La scuola pubblica di Berlusconi sulle montagne dell’Afghanistan (di Claudio Lombardi)

27 febbraio 2011 – dichiarazione di Berlusconi

“Come al solito anche le parole che ho pronunciato sulla scuola pubblica sono state travisate e rovesciate….il mio governo ha avviato una profonda riforma della scuola e dell’università, proprio per restituire valore alla scuola pubblica e dignità a tutti gli insegnanti che svolgono un ruolo fondamentale nell’educazione dei nostri figli……questo non significa non poter ricordare e denunciare l’influenza deleteria che, nella scuola pubblica, hanno avuto e hanno ancora oggi culture politiche, ideologie e interpretazioni della storia che non rispettano la verità….le mie parole non possono essere in alcun modo interpretate come un attacco alla scuola pubblica, ma al contrario come un richiamo al valore fondamentale della scuola pubblica che presuppone libertà d’insegnamento, ma anche ripudio dell’indottrinamento politico e ideologico”

26 febbraio 2011 – dal discorso di Berlusconi al congresso dei Cristiano sociali

“Libertà vuol dire avere la possibilità di educare i propri figli liberamente e liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli a scuola in una scuola di Stato dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare principi che sono il contrario di quelli che i genitori vogliono inculcare ai loro figli”.

Con la legge 133 del 2008, alla scuola statale sono stati imposti tagli pari a 8 miliardi di euro (456 milioni per il 2009, 1,6 miliardi per il 2010, 2,5 miliardi per il 2011, 3,1 miliardi per il 2012) da conseguire attraverso l’innalzamento del numero di alunni per classe, il taglio del personale, l’accorpamento e la chiusura di istituti. Da notare che il taglio di 3,1 miliardi relativo al 2012 non vale solo per quell’anno, ma anche per gli anni seguenti.

In questa politica dei tagli rientra anche il “famoso” azzeramento delle spese di funzionamento e dei crediti che gli istituti scolastici avevano accumulato nei confronti del Ministero dell’Istruzione, disposto fin dal gennaio 2009. “Famoso” perché da allora le famiglie sono state costrette a versare direttamente alle scuole contributi variabili per acquistare materiale per le pulizie o di cancelleria o ad intervenire per le piccole riparazioni di arredi, porte e finestre che le scuole non potevano più pagare. Molti sono stati i casi di famiglie e studenti che hanno provveduto di persona a riverniciare la aule scolastiche o a portare da casa carta igienica, sapone o altro materiale necessario.

 Anche il settore privato ha perso una parte dei sussidi erogati dallo Stato: le scuole non statali nel 2010 hanno ricevuto 539 milioni di euro e quest’anno ne avranno 10 in meno. Come mai? Semplice: si è partiti con un taglio addirittura del 48% pari a 255 milioni. Poi, nel maxi emendamento presentato alla legge di stabilità, sono stati messi 245 milioni per coprire quel buco e, quindi, il taglio dei fondi statali per le scuole private alla fine è stato di 10 milioni pari al 2% del totale.

Questi i fatti. Anche i discorsi dei leader politici lo sono, tanto più se chi li pronuncia è anche a capo del Governo. Anzi, in tal caso, i discorsi enunciano la linea politica del Governo dato che “il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l’attività dei ministri” (art. 95 Costituzione).

Non solo, essendo anche, il Presidente, il leader della maggioranza e uno dei vertici istituzionali dello Stato le sue parole servono a trasmettere il senso profondo dell’attività di governo assumendo valore strategico e rappresentando l’attuazione della cultura politica che la maggioranza intende propugnare.

Bene, chiariti i termini della questione bastano poche osservazioni.

L’uso del verbo inculcare, in primo luogo, è significativo perché, magari, è desiderio segreto di tanti educatori di inculcare (cioè imprimere, come un qualcosa che si spinge a forza o si lascia come un marchio) i loro insegnamenti. Ma tutti sappiamo (o dovremmo sapere) che l’inculcare senza che il soggetto abbia accettato criticamente e, cioè, per sua stessa convinzione non porta a buoni risultati.

