Usa e Iran: intervista a più voci

Sono passati pochi giorni dall’uccisione del generale Qasem Soleimani e dalla reazione iraniana. Le paure di un conflitto a tutto campo in Medio Oriente tra Usa e Iran sembrano essersi allontanate. C’è stato l’abbattimento dell’aereo ucraino a Teheran e ci sono state le manifestazioni contro il regime in alcune città dell’Iran. Restano le tensioni per l’accordo sul nucleare disdetto da parte americana e dichiarato superato dagli iraniani che hanno anche annunciato la ripresa del programma di arricchimento dell’uranio. Cosa accadrà adesso è difficile prevederlo. L’Iran è un paese complesso che richiede letture non semplicistiche. L’impressione è che né Usa, né Iran abbiano intenzione di andare verso uno scontro. In Medio Oriente però non vi è nulla di stabile e tutto potrebbe cambiare rapidamente.

Il dialogo che segue non vuole essere un commento agli ultimissimi sviluppi, ma un ragionamento a più voci sulla situazione nella regione. Nessuno dei partecipanti è un esperto di questioni mediorientali, ma, proprio per questo, è indicativo di come le vicende di quell’area del mondo a noi così vicina siano percepite dai cittadini.

Claudio Lombardi

Ora che la risposta dell’ Iran all’uccisione del generale Soleimani è arrivata. Ora che Trump ha reagito con un discorso tutto sommato moderato che non preannuncia altre azioni militari pur ribadendo che l’Iran non avrà mai la bomba atomica, possiamo considerare chiusa la questione? Oppure inizierà un altro capitolo del confronto Usa – Iran che dura dal 1979?

Lanfranco Scalvenzi

Si, l’Iran ha risposto. Ma è stata una risposta molto attenuata rispetto ai propositi manifestati nelle prime dichiarazioni. Non credo si fermerà qui. Non sono riuscito a comprendere bene però la posizione di Trump. Della sua dichiarazione dopo la risposta iraniana l’unica cosa che ho ben compreso è la richiesta a tutto il mondo, innanzitutto all’Europa quindi, di stracciare l’accordo sul nucleare. Trump compie atti unilaterali, non concordati con i Paesi alleati dell’America. Lui l’accordo sul nucleare l’ha già stracciato da tempo. Tra l’altro nell’azione da lui decisa contro l’Iran sono morti anche degli iracheni. E gli USA fino ad ora hanno collaborato con l’attuale governo dell’Iraq.

Nella sua dichiarazione dopo la risposta iraniana Trump sembra usare un linguaggio contraddittorio ma moderato, come se non fosse successo nulla. Sembra quasi dire da un lato: ricominciamo da capo. Dall’altro chiede a tutti i Paesi amici di sopprimere l’accordo sul  nucleare e sembra minacciare un inasprimento delle sanzioni che, per inciso, danneggiano anche l’Europa. Ora si tratta di vedere che cosa intende fare l’Europa di fronte a queste ulteriori pressioni. A me però risulta che l’Europa non voglia seguire al cento per cento Trump su questa strada.

Non si tratta di diventare amici dell’Iran, o del suo governo, ma questa posizione di Trump può diventare un suicidio per tutto l’occidente. Siamo in attesa di azioni concrete da parte dell’Europa, concordate tra tutti i governi che ne fanno parte.

Credo che non dobbiamo dimenticare che il popolo iraniano sta soffrendo per le sanzioni, al di là delle responsabilità del regime. Bisogna tornare a parlare di garanzie, chiedendole anche a Paesi alleati dell’Iran in cambio di una posizione non punitiva sul nucleare. Una di queste è che non venga minacciata l’esistenza di Israele. L’Europa si deve convincere che in quell’area c’è un vuoto che deve essere colmato dalla sua iniziativa nel quadro nuovo che si è venuto a determinare.

Maurizio Colace

Medio Oriente: siamo nell’area più pericolosa, sul fronte più caldo del mondo, una situazione che dura da molti anni. L’omicidio del generale iraniano rappresenta una grossa accelerazione per destabilizzare ancora di più quell’area.

