Ai bambini della Libia, sfregiati nel corpo e nell’anima, senza più diritti (di Lilly Ippoliti)
C’è un silenzio sconfinato e innaturale sulle spiagge della Libia.
Perfino la risacca non fa rumore.
Non si vedono in giro secchielli e palette, dimenticati al tramonto, dopo giornate di corse nel sole.
E’ il silenzio sconfinato e innaturale dei cimiteri.
Il silenzio agghiacciante delle fosse comuni, dove i corpi dei bambini occupano meno spazio e, quindi, se ne possono stipare di più.
Ed Erode, soddisfatto e instancabile, passeggia sulla sabbia, stranamente rossastra, carezzando il fucile.
AI BAMBINI DELLA LIBIA, SFREGIATI NEL CORPO E NELL’ANIMA, SENZA PIU’ DIRITTI
I bambini hanno nostalgia e ricordi nitidi del “cielo”.
Se ne sono staccati, nascendo, da molto meno tempo dei grandi.
Lo cercano ancora nei giochi e nei sogni.
E’ una tenerezza sospesa il “cielo” per loro.
Sospesa tra ricordo e realtà.
Ed è tenerezza quella che cercano negli sguardi e nei sorrisi di coloro che li circondano.
La tenerezza non è un diritto.
E’ il “cielo” ancora a portata di mano.
E’ cibo e calore.
E’ conoscenza e fiducia.
E’ rispetto.
E’ dignità.
I bambini sanno disegnare il “cielo”
Possono ritrovarlo nelle fiabe e scriverlo sui quaderni di scuola con stupefatto pudore.
Per loro è una musica fine, sottile e lieve come il respiro.
Per toccare ancora per qualche istante il “cielo” basta un’altalena, una trottola, un libro.
Per conservarlo a lungo basta una famiglia, una casa, il cucciolo di un animale.
A volte è sufficiente un medico premuroso o una maestra accogliente.
E’ un lampo di luce il “cielo” che si stempera, poi, in colori morbidi e avvolgenti come carezze.
E’ un lampo di luce….
E’ una foto, filtrata dal cuore, percorsa da grandi emozioni.
Lilly Ippoliti
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