Il reddito di cittadinanza alla prova dei fatti

Parte il reddito di cittadinanza : dove andrà  a finire? E’ chiaro, nell’inferno dei Centri per l’Impiego!

Oggi i cittadini possono presentare la domanda per il reddito di cittadinanza presso le poste, i Caf o tramite internet, e attendere poi la risposta dell’Inps entro (presumibilmente in questa prima fase) il 15 aprile (poi dovrà essere entro cinque giorni) e nel caso di accettazione (dopo controllo dell’Isee e dei requisiti) vedersi accreditare entro i primi di maggio sulla Post-Card i soldi da spendere.

Tutto facile e tutto semplice, peccato che le ombre sono ancora moltissime sulla norma simbolo del governo a cominciare dalla partenza senza che il Decreto Legge 4/2019 sia diventato legge e quindi con la possibilità di qualche modifica (per esempio si prevedono regole più complesse per gli extracomunitari e verso le coppie separate), mentre è ancora più complessa la situazione dell’assunzione come co.co.co dei Navigator, figura determinante per assistere i beneficiari presso i Centri per l’impiego sia per la ricerca del lavoro che per l’accesso ai corsi formativi (quali? dove? Non si sa).  Insomma si parte, ma la macchina amministrativa ancora non c’è.

Il reddito di cittadinanza è un provvedimento troppo ambizioso e quindi eccessivamente complesso. Si vuole, di fatto,  con un solo strumento risolvere più questioni di enorme impatto quale la povertà, il lavoro, il reddito e l’assistenza, troppe cose insieme che avrebbero bisogno di soluzioni diverse e anche di diversi approcci. Poi ci sono anche troppi enti coinvolti, Anpal-Cpi ,Inps, Poste, Comuni per non parlare dei Caf , una miscela esplosiva in un Paese burocraticamente incasinato, che non potrà che rendere il processo maggiormente  lento e confuso, con competenze che si rincorrono e si accavallano e scambi di dati che produrranno per lo più tempi lenti e risposte inesatte.

“Abolire la povertà” è un sogno e un grande obiettivo che presuppone strumenti semplici e regole chiare che il Rei sembrava in tutta la sua difficoltà aver assolto, certo l’importo poteva essere troppo basso e la platea dei beneficiari troppo esigua ma si poteva ragionare su questa base invece di creare un “mostro” che non ha se non in partenza importi più alti e una platea più ampia.

Prendiamo ad esempio  l’importo simbolo del reddito di cittadinanza,  i 780 euro al mese. È un importo che è bene ricordare si compone di due distinte somme:  i 500 euro quale integrazione reddituale per un single con un reddito pari a 0 (zero) e 280 euro di contributo nel caso in cui la stessa persona debba pagare l’affitto di casa.  Mi chiedo: come si può pagare un affitto avendo reddito zero? E se così fosse non è passibile di controllo dell’Agenzia Entrate? Non è forse un cittadino che magari svolge lavoro in nero?  E se fosse così gli conviene ……scoprirsi? Non dimentichiamo che la normativa del Rdc prevede tutta una serie di pesanti sanzioni.  Ovviamente nel caso di reddito Isee invece pari ad esempio 2500 euro l’integrazione reddituale scende (6000-2500 = 3500 pari 291,66 euro mese) e via dicendo, quindi possiamo affermare che la misura standard e bandiera del reddito di cittadinanza è effettivamente piuttosto alta.

Ma quanti lo richiederanno? Il provvedimento richiede delle dichiarazioni piuttosto complesse come la compilazione della DSU che contiene  molte indicazioni sui redditi e sulle residenze dei familiari ed è necessaria l’assistenza  dei Caf per la corretta compilazione. Come già detto, inoltre, le sanzioni sono piuttosto elevate  qualora le informazioni fornite si dimostrino “inesatte e/o false”. Non dimentichiamo poi che  tutti i soggetti del nucleo familiare del richiedente il Rdc dovranno attivarsi per la ricerca di un lavoro, partecipare a colloqui, come indicato dal Patto per il Lavoro che dovrà essere firmato una volta ottenuto il diritto all’importo.

Insomma si sono messi insieme sostegno ai poveri e politiche attive del lavoro, senza averne però i mezzi e gli strumenti, senza capire cosa faranno i famosi “navigator” e quali saranno  le loro competenze e le loro capacità, senza rendersi conto che spesso manca la materia prima: le offerte di lavoro! Le aziende è presumibile che andranno presso i CPI oppure li ignoreranno del tutto? Le aziende storicamente non si sono mai fidate dei Centri per l’impiego , li hanno sempre visti come Enti inutili e carrozzoni burocratici  e non capiamo perché dovranno farlo ora, in fondo il risultato da cui si parte è scoraggiante, solo il 3% trova lavoro in Italia grazie ai CPI! Sarà possibile senza una programmazione seria e senza investimenti corposi invertire la rotta dei Cpi? La paura è che il reddito di cittadinanza seppur riuscirà a superare i troppi ostacoli “brucerà” nell’inferno dei Centri per l’impiego, da dove molti si sono già scottati e altri definitivamente perduti!

Alessandro Latini

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