Roma: loro c’erano e Marino no

Roma torna a far notizia. Purtroppo. Le strade sono piene di rifiuti, i dipendenti minacciano scioperi, i vigili urbani scompaiono dai punti caldi del traffico nel giorno dello sciopero dei trasporti ecc ecc. Quasi un disastro.

Intanto il più grande partito politico della capitale, il PD, si dilania in uno scontro fra tribù identificate con il suffisso “iani”. Nel Pd di Roma, invece di costruire la partecipazione democratica che sarebbe il compito di un partito, sembra che ognuno debba essere “iano” di qualcun altro. Non ha importanza che il nome che si mette davanti a “iano” o “iani” sia di un’assoluta mezza tacca della politica o di un mediocre totale o di un personaggio ambiguo. È importante che quel tizio sia un abile maneggione capace di schierare un certo numero di tesserati e di controllare un altro certo numero di preferenze. Per farlo, non potendo contare sul suo prestigio intellettuale o sulle sue doti carismatiche, ha bisogno di alimentarsi con il carburante del potere. E pare che con Marino ciò sia diventato molto difficile.

Duole dirlo, ma il potere a Roma è stato soprattutto esercitato “per conto di” da prestanome che agivano con il consenso, esplicito o tacito, di chi aveva in mano il potere vero, quello dei soldi e delle proprietà immobiliari. Palazzinari diventati grandi costruttori e finanzieri, la Curia (prima di Francesco), alta burocrazia con in mano i soldi dello Stato, imprenditori monopolisti cresciuti all’ombra della politica e della corruzione. Più o meno di questo si è trattato per decenni. Pensavamo che fossero stati messi da parte e, invece, era solo propaganda. Loro erano sempre lì e crescevano.

Giustamente il sindaco Marino ha detto stasera in Tv che la sua amministrazione si è trovata di fronte a un marciume che si è creato in 40 anni ad opera di chiunque abbia governato la città. Chiunque? Ma allora anche le giunte di sinistra hanno piegato la testa di fronte ai poteri forti, i veri padroni di Roma? I fatti dicono di sì almeno negli ultimi venti anni. Purtroppo. Il debito mostruoso che si è accumulato e che i romani pagano tutti gli anni sta lì a testimoniarlo così come stanno lì lo stato disastroso della gestione dei rifiuti, del trasporto pubblico e in generale degli apparati e delle aziende del comune. Tutte cose che richiedono tanti anni di preparazione. Un intreccio quasi inestricabile di interessi corporativi, di poteri e burocrazie che hanno coinvolto tutti gli attori politici e sociali per decenni con il vecchio sistema della distribuzione di denaro pubblico e dell’illegalità condivisa e di massa per smorzare i contrasti, spegnere i conflitti e contentare chiunque avesse un potere contrattuale.

Oggi i nodi sono venuti al pettine e Roma appare allo sbando. A Roma in tanti provano ad accusare Marino di inadeguatezza, ma non dicono cosa saprebbero o vorrebbero fare loro (a parte frasi fatte tipo “avere un progetto per la città”). Soprattutto di fronte al fallimento di decenni di governo della capitale non spiegano cosa hanno fatto loro perché ciò non accadesse dato che loro c’erano e Marino no

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