Alle origini dello sbilancio: tante spese, poche tasse
Non furono solo le spese pazze, ma anche le entrate inesistenti.
Il debito pubblico italiano, come noto, esplode dei decenni ’70 e ’80 del secolo scorso: era il 37% nel 1970 e crebbe sino ad arrivare al 94% nel 1990 (superò il 100% di lì a poco, nel 1992). Nel ripensare a quei due decenni, l’indice è sempre puntato sulla spesa pubblica, cioè sulle uscite; immancabile è il riferimento alle pensioni baby, assurte (peraltro giustamente) a simbolo di una spesa pubblica dissennata, alimentata da calcoli ispirati a bassa politica clientelare. Vero.
Ma c’è un altro aspetto che si tende a dimenticare, vale a dire che mentre cresceva la spesa, le entrate rimanevano ai livelli minimi. Nel grafico (fonte OCSE) è riprodotta la pressione fiscale, vale a dire il rapporto tra le entrate totali (tasse) dello Stato e il Prodotto Interno Lordo, di 3 Paesi: Italia, Germania e Svezia. Questi due presi a esempio in quanto sono economie con i conti tendenzialmente in ordine e con un ottimo livello di welfare (quello svedese è quasi paradigmatico).
Di questi tre Paesi l’Italia (linea rossa) è quella che, oggi, ha la pressione fiscale più elevata: nell’ultimo anno abbiamo pagato più tasse pure degli svedesi. Notiamo però che non è sempre stato così e, anzi, proprio in quei due decenni la nostra pressione fiscale era enormemente inferiore a quella di Germania e Svezia. Nel 1980, per esempio, proprio a metà di quel ventennio, l’Italia aveva una pressione fiscale pari al 25,2% del PIL, la Germania al 36,4% e la Svezia al 43,1%.
Conclusione: in quegli anni il debito esplose in Italia perché avevamo certamente una spesa pubblica che stava rapidamente crescendo in maniera esponenziale (pensioni baby et similia, appunto), ma anche perché avevamo un carico fiscale irrisorio. Proprio lo sbilancio tra alte spese e basse entrate ha determinato quei deficit che poi hanno costituito quel debito pubblico che ancora portiamo sulle spalle.
Questo grafico si presta a molte letture, e racconta molte cose. Per esempio racconta forse una delle concause della fine della I Repubblica e del trionfo del Berlusconi del meno tasse per tutti. Infatti, la pressione fiscale che, come detto, era ancora irrisoria nel 1980 (25,2%), nel corso del decennio ’80, per cercare di rimediare ai deficit di bilancio, comincia ad aumentare in maniera tumultuosa: si supera la Germania nel 1990 e si arriva al 40% proprio nel 1993. Un mese dopo, nel gennaio del 1994, viene fondata Forza Italia che vincerà le elezioni nel marzo successivo. In poche parole: uno dei patti non scritti della prima Repubblica era il basso prelievo fiscale. Quando questo si innalza, nel corso degli anni ’80, una delle basi del consenso dei governanti di allora comincia a cedere, preparando il crollo di inizio anni ’90. (A margine: guardando il grafico qualcuno mi farà notare che negli stessi anni anche la Svezia vide incrementare la pressione fiscale in maniera enorme. Infatti, probabilmente non fu un caso se, nel 1991, per la prima volta dopo il 1928, il partito socialdemocratico scese sotto il 40% alle elezioni e si formò un governo conservatore). Fu proprio in quei primi anni’90, in seguito alla crisi e alla svalutazione della lira, che il popolo italiano si scoprì non solo molto indebitato, ma anche molto tassato.
Da allora la nostra pressione fiscale è ulteriormente cresciuta, rimanendo quasi stabilmente oltre il 40% e arrivando ad essere, oggi, la quarta tra i Paesi con economia industriale (dietro Belgio, Francia e Danimarca). Da allora spuntano immancabilmente pifferai che promettono la riduzione delle tasse ad aliquote esilaranti (per esempio le odierne flat tax del 15% di Salvini e del 23% di Berlusconi) che non potranno mai essere attuate. Ma dietro le flat tax, dietro la riduzione promessa, si nasconde sempre il