Le responsabilità di tutti nella crisi greca

Sulla crisi greca non ci sono grandi novità da scoprire. L’unica via d’uscita era ed è mettere da parte il debito e trattare sul rilancio dell’economia rinunciando ognuno a qualcosa. Molte riflessioni vanno fatte sull’intreccio di responsabilità che coinvolge tutti. Gli unici che hanno meno responsabilità o, forse, ne sono del tutto esenti, sono quegli elettori che domenica saranno chiamati a decidere col referendum indetto da Tsipras quel che il loro governo con tutta la forza delle conoscenze di cui dispone non è stato in grado di decidere pur essendo stato eletto per questo. Si chiama democrazia ed è bene che la riflessione parta da qui.

responsabilità elettoriDovranno decidere gli elettori se accettare o no le condizioni dei creditori. Sembra meraviglioso, ma siamo sicuri che è questa la vera democrazia e non una presa in giro per far decidere ad un popolo stremato quel che non si osa dire e cioè l’uscita dall’euro?

Ma la crisi greca stimola ad interrogarsi sui meccanismi della democrazia rappresentativa. Cosa decide realmente un popolo? E come lo fa? La vera decisione è la delega ad una élite che prende su di sé il compito di guidare una nazione a prescindere dai programmi con i quali ha ottenuto il voto. È persino banale ricordarlo, ma quasi sempre l’azione di governo si discosta dalle proposte sulle quali è stato chiesto il voto. Per malafede dei delegati? Anche, ma soprattutto perché all’elettorato si propone un indirizzo politico di massima tradotto in programmi che esemplificano una sua possibile attuazione. Gli elettori credono di votare un programma, ma stanno traducendo in voti l’orientamento politico (o l’umore) che prevale nelle loro teste.

Significa che le consultazioni elettorali sono finzioni? No sono momenti di presa di coscienza collettiva indispensabili, ma non sufficienti per costruire una società democratica. Per farlo occorre che ci sia un sistema di formazione delle opinioni indirizzato alle decisioni politiche a tutti i livelli basato sulla circolazione delle informazioni e sul confronto tra opzioni diverse nel quale ci si distacchi dal proprio interesse personale. In una parola occorre un sistema improntato alla partecipazione cioè un metodo di responsabilizzazione individuale rispetto alle decisioni di interesse collettivo.

responsabilità éliteC’è poi un altro problema. Le élite decidono governando e mediano con la società la distribuzione di oneri e vantaggi che non si traduce soltanto in norme da rispettare, ma anche in comportamenti permessi o tollerati o indotti che, a volte, sono anche più importanti.

Per esempio si sa che la spesa pensionistica non può espandersi all’infinito perché si alimenta della ricchezza prodotta da chi lavora (= tasse e contributi). Ma se chi governa da’ la possibilità ai cittadini di andare in pensione a 40 anni di età il singolo, usufruendo di questa possibilità, compirà un atto di grande impatto sulle finanze pubbliche presenti e future del quale non si renderà conto. Lo stesso dicasi per l’evasione fiscale che è un vero e proprio parassitismo e per tanti altri comportamenti che creano realtà diverse da quelle razionalmente auspicabili. I cittadini scelgono di fatto quali politiche attuare anche utilizzando le possibilità attive o omissive che chi gestisce le istituzioni mette a disposizione dei singoli. In tutti questi casi inutile aspettarsi un comportamento individuale conscio delle conseguenze delle proprie scelte: si sceglierà sempre in base alla propria convenienza a prescindere dall’interesse collettivo. Tutto ciò vuol dire che un pezzetto di responsabilità ce l’hanno (anzi, ce l’abbiamo) sempre in tanti.

crisi EuropaNel caso della Grecia c’è un gioco delle parti che prescinde dai comportamenti razionali per cui non si capisce cosa debbano decidere i greci col referendum e come possano farlo meglio del loro governo. Una parte dei greci è quasi alla fame e logica avrebbe voluto che non si chiedesse a loro di pagare il prezzo più alto per uscire dalla crisi, ma che si partisse dagli evasori e da chi ha di piùSoprattutto occorreva che si modificasse l’orientamento della spesa pubblica magari cominciando dal taglio delle spese militari. Si è seguita una strada diversa e alle dichiarazioni formali non seguivano i fatti (nemmeno le baby pensioni sono state toccate).

E’ evidente che il governo greco ha tentato per anni di navigare sulla crisi seguendo l’unica rotta di non toccare gli interessi dei gruppi sociali più forti o delle lobby che rappresentano la “costituzione materiale” del modello Grecia e lasciando che il lavoro “sporco” fosse imposto dall’esterno.

debito grecoD’altra parte l’Europa e il FMI hanno fatto finta che la Grecia non fosse un sistema economico e si sono fissati sulla richiesta di restituzione dei prestiti e su ricette per risanare il bilancio greco basate su criteri puramente contabili. Un taglio qui e un taglio là (guarda caso sulla parte più numerosa della popolazione) e a prescindere dagli effetti di sistema come se il crollo dell’economia non contasse nulla. Soltanto ottusità o anche un piano deliberato di restringere un’area dell’euro troppo disomogenea?

Comunque si è ancora in tempo per rimediare se l’Europa vuole continuare ad esistere come progetto politico. Mettere da parte la questione del debito greco e concentrarsi su interventi per lo sviluppo dell’economia. Ci costerà qualcosa subito, ma in futuro i vantaggi sarebbero per tutti. Se si fosse fatto così nel 2010 non staremmo qui a parlarne

Claudio Lombardi

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