Tagliare i diritti è tagliare le persone (di Tonino Aceti)

La società civile si organizza e chiede di contare. Questa è la novità evidente che si è imposta con i referendum e anche con le elezioni amministrative. Nel campo della salute questa esigenza è sentita di più perché pesano inadempienze, trascuratezze e inefficienze che colpiscono persone più fragili che hanno bisogno di assistenza e di solidarietà.

La 1° Conferenza Nazionale delle Organizzazioni Civiche per la Salute dedicata a: “Qualità e sostenibilità attraverso la partecipazione” che si è tenuta nei giorni scorsi ha rappresentato un importante momento di riflessione generale sul tema della crisi dei diritti che il nostro sistema di Welfare sta vivendo, e sulle strade da percorrere per continuare a garantirne l’esigibilità.

Altri momenti di questa crescita della protesta e della voglia di partecipare sono le campagne “Sono un VIP” (www.sonounvip.it) e “i diritti alzano la voce” (www.idirittialzanolavoce.org) nelle quali sono impegnate praticamente tutte le associazioni che rappresentano la società civile.

Lo scenario generale è quello di un Welfare che fa acqua da tutte le parti, mettendo in serio pericolo garanzie e diritti costituzionali. I provvedimenti del governo relativi agli ultimi due anni hanno ridotto al minimo l’offerta assistenziale sanitaria e sociale, scaricando i costi interamente sui cittadini. È recente il dato che certifica l’aumento del 26% per i ticket sui farmaci acquistati in farmacia con un conseguente minor onere a carico delle finanze pubbliche. Quindi i cittadini fanno la loro parte. Nonostante ciò per il 2011, il taglio delle risorse al SSN ammonta a circa 1,5 miliardi di euro e sconta l’incremento anche dei ticket sanitari per prestazioni diagnostiche e specialistiche. Alla riduzione delle risorse si affianca un aumento dell’imposta fiscale per i cittadini e dei ticket sanitari per tutte quelle regioni obbligate per legge a rispettare i piani di rientro, alimentando dubbi sull’effettiva capacità di queste Regioni, a partire dal 2013, di erogare, applicare e garantire i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Nei prossimi anni, quindi, il principio di equità di accesso alle cure sul territorio nazionale potrebbe ulteriormente venir meno, decretando cittadini di serie A e cittadini di serie B.

Già oggi i Livelli Essenziali di Assistenza non sono garantiti uniformemente: solo 8 Regioni (e tutte del centro Nord) li hanno erogati nel 2009, 3 solo parzialmente, mentre le altre, Lazio compreso,  non ne hanno garantito l’effettiva erogazione.

Per quanto riguarda l’assistenza specialistica, non si può ad oggi contare su un sufficiente numero di centri di riferimento, provocando una mobilità interregionale incompatibile con le esigenze di salute e soprattutto con i costi da sostenere privatamente.

Altro che attività di manutenzione del SSN, come ha dichiarato nei giorni scorsi il Ministro della Salute: quello che i cittadini vivono quotidianamente e che è sotto gli occhi di tutti è un profondo depotenziamento del nostro sistema di protezione sociale e dei diritti costituzionali alla Salute e all’Assistenza Sociale.

Un altro problema cruciale è la grave difficoltà rispetto all’accesso ai benefici economici correlati al riconoscimento dell’invalidità civile, dell’accompagnamento e della Legge 104/1992. Con la scusa della lotta ai falsi invalidi, l’INPS sta di fatto procedendo al taglio indiscriminato delle pensioni di invalidità, delle indennità mensili di frequenza e delle indennità di accompagnamento, anche nei confronti di coloro che sono nel pieno diritto di goderne. Rispetto a quest’ultimo aspetto si denuncia quindi  la grave restrizione dei requisiti sanitari per la concessione dell’indennità di accompagnamento attuata dall’Istituto Nazionale Previdenza Sociale.

E non ci si ferma qui, perché bisogna aggiungere il drastico ridimensionamento dei fondi statali di carattere sociale deciso da questo governo che rischia di far cancellare gran parte degli interventi socio assistenziali.

Persino la Conferenza delle regioni ha espresso in un documento ufficiale molta preoccupazione e disagio «per l’andamento che hanno assunto i finanziamenti nazionali a favore delle Politiche Sociali e della Famiglia: a partire dal mancato rifinanziamento del Fondo per le non Autosufficienze, che sta creando gravi problemi a tutte le regioni ma soprattutto ai non autosufficienti, al Fondo Nazionale Politiche Sociali, già fortemente penalizzato con i tagli alla finanza regionale del 2010, che ha subito una ulteriore decurtazione, di 55 milioni di euro rendendolo pari al 47 per cento di quanto è stato erogato nel 2010, a sua volta già molto decurtato rispetto alle precedenti annualità. Stessa sorte hanno subito i Fondi per la Famiglia, già dimezzati rispetto al 2010, ed ora ulteriormente ridotti di 25 milioni di euro. Anche per le Politiche Giovanili, a fronte di un Accordo Quadro che doveva garantire un triennio (2010/2012), i finanziamenti del 2011 e 2012 non sono ad oggi reperibili nel bilancio statale.

Anche se tecnicamente i “tagli” citati, sono considerati accantonamenti, è certo che per ora tali finanziamenti non sono disponibili e non possono essere erogati alle Regioni e da queste ai Comuni. Ciò, provoca gravi disagi alle Amministrazioni ma soprattutto, ridurrà le prestazioni a favore delle fasce deboli, in un momento, dove non è difficile osservare che i problemi sociali e delle famiglie sono in aumento e non in diminuzione».

Continuare a considerare i diritti solo come una voce di spesa non ha senso perché i diritti rappresentano uno dei tratti costitutivi del nostro modello democratico e sociale. La vita non sarebbe la stessa se contassero solo i profitti e se le persone fossero lasciate sole di fronte alle loro fragilità. Un bilancio pubblico sgravato dalla spesa sociale sarebbe forse più appetibile per gli investitori globali, ma lascerebbe a noi una società dove si vive peggio e dove aumenterebbe lo spreco degli esseri umani che sarebbero considerati solo se capaci di produrre costando il minimo indispensabile allo Stato.

Questa visione non ci appartiene e vogliamo contrastarla perché porta disordine, infelicità e ingiustizia.

Tonino Aceti coordinatore associazioni malati cronici Cittadinanzattiva

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