Il discorso di Emma Bonino sulla manovra

Pubblichiamo il discorso pronunciato nell’aula del Senato da Emma Bonino nella discussione della legge di bilancio 2019.

Signor Presidente, confesso che prendo la parola in quest’Aula con grandissimo disagio; con il disagio di chi, per cultura, per tradizione, per pratica, ha fatto del rispetto delle istituzioni il punto cardine della sua attività politica. Prendo la parola con disagio, perché a me pare che oggi compiate, in questi giorni già così cupi, un ulteriore grave attacco, il più grave nella storia della nostra Repubblica, alla democrazia rappresentativa, alla Costituzione e all’ordinamento liberale così come, seppure imperfetto, lo abbiamo conosciuto in questi anni.

Vedete, che il Parlamento sia umiliato, esautorato, ridotto all’irrilevanza, anzi – consentitemi – quasi alla farsa, non è un trofeo di cui andare orgogliosi, non è un vulnus all’opposizione, ma è una ferita grave a tutti, al Paese, alla democrazia. Vedete, perché dico che è quasi una farsa? Kafka a noi francamente farebbe un baffo. Alla Camera avete preteso, con la fiducia, la votazione su una manovra farlocca che tutti sapevamo non esistere (lo leggevano ogni mattina). Qui pretendete, allo stesso modo, una votazione con la fiducia su un oggetto misterioso che nessuno ha avuto la possibilità, oltre che il dovere, di esaminare. Il presidente Conte ieri ci ha dato alcune cifre, ma mi pare che più che altro da molti vengano dati i numeri e dare i numeri non è sinonimo di partire dalle cifre: è dare i numeri. Questi ottantatre giorni e quelli precedenti non solo sono stati inutili, ma sono stati dannosi in termini politici, di credibilità del nostro Paese e in termini economici per gli italiani, le italiane e le famiglie di questo Paese. I costi politici non li recupererà più nessuno e il tutto in questi mesi è stato accompagnato da esternazioni giornaliere dei due vice, Salvini in particolare, irrispettose, da bullo di periferia, volgari quando non direttamente insultanti verso chiunque.

Se un magistrato osa dire che a indagini aperte sarebbe bene non twittare, gli si risponde che è stanco e che vada in pensione. Se un alto funzionario prova a dire che i numeri sono una cosa e le cifre macroeconomiche sono altro, gli si risponde in modo sprezzante che si faccia eleggere e poi parli perché «noi siamo eletti da 60 milioni italiani», e non è vero, perché sono tanti ma non sono 60. E comunque, con 60 meno uno e sono contenta, per lo meno, di capire quali sono le nostre differenze di fondo sulla gestione politica e liberale di un Paese come si deve. E vogliamo continuare su «Tanti nemici tanto onore» oppure «Tireremo dritto», oppure «Cacceremo 500.000 clandestini», frasi con cui ci avete rintronati per mesi di campagna elettorale? Salvo che tra una birreria e una bocciofila, a un certo punto il Ministro dell’interno ha avuto persino il tempo di passare al Ministero e qualcuno gli ha suggerito che non era possibile – glielo dicevamo da mesi – e ha dovuto ammettere che in effetti ci vorrebbero ottant’anni. E dopo tanto fracasso dannoso e controproducente e tanta volgarità, tanto disprezzo per le istituzioni nazionali e non, una penosa e silenziosa retromarcia, per nostra fortuna e per fortuna dell’intero Paese.

A chiunque abbia potuto evitare che il vagone Italia precipitasse nel burrone, va il nostro apprezzamento e quello dell’intero Paese. Eravamo vicini al burrone e io, che non apprezzo per cultura il «Tanto peggio tanto meglio», devo anche dire che non precipitare nel burrone è un valore per tutti e anche per questo Paese. Nel merito, molto è stato detto. Colleghi, è veramente bizzarro, per non dire di peggio, che un Governo così sovranista, il Governo del «prima gli italiani», poi si faccia dettare la manovra, dettaglio per dettaglio, dalle istituzioni europee, e per fortuna. Così è stato fino a ieri sera, all’altra notte, a domenica o quando diavolo era. È una bella scoppola! Capisco le assenze di Salvini e di Di Maio ieri: uno impegnato in famiglia e poi in birreria, e l’altro sicuramente in grandi attività. Ma, dopo tutte le limature per ben 10 miliardi – alla faccia delle limature – questa rimane una manovra spendacciona in spese correnti, una manovra elettorale che non affronta affatto i problemi reali di questo Paese. Un doppio sfregio: uno sfregio istituzionale e uno sfregio per il rilancio del Paese. Per onorare quello che rimane di questa democrazia parlamentare, sono seriamente tentata di non partecipare al voto; non mi capita mai.

Voi che non capite il senso delle istituzioni, non avete idea di quanto è grave… Non capite quanto è grave la decisione che sto per prendere, perché voi le istituzioni non le rispettate.

Non capite quanto è grave la decisione che devo assumere, per quanto attaccamento ho alla democrazia aperta, alla democrazia liberale; quella democrazia che mi sembra il modo meno peggiore di governare un Paese. Voi passate addosso alle istituzioni come rulli compressori. Vedete, serviranno anche a voi un bel giorno. Serviranno anche a voi. Ne ho visti altri passare e andare, ma quello che resta sono esattamente gli equilibri di potere tra i vari ruoli. Qui non c’è neanche più la differenza tra l’esecutivo e il giudiziario o tra l’esecutivo e il legislativo. Non c’è più. E non c’è neanche il rispetto per le agenzie indipendenti: chi non è d’accordo, se ne vada o si faccia eleggere

Ho finito il mio tempo, ma non ho finito il mio impegno a difesa della democrazia e dell’Europa per come la conosciamo

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Fornisci il tuo contributo!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *