Referendum e disinformatia, primo passo il nucleare (di Alessandro Cossu)

Due giorni fa, annunciato da grandi titoli dei principali media, è stato finalmente approvato il regolamento per l’informazione in tema referendario della Commissione di Vigilanza della RAI. Finalmente perché, per chi non lo sapesse, era atteso il 4 di aprile; è stato licenziato il 4 sì, ma di maggio.

Saranno stati gli eccessivi impegni dei membri della Commissione, la preoccupazione per le sorti di Masi, magari un blocco del sistema di accessi a Palazzo san Macuto (sede della Commissione – ndr) la ragione di tutto ciò? Visto quello che accade, spero non me ne vogliate se proprio non credo alla buona fede. E cercherò di spiegarmi.

Il referendum del 12 e 13 giugno prevede quattro quesiti distinti: due riguardano la privatizzazione dei servizi idrici, uno il ricorso all’energia nucleare e l’ultimo riguarda la legge sul legittimo impedimento.

Anzitutto, il referendum sul nucleare. Il Governo lo ha temuto e lo teme, per diversi motivi. Anzitutto, gli enormi interessi economici del business nucleare. Investimenti faraonici tutti a carico dello Stato, gestione e guadagni tutti a favore del privato. Cosa imporrebbe quindi la vittoria del si? Almeno uno slittamento di qualsiasi intenzione nuclearista di oltre dieci anni.

Ma il nucleare nel mondo è davvero in fase di sviluppo, e gli arretrati saremmo noi? Un recente studio del WorldWatch Institute evidenzia come l’energia atomica abbia iniziato la propria parabola discendente già dal 1980, e nel 1990 per la prima volta il numero di reattori arrestati ha superato il numero di avviamenti. Un trend confermato anche da ulteriori e più recenti analisi: con riferimento ad aprile 2011, risultano in funzione nel mondo un totale di 437 reattori nucleari per 30 Paesi, 8 in meno rispetto al massimo storico di 444 reattori nel 2002.

A partire da quest’anno i reattori avviati sono stati 25, mentre quelli spenti 32, compresi i 6 dell’impianto giapponese ed esclusi i 7 chiusi ‘provvisoriamente’ in Germania dopo gli eventi del Giappone. Per quanto riguarda la produzione mondiale di elettricità dall’energia nucleare, “nel 2009 – si legge nel documento – gli impianti hanno prodotto 2558 TWh, registrando un calo di 103 TWh (circa il 4%) dal 2006.

Ma cosa si deciderebbe con il referendum?

Il quesito prevede l’abrogazione di un importante numero di articoli e commi: in breve, la vittoria del si impedirebbe la costruzione di centrali sul territorio italiano. Il Governo ha però annunciato una moratoria che di fatto posticiperà ogni decisione sull’argomento per almeno un anno. Insomma, un rinvio a cui non corrisponde alcuna decisione importante. Un rinvio, nel tentativo di depotenziare il referendum e sviare l’attenzione.

Insomma, mentre i movimenti incalzano per una informazione corretta, esponenti del mondo della politica ci incolpano di voler impedire lo sviluppo, a danno (?) dei nostri figli, la Fondazione Veronesi gira le nostre scuole propagandando la bontà dell’energia nucleare (http://www.fermiamoilnucleare.it/?p=2364), esponenti dell’ambientalismo della prima ora si convertono alla “bontà” dell’atomo.

Mentre voi meditate sulla necessità del voto e della corretta informazione, io continuo a chiedermi: ma le scorie dove le metteremo? Ma questa non è una domanda per uno stupido come me. A queste cose ci penseranno “loro”.

Ma se proprio volete saperne qualcosina in più, cliccate qui, http://daily.wired.it/news/scienza/2011/04/27/dove-mettere-scorie-nucleari.html , e buone notti insonni.

A proposito, in tutto questo ho dimenticato la RAI. Ad oggi, 9 maggio, di dibattiti sui referendum neanche l’ombra. Ma solo uno spot sul voto in tarda fascia serale. Speriamo che il recente avvicendamento alla guida del servizio pubblico serva a dare nuovo coraggio a chi progetta i palinsesti, a fornire informazioni corrette ai telespettatori sui quesiti e un giusto spazio al confronto tra le posizioni opposte. Visto il passato, voi ci contate?

Alessandro Cossu

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