Renzi e le resistenze al cambiamento

sistema di potere ItaliaRenzi sa benissimo che le resistenze al cambiamento sono tante e vengono da molte parti. Sa anche che questo è un problema di sistema e non la fissazione di qualche retrogrado fermo al passato. Di fronte all’opinione pubblica però si vede quasi soltanto uno scontro aspro con la Cgil. Ma fosse solo l’ostinazione di qualche sindacato a bloccare l’Italia tutto sarebbe molto più semplice e tireremmo un sospiro di sollievo.

Innanzitutto il sindacato non è un feticcio, ha poteri divini, ha forza se gliela danno i suoi iscritti e se l’opinione pubblica avverte che le sue ragioni non sono proprio campate per aria. Il miglior modo per sconfiggere le resistenze di un sindacato è di mettere in atto politiche migliori di quelle che il sindacato chiede dimostrando con i fatti chi ha ragione e chi no. Semplice e chiaro, no?

Purtroppo qui non si tratta di una disputa teorica tra approcci e soluzioni diverse, ma di questioni che coinvolgono la vita reale delle persone. Quando in molti perdono il lavoro e sanno che QUI e ORA non ci sono alternative per loro, bisogna dare risposte concrete. Riforme capaci di produrre effetti nel medio lungo periodo, come il Jobs act,  possono rassicurare chi verrà, non chi c’è.

E va bene, nessuno ha la bacchetta magica. Ma bisogna stare attenti quando si propaganda un luminoso futuro lasciando intendere che avere successo è solo una questione di volontà come si è, in parte, fatto alla Leopolda. Bisogna stare attenti perché il mondo non è fatto solo di vincenti, ma anche dei tanti che non ce l’hanno fatta e che non ce la possono fare perché la loro volontà non basta. Renzi avrebbe il dovere di parlare anche a loro come parla agli imprenditori.

cambiamento per l'ItaliaPerò, se di resistenze al cambiamento si vuole parlare seriamente bisogna cominciare da quel sistema della mediazione corporativa sul quale l’Italia è cresciuta. Centro del sistema è il controllo e l’uso delle risorse pubbliche e intorno a questo si sono formati blocchi sociali e di potere fortissimi in cima ai quali stavano (stanno) le burocrazie, la politica, settori dell’imprenditoria e delle professioni e del mondo del lavoro autonomo. E i sindacati? Hanno conquistato la loro posizione e hanno fatto di tutto per mantenerla, ma insomma non sono mai stati loro a tenere in mano il bastone del comando. La dissipazione di risorse che c’è stata nei decenni passati ha impoverito e distorto il sistema e i valori su cui poggia. Qualcuno ci ha guadagnato una pensione di invalidità, qualcun altro una baby pensione e altri tanti bei soldi pubblici con i quali si sono arricchiti. Oltre a tutti quelli che hanno avuto licenza di evadere. Milioni di voti. Imprenditori? Sì, ma vogliamo parlare dei finanziamenti a pioggia o della Cassa per il Mezzogiorno? Manager? Sì, ma vogliamo ripercorrere la degenerazione delle aziende pubbliche? Gli esempi sono innumerevoli.

Per questo è lecito dire che pensare che il cuore delle resistenze al cambiamento stia nella difesa del posto di lavoro, del contratto a tempo indeterminato e di tutti i piccoli benefici a questo collegati è vedere una parte del problema facendo finta che sia il tutto. Così come puntare tutto sul rendere più conveniente e più facile il lavoro dipendente abbassando il costo del lavoro è solo una parte della soluzione.

È tutto il resto che è molto più difficile. Basterebbe solo che Renzi lo ammettesse e passasse dalle parole ai fatti con tutti quelli che si oppongono al cambiamento. (Sì, vabbè, ma poi di quale cambiamento si tratta?)

Claudio Lombardi

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