2024: difficile essere ottimisti
Il 2022 si era concluso con una guerra, quella della Russia per sottomettere l’Ucraina. Il 2023 ne aggiunge un’altra, quella di Hamas e dei suoi padrini iraniani contro Israele. Il primo augurio per il 2024 è che non ne porti altre, ma è un augurio formale e un po’ ipocrita perché lo stato delle relazioni internazionali è il peggiore che si sia mai visto da molti anni ad oggi. Il contesto è quello di una spinta generale (dall’Asia all’Africa all’America Latina) a conquistarsi un più ampio spazio a livello regionale, locale e globale senza più dover rispondere alle regole del diritto internazionale e senza più temere la presenza di una super potenza globale equilibratrice. La Cina sta lavorando per superare in ogni campo gli Stati Uniti e diventare la prima super potenza mondiale. La Russia vuole ricostruire un suo impero aggredendo gli stati che una volta facevano parte dell’Urss e che si sono liberati di quel dominio da decenni. Nel mondo islamico è in corso una competizione per stabilire chi ne assumerà la guida. Tanti altri stati e staterelli in mano a corruzione e forze militari inneggiano alla fine dell’egemonia occidentale per essere liberi di stabilire nuovi rapporti di forza all’interno e all’esterno. Ovviamente domina la retorica dell’anti imperialismo e dell’anti colonialismo come giustificazione ideologica per le forze emergenti non certo mosse da ideali altruistici. Più che altrove è in Occidente, però, che pesano come se fossero attualità gli errori di un passato sempre più lontano.
Si presenta così il mondo multipolare invocato da molti: un grande disordine nel quale la scalata alla supremazia e all’accaparramento delle ricchezze da parte dei gruppi dirigenti nazionali, non sia condizionata dall’aggancio ai valori di democrazia e di libertà diffusi dall’Occidente e dalle regole da questi ispirate. Russia, Cina ed Iran sono i tre poli di questa rivolta anti democratica e illiberale che scuote il mondo. Due guerre sono già in corso e hanno radici e finalità ben più profonde di quello che appaiono alle opinioni pubbliche occidentali bombardate da una disinformazione che dura da molti anni e che è stata esplicitamente concepita a Mosca come una forma di guerra ibrida. La manovra a tenaglia che accerchia l’Europa e mette alle corde gli Stati Uniti muove da est e da sud in attesa che anche la Cina faccia la sua mossa ad Oriente.
La guerra voluta dall’Iran contro Israele punta a chiamare a raccolta il mondo islamico per scatenarlo in uno scontro definitivo con lo stato ebraico. La cancellazione di Israele dalla carta geografica è funzionale alla disgregazione dell’Occidente attraverso una guerra in tutto il Medio Oriente che veda coinvolti direttamente gli Stati Uniti indebolendoli ed impedendo che agiscano in altri contesti (Ucraina, Taiwan). In realtà la disgregazione è in corso da anni sia facendo leva sulla rete fondamentalista costruita tra gli immigrati di fede musulmana nei paesi europei sia puntando a lacerare le opinioni pubbliche occidentali per separarle dai rispettivi governi. La prova l’abbiamo avuto negli ultimi due anni con il sostegno esplicito o mascherato all’invasione russa e con la grande mobilitazione a favore del fondamentalismo islamico di Hamas. Pseudo pacifismo e anti americanismo hanno conquistato una parte consistente delle opinioni pubbliche che ormai non riescono a capire le minacce che gravano sui nostri paesi e sulle nostre culture laiche, pluraliste, democratiche e liberali.
In questo quadro come si colloca l’Europa? In posizione di grande debolezza. Di fronte alla guerra in Ucraina che minaccia direttamente l’integrità europea sembra che i governi stiano ancora con la testa nel mondo di ieri nel quale i contrasti si componevano con le dichiarazioni e con gli accordi commerciali. Non vogliono riconoscere che è iniziata un’epoca nuova nella quale alcune sfide bisogna vincerle e se ci si tira indietro si perde. Putin ha parlato con una chiarezza impressionante del suo disegno imperialista. Non si limita all’Ucraina, ovviamente, ma in Ucraina può essere fermato. Nonostante ciò l’Europa si concentra sui parametri della stabilità finanziaria dei bilanci nazionali senza prevedere la crescita di una soggettività politica sia pure limitata ad un nucleo di paesi fondatori. Nulla sulla difesa comune, nulla sulla politica estera comune e sostegno all’Ucraina molto al di sotto del necessario. Manca un disegno strategico e così da potenza mondiale l’Europa si presenta al mondo come una ricca preda difesa dalle armi degli Usa fino a quando ciò sarà possibile. Incombe nel 2024 l’elezione di un Presidente degli Stati Uniti che potrebbe avviare la fine dell’Alleanza Atlantica e abbandonare l’Europa al suo destino. In questo quadro l’allargamento ad altri stati dell’Unione europea rischia di aumentare i ricatti e l’ingovernabilità se non è accompagnata da una riforma strutturale della quale, per ora, non si vedono le premesse.
E l’Italia come sta? Azzeccata la metafora del ministro dell’Economia e delle Finanze Giorgetti. Ha parlato di “allucinazione psichedelica che abbiamo vissuto in questi 4 anni in cui abbiamo pensato che gli scostamenti si potessero fare, che il debito e il deficit si potessero fare, che si potesse andare avanti tranquillamente così”.
In verità “l’allucinazione psichedelica” viene da lontano. Esaurita la spinta propulsiva della ricostruzione, degenerato il sistema delle partecipazioni statali, in Italia si è proceduto per perdite successive: chimica, metalmeccanica, automotive, siderurgia, nucleare. L’export resiste grazie a migliaia di piccole e medie imprese, ma le difficoltà sono di sistema e sempre più difficili da superare. Il debito cresce, ma senza sviluppo. I soldi dello Stato non bastano per supportare una politica industriale seria, ma vengono dilapidati in insensati bonus edilizi. Un sacrificio collettivo a vantaggio di pochi beneficiari per arricchire il loro patrimonio immobiliare. Un vicolo cieco di rara stupidità sull’altare del consenso di breve durata. Tutto è difficile in Italia tranne che sperperare risorse nei modi più improduttivi. È il trionfo dell’illusione: i settori coinvolti nei bonus lavorano e il Pil cresce fino a che durano i sussidi. Poi il vuoto.
“L’allucinazione psichedelica” tocca anche il lavoro. Da anni c’è una pesante carenza di manodopera. Il presidente di Confapi (piccole e medie imprese) ha persino auspicato una specie di servizio civile di formazione e lavoro per i NEET che non studiano e non lavorano. Con i disoccupati sono quasi tre milioni di persone. Oltre a questi ci sono quelli che emigrano e, forse, sono i migliori. La spiegazione? Poca formazione, basse retribuzioni, bassa produttività, poca carriera, scarso dinamismo, protezioni corporative e burocrazia soffocante. La cura per il sistema Italia si conosce: per ognuna di quelle voci invertire la rotta con politiche mirate che puntino all’innovazione. Il bilancio pubblico potrebbe essere un motore dello sviluppo, ma da molti anni serve da cassa di compensazione delle tensioni sociali e degli interessi particolari distribuendo soldi per tirare a campare. Fino a quando?
Claudio Lombardi
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