Il senso dell’impegno civico e umano di un religioso

L’elezione di Papa Francesco ci interroga sulla religione cattolica e sulla sua presenza nel mondo. Come contributo alla riflessione ripubblichiamo brani di un’intervista concessa a civicolab nel 2010 da Padre Giovanni Lamanna, gesuita, responsabile del Centro Astalli il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati.

In questo momento nel mondo, soprattutto nel cosiddetto mondo sviluppato, la paura è diventata uno strumento politico e questo non ci aiuta, ci chiude. Abbiamo già paura prima di uscire in strada, abbiamo tante paure già dentro di noi.

Questa è la radice del nostro bisogno di creare frontiere: a volte sono necessarie per difenderci, per essere consci della nostra identità, ma più spesso sono motivate dalla nostra ignoranza. Non sappiamo come si vive altrove e allora ci convinciamo che la nostra maniera di vivere, la nostra cultura, sia il centro del mondo.

La frontiera indica l’affermazione di noi stessi, con le nostre paure e i nostri dubbi; la barriera invece è la negazione dell’altro, del diverso da noi.

Le frontiere sono inevitabili, sebbene la maggioranza di esse siano artificiali. Basta guardare la mappa dell’Africa: le frontiere naturali sono curve, montagne, fiumi, mentre in Africa i confini sono linee rette, tracciate in un ufficio. Ma questo non è che un simbolo di ciò che facciamo tutto il tempo: non solo le frontiere tra gli Stati, ma anche quelle fra gli uomini sono fittizie. Siamo noi che prestiamo attenzione al colore della pelle, al tipo di naso, alla statura. Fra gli esseri umani non ci sono frontiere, tutti abbiamo gli stessi problemi e ansie, le stesse difficoltà a comunicare. Dovremmo sempre riconoscere nell’altro le nostre stesse paure, il bisogno di affetto, di camminare insieme.

Le frontiere hanno una tendenza a crescere. Dobbiamo al contrario cercare un’appartenenza personale sempre più ampia, fino a sentirci parte del mondo intero. Oggi tende a succedere il contrario.

Io credo che quella delle frontiere sia una questione che dobbiamo affrontare molto realisticamente. Ne abbiamo bisogno, però dobbiamo sforzarci di mantenerle flessibili, fluide, sempre aperte a ricevere gli altri.

Dall’esperienza dei volontari del Centro Astalli c’è molto da imparare. Spiega Antonietta:

“Non basta criticare, indignarsi davanti alla televisione senza far nulla, di chi  sa solo criticare è pieno il mondo. Ciò che manca è gente di buona volontà che si dia da fare per cambiare le cose.”

Il volontariato da scelta individuale sembra aver assunto una dimensione sociale che si contrappone a logiche individualistiche che paiono dominare il nostro vivere comune.

Nell’era dei cosiddetti non luoghi il volontariato occupa uno spazio concreto, definisce un luogo e lo rende casa, riempie di significato parole come servizio, solidarietà e gratuità.

Padre Giovanni Lamanna

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