L’Iran è uno stato teocratico, una forma di dittatura, non è una democrazia ed è un elemento destabilizzante. Il generale ucciso aveva sicuramente la responsabilità di molti morti, di molte provocazioni, di molto attentati. Però non dobbiamo dimenticare che lì ci sono problematiche più antiche, legate anche al petrolio e alla crisi arabo israeliana e ad una guerra che gli Stati Uniti hanno condotto con la scusa delle armi di distruzione di massa possedute da Saddam Hussein. Dopo la guerra abbiamo saputo che quelle armi non c’erano e quindi è stato attaccato uno stato certo gestito da una dittatura, ma per ragioni che non c’entrano nulla con quelle che furono dichiarate. Come conseguenza di quella guerra c’è stata una destabilizzazione dell’intero Medio Oriente che ha rafforzato la posizione dura dell’Iran. Ci vorrebbe un ruolo più incisivo dell’Europa e potrebbe averlo se riuscisse a parlare con una voce sola. Solo in questo modo l’Europa potrebbe anche acquisire una sua maggiore autonomia sul piano mondiale

Sergio Mancioppi

Abbiamo assistito a una modifica di paradigma geopolitico. I tentativi di Obama di ritirarsi dal Medio Oriente e, contemporaneamente, di stabilire accordi tra cui il principale è quello sul controllo nucleare dell’Iran, sono stati quasi integralmente stravolti da Trump. Sul programma nucleare iraniano Trump arriva a minacciare la guerra chiamando gli Stati europei a schierarsi con gli Usa. Il passaggio potrebbe essere epocale. Potrebbe perché la guerra in realtà non serve a nessuno. Non serve all’Iran che ne uscirebbe distrutto, Non serve agli Usa che si ritroverebbero, in caso di vittoria, una gestione postbellica molto più difficile di quella iraqena. E non serve nemmeno agli alleati dell’Iran. Meno che mai serve all’Europa.

In teoria un accordo è dunque ancora possibile. Ovviamente un ruolo centrale dell’Europa può essere utile sia per frenare la spinta bellicista di Trump, sia per convincere l’Iran a trattare seriamente. In cambio si dovrebbero offrire accordi commerciali ed economici e l’abbandono delle sanzioni. Ovviamente l’Iran dovrebbe abbandonare il programma di arricchimento dell’uranio. Vorrei aggiungere una cosa. Non dobbiamo essere ipocriti: il programma di arricchimento dell’uranio iraniano è chiaramente finalizzato a costruire una bomba atomica. Anche con tutti i limiti che erano stati imposti nell’accordo fatto da Obama e dall’Europa le azioni dell’Iran indicano una volontà di andare verso quell’ obiettivo. L’esigenza di una risposta forte da parte degli stati occidentali c’era comunque. Trump ha preso probabilmente la strada peggiore, ma il problema non era stato risolto

Claudio

Abbiamo stabilito che il problema è l’accordo sul nucleare iraniano. Non si capisce cosa voglia Trump. L’accordo del 2015 non gli piace, ma non ne propone un altro e intanto pressa l’Iran. Se le cose stanno così ci sono due questioni che vanno affrontate: 1. è giusto fare accordi con l’Iran cioè con una teocrazia islamica? 2. chi è che detta le regole nel campo internazionale? Non rispondiamo l’Onu, perché gli Usa con Trump hanno chiaramente detto che vogliono e possono decidere da soli. Sono due problemi di enorme rilevanza che dobbiamo tenere presenti. Se si evita la crisi economica in Iran si finisce con il rafforzare la teocrazia. Se la si vuole contrastare e si spinge per non fare accordi aumenta il rischio per la sicurezza internazionale e a soffrire sono gli iraniani, un popolo costituito al 75% di giovani sotto i 35 anni, con una cultura media elevata e che guarda alle libertà e al benessere come traguardo da raggiungere. Niente a che vedere con l’arretratezza di altri stati della regione mediorientale.