Però Berlusconi vorrebbe che le famiglie inculcassero nei figli i loro principi sfuggendo al rischio che questi siano inculcati da una scuola di Stato. E quali sarebbero i principi inculcati dalla scuola statale che da lui dipende in quanto Capo del Governo?

Quelli derivanti da “culture politiche, ideologie e interpretazioni della storia che non rispettano la verità” . E quale sarebbe la verità? Non si sa, ma si presuppone quella che ogni famiglia ritiene tale. E, dunque, una scuola cattolica, una buddista, una musulmana, una ecologista, una rockettara ecc ecc.. Tante sono le verità nelle quali le singole famiglie possono credere. Però, ciò che oggi appare verità, domani potrebbe non esserlo più e qualcuno potrebbe pentirsi amaramente di aver puntato tutto su una verità creduta tale, ma apparsa, successivamente, una illusione.

Se questo modello funzionasse Berlusconi dovrebbe lodare come esemplari le scuole di catechismo, ma anche le madrase dei fondamentalisti dove l’unico insegnamento è imparare a memoria il Corano oppure quegli ebrei che, per tutta la vita, studiano la Torah. Ogni persona di normale intelligenza capisce che sarebbe il disastro della gioventù e della società che non saprebbe che farsene di una formazione di questo tipo. Peccato che è la logica conseguenza del ragionamento del Presidente.

Per questo nel passato fu inventata la scuola pubblica laica che fornisce le nozioni di base e aspira ad insegnare il metodo per impossessarsi criticamente di un ampio ventaglio di materie e di competenze culturali e tecniche.   

Persino Berlusconi, riflettendoci meglio il giorno dopo, ha sentito il bisogno di richiamare il “valore fondamentale della scuola pubblica che presuppone libertà d’insegnamento”, precisando, però “anche ripudio dell’indottrinamento politico e ideologico”.

Dunque, apprendiamo che il Capo del Governo enuncia principi solenni nei quali non crede o ai quali non ha riflettuto se è costretto a smentirsi dopo un giorno.

Di questo siamo molto preoccupati perché è di dominio comune che la sfida della competitività, ma, ancor più, quella della qualità della vita, si gioca su una formazione di alto livello che metta i giovani in grado di conoscere tecniche e il metodo per evolvere nella conoscenza e inserirsi in società non statiche, come sono quelle dove si “inculcano i principi”, bensì in rapida trasformazione come sono, invece, quelle del mondo occidentale, ma adesso anche di gran parte dell’oriente e del sud del mondo.

Sentire dal Capo del Governo esaltare l’idea delle “bande ideologiche” nelle quali si dovrebbe frammentare la nostra società ci fa paura perché non ha niente a che vedere con il mondo reale e con le esigenze dei giovani e delle famiglie. È una concezione superata in occidente fin dalla fondazione delle libere università agli albori del Rinascimento e che resiste solo fra le montagne dell’Afghanistan.

Ci dicesse, piuttosto il Presidente, perché il Governo non investe sulla scuola pubblica che è di tutti e per tutti e come mai il 30% dei giovani è senza lavoro e quelli che lo trovano finiscono, in maggioranza, a fare i precari per quattro soldi e non possono neanche pensare a formare una famiglia.

Questi giovani non possono neanche accogliere il gentile invito al “bunga bunga” che ha concluso il discorso del Presidente del Consiglio ai “cristiani riformisti” sabato scorso, a meno che ciò non implichi il regalo minimo di 2000 euro per la sola serata (essendo la notte retribuita a parte) riservato alle ragazze giovani e carine che lo frequentavano nella sua residenza di Arcore. Vorremmo, al riguardo, sentire gli applausi dei “cristiani riformisti”, se possibile.

Claudio Lombardi

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