Il lato oscuro della locomotiva Germania (di Salvatore Sinagra)

sviluppo GermaniaAnche in Germania non è tutto oro quello che luccica. Questa sembra essere la conclusione cui giunge la giornalista economica Patricia Szarvas nel suo ultimo libro, Ricca Germania Poveri Tedeschi,il lato oscuro del benessere. L’analisi prende in considerazione come evento centrale le riforme (note come Agenda 2010), volute dal cancelliere socialdemocratico Gerhard Schroeder a cavallo tra il vecchio e nuovo millennio. È noto che quelle riforme sono alla base dello slancio competitivo tedesco di questi ultimi anni, ma è innegabile che i costi siano stati pagati dai più deboli.

Nessuna velleità di anticapitalismo, anzi, la giornalista viennese afferma che un certo livello di disparità retributiva connessa al merito è necessario. Tuttavia ritiene che siano stati raggiunti livelli di disparità salariali e patrimoniali non più tollerabili. In Germania la crescita ha garantito la pace sociale, ma le forti disparità che ricadono in gran parte sui giovani e l’incremento delle persone che vivono ai margini della società potrebbero mettere in crisi la democrazia, facendo crollare la partecipazione politica e addirittura rendendo ingovernabile il paese.

Potrebbe sembrare strana la visione di Szarvas, se associata alla percezione di una Germania tanto efficiente e tanto ricca da mettere in crisi gli altri paesi europei, ma la giornalista anzitutto invita a leggere bene i numeri e sottolinea che il concetto di povertà è relativo, quindi a parità di tenore di vita si può essere poveri in Germania e benestanti in un altro paese. Relatività della soglia di povertà, ma certezza sull’esistenza di forti disuguaglianze.

crescita pilIl Pil tedesco è cresciuto anche in anni drammatici per l’economia mondiale e sono stati raggiunti i record assoluti di 40 milioni di occupati e di 212.000 milionari, eppure i salari rimangono bassi relativamente alla produttività ed ai livelli di occupazione. La disoccupazione è stata frenata grazie ad una spinta verso il part time;  è stato attuato il vecchio slogan dei sindacati tedeschi, importato in Italia da Fausto Bertinotti, “lavorare meno per lavorare tutti”. Tuttavia il costo di tale scelta è gravato soprattutto sui lavoratori dipendenti e sui lavoratori autonomi che presidiano i settori a minor valor aggiunto.

Szarvas fa un lungo di lavoratori (infermieri, tassisti, dipendenti della grande distribuzione) che non riescono ad ottenere più di 5 euro all’ora.  In pratica la torta del Pil è cresciuta ma non abbastanza da accontentare tutti con la conseguenza che l’avvicinamento alla piena occupazione e la crescita della produttività non hanno comportato l’auspicata crescita dei salari.

Il dato più significativo citato nel libro è che  il 16% dei tedeschi sono a rischio povertà, contro una media dell’Europa a 27 del 17%, che però include anche i numeri di paesi dilaniati dalla crisi come la Grecia e di Romania, Bulgaria ed altri paesi postcomunisti ancora lontani dagli standard occidentali.

disuguaglianze in GermaniaSecondo la giornalista la spaventosa crescita delle diseguaglianze in Germania è figlia della riduzione delle imposte sui più abbienti, ad opera di Kohl che abolì la patrimoniale e di Schroder che ridusse la più elevata delle aliquote sui redditi delle persone fisiche dal 45% al 42%, ma anche della scelta di ridurre i sussidi ai disoccupati e dare invece un assegno a chi accetta lavori poco pagati. Dopo la riforma sono numericamente esplosi i contratti di lavoro precari (almeno due o tre milioni). Probabilmente è vero che i lavori precari e poco pagati, i famosi minijob, hanno consentito l’inserimento di molti giovani nel mercato del lavoro e che i centri per l’impiego aiutano tanti tedeschi, ma è molto difficile passare da un minijob ad un contratto ordinario e chi finisce nel regime ALG II riceve, sostanzialmente, un sussidio di povertà e fa fatica a reinserirsi nel mercato del lavoro.

Troppi squilibri potrebbero compromettere il modello tedesco. Per questo Szarvas indica l’opportunità di interventi contro la povertà, piani di edilizia pubblica per fare crescere il numero delle famiglie che possiedono la propria abitazione di residenza e soprattutto una maggiore tassazione dei più abbienti, che nella Germania di oggi sarebbe il più diretto intervento contro le disparità.

Nessun ideologismo in questa analisi, ma la consapevolezza degli effetti non preventivati delle tanto decantate riforme. Per questo si afferma nel libro che la signora Merkel farebbe bene a non continuare a pubblicizzare la Germania come modello.

Le conclusioni sono quindi poche ma chiare: anche la Germania ha i suoi problemi, il benessere in Germania è per molti ma non per tutti e gli equilibri raggiunti, almeno per comparazione all’Europa mediterranea, non è detto siano sostenibili per sempre.

A conferma dell’analisi di Patricia Szarvas basta citare la decisione del nuovo governo tedesco di fissare dal 2015 il salario orario minimo a 8,5euro l’ora più l’approvazione di misure per calmierare gli affitti nelle grandi città. Insomma i problemi individuati nel libro erano e sono reali e il nuovo governo (con i socialdemocratici) ha deciso di passare all’azione.

Salvatore Sinagra

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