Lanfranco

Io penso che si debba lavorare per nuovi accordi e che lo debba fare l’Europa per prima. Non importa se l’Iran oggi è retto da una teocrazia: ne uccidono più le sanzioni che il regime. E’ l’unico modo per scongiurare il pericolo di una conflagrazione mondiale. E’ chiaro che non abbiamo solo problemi di un rapporto positivo con l’Iran, ma anche con gli amici americani. Gli USA non sono più quelli che erano guidati alternativamente da repubblicani e democratici, ma con una politica estera stabile nell’ambito dell’Alleanza Atlantica. Trump ha un altro modo di essere: Trump si muove da solo come una scheggia impazzita, e che scheggia! Quest’ultima operazione pare l’abbia decisa senza avvertire nemmeno il Congresso americano, certo non gli alleati della Nato. Il primo problema quindi è quello di concordare con gli USA un’azione comune, che per il momento non c’è, nei confronti dell’Iran e di tutta quell’area.

In quell’area il nemico principale dell’occidente, e dello stesso Iran, è l’Isis, e tutto ciò che rappresenta, che non è ancora stato neutralizzato del tutto.

E’ necessario un nuovo accordo con l’Iran che però dovrebbe avere la copertura dell’ONU. Io penso che dovrebbe essere basato su quattro punti. Il primo è la questione del nucleare. Bisogna che vengano rinnovate le garanzie che l’Iran rinunci alla costruzione dell’atomica. Il secondo punto riguarda le sanzioni, che devono essere tolte di mezzo. Il terzo riguarda una lotta comune e concordata contro l’Isis, laddove cerca di costruire un proprio Stato, utilizzando un qualsiasi territorio (il famoso Califfato), sia laddove opera in una rete mondiale per minacciare chiunque nel mondo che consideri suo nemico. Il quarto deve riguardare Israele, la sua sicurezza, la sua esistenza persino.

In assenza di uno solo di questi quattro punti, rimarrebbero con l’Iran elementi irrisolti di tensione che riporterebbero la situazione allo status quo ante

Maurizio

Vorrei aggiungere qualche considerazione al mio intervento precedente. L’Iran ha reagito all’uccisione del suo generale con il lancio di missili che sostanzialmente non hanno provocato gravi danni. Sembrerebbe che sia stata una scelta voluta per salvare la faccia. Dovevano in qualche modo reagire ma senza esasperare ulteriormente la situazione. Ma, se le cose rimanessero come stanno ora, se Trump continuasse con la sua attuale politica, nei prossimi mesi vedremmo un continuo fiorire di provocazioni e di attacchi che continueranno ad esasperare e a peggiorare i rapporti. La speranza è, però, che si capisca che bisogna arrivare ad un nuovo accordo sul nucleare. Fosse solo perché tutte le altre opzioni sono di gran lunga peggiori. Al di là del governo teocratico in Iran c’è una società attenta e a suo modo evoluta, una società colta e giovane (età media 30 anni). Io credo che solo riprendendo rapporti regolari si possa andare incontro ad una soluzione e che questo non rafforzerà necessariamente Il governo teocratico. Sono, anzi, convinto che possa portare ad un’evoluzione inaspettata.

Sergio

Vorrei aggiungere soltanto qualche considerazione perché condivido i quattro punti dell’accordo globale indicati da Lanfranco. Oltre al programma nucleare l’Iran ha avviato una politica di allargamento della sua area di influenza su altri stati e in altre regioni: l’Iraq, la Siria, Gaza, il Libano. Come? Finanziando e aiutando logisticamente gruppi combattenti e anche terroristici come è Hezbollah in Libano e in Iraq o Hamas nella striscia di Gaza. Anche su questo c’è bisogno di chiarezza e tocca direttamente il problema della sicurezza di Israele, ma riguarda anche altre regioni dell’area mediorientale. Purtroppo un accordo di questa natura richiede una visione globale e statisti all’altezza delle dimensioni dei problemi. Non mi sembra che oggi né l’Europa né gli Stati Uniti e nemmeno l’Iran abbiano le persone in grado di affrontarli

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