Un modello per il futuro? I beni comuni (di Emanuele Toscano)

Si parla con crescente entusiasmo di beni comuni. Il dibattito intorno al significato e all’importanza dei beni comuni continua ad allargarsi e arricchirsi, con contributi provenienti dalle più diverse tradizioni culturali e politiche.

Definire i beni comuni

Cosa si intende per bene comune? L’idea di “commons” – da cui deriva la locuzione ed è propriamente traducibile in italiano con comunanze – attraversa la filosofia e le scienze umane e sociali da secoli, e riguarda l’insieme delle risorse naturali e del patrimonio culturale e tecnico accumulato dall’umanità del corso del tempo. Secondo Paolo Cacciari, i beni comuni non sono altro che quelle risorse, indispensabili a mantenere connesso il sistema vivente, che rispondono a due caratteristiche fondamentali:

1)     il fatto che nessuno possa affermare di averli prodotti in proprio e rivendicarne così la proprietà esclusiva;

2)     la loro ontologica necessità, il loro cioè essere indispensabili e insostituibili per l’esistenza di ogni individuo.

I beni comuni possono perciò essere ricondotti alla tassonomia proposta da Giovanna Ricoveri, che distingue i beni comuni naturali, materiali ed esauribili da quelli immateriali, illimitati e cognitivi. I primi classicamente intesi come l’acqua, l’energia, le terre fertili e le risorse primarie; i secondi come i servizi pubblici, i saperi e la conoscenza, le infrastrutture e gli strumenti di comunicazione, prima fra tutti la rete Internet.

L’immaterialità e la natura cognitiva della seconda tipizzazione potrebbe far pensare ad una eccessiva astrazione, che rimane confinata nella dimensione della riflessione teorica e non trova una sua traduzione pratica ed efficace. Già da tempo invece questa visione di conoscenza intesa come bene comune si sta traducendo in pratiche che riducono la portata della proprietà esclusiva, valorizzando la condivisione. Pratiche che si determinano nella convinzione del ruolo emancipante della conoscenza, come strumento di affermazione del proprio sé e dei propri diritti. Sono un esempio le licenze creative commons, che consentono ai detentori di diritti di copyright di mettere a disposizione tutti o parte di questi diritti alla collettività, permettendo la circolazione e lo scambio di informazioni. Le comunanze creative – è questa la traduzione letterale, ma convenzionalmente si utilizza quella di opera comune – vanno proprio nella direzione della valorizzazione e accrescimento della conoscenza intesa come bene comune.

economia socialePerché i beni comuni?

L’idea di bene comune s’impone in opposizione all’individualismo becero e distruttivo di sedici anni di cultura berlusconiana, che ha smantellato lo stato sociale, osteggiato l’affermazione dei diritti individuali, annullato e represso l’espressione del dissenso, svilito a gazzarra la dialettica politica, consumato e avvelenato il nostro territorio. L’idea di bene comune deve ritornare ad essere la cornice all’interno della quale condurre le proprie battaglie politiche e sociali, arricchendole così di una dimensione culturale volta a riaffermare un’idea di rispetto e solidarietà, di responsabilità e di sviluppo del paese.

Difendere, tutelare e servirsi responsabilmente dei beni comuni significa promuovere una politica che si incentri su nuovi modelli di consumo più responsabili e consapevoli, su filiere produttive – soprattutto alimentari – più corte, su una tensione alla sostenibilità, su un’idea di conoscenza percepita come investimento e non come spesa. Sulla tutela, non da ultimo, delle infrastrutture di comunicazione come spazi pubblici aperti e democratici.

Una politica incentrata sul bene comune è una sfida alla conciliazione tra le esigenze dei percorsi individuali di affermazione di sé propri della modernità con gli interessi più generali della collettività. Una sfida da raccogliere e da giocare su diversi piani:
a) sul piano politico, attraverso pratiche virtuose di innovazione sostenibile, di politiche partecipate alla gestione del territorio e delle sue risorse;
b) sul piano culturale, attraverso la ri-sensibilizzazione ai valori del rispetto e della solidarietà, nella convinzione che la propria affermazione di sé non è possibile senza che sia riconosciuto a tutti lo stesso diritto. Che – in sintesi – non si salva nessuno se non ci salviamo tutti.

E in questo processo di riscoperta dei beni comuni sono tutti chiamati a giocare un ruolo, in una prospettiva comune di educazione alla responsabilità e di riscoperta della partecipazione e della condivisione. Sono chiamati i singoli cittadini, gli amministratori, le istituzioni politiche e quelle sindacali, le associazioni ed i movimenti.

Emanuele Toscano da www.prossimaitalia.it

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