e Zingaretti in Regione) ebbe la meglio il partito dei “ballisti” e degli irresponsabili, incapaci di assumersi responsabilità e specialisti nel rincorrere i particolarismi ed i discorsi da bar. I risultati sono ora sotto gli occhi di tutti.

Nessuno si preso la responsabilità (che è l’onere fondamentale della funzione di governo) di trovare un sito per la nuova discarica di servizio e senza di essa e, senza i termocombustori pianificati tanto a livello regionale che a livello nazionale, a diventare discarica, ormai da anni, è tutta la città. Ma c’è di più e di peggio, in un empito autodistruttivo che dice tutto sulla qualità della nostra politica, si è continuato ad usare i TMB come discariche, sovraccaricandoli fuori di qualsiasi parametro e, udite bene, si è proceduto a grandi passi (questo è merito esclusivo di Zingaretti) a far saltare quello che rimaneva del sistema industriale così faticosamente costruito ( e spero che la Corte dei Conti apra una inchiesta in merito per danno erariale) chiudendo senza lo straccio di un motivo degno di questo nome il Termocombustore (pubblico) di Colleferro ed il forno per gli ospedalieri. In precedenza sono stati mandati fuori uso i due grandi impianti di separazione del multimateriale. Intanto i rifiuti a carissimo prezzo (le bollette per i cittadini dal 2008 sono aumentate del 40%) vengono spediti fuori regione anche per essere separati. Ecco cosa si è combinato a Roma negli ultimi 10 anni. Mi sembra che parli da sè.

Giovanni Hermanin (ex assessore all’ambiente della Regione Lazio)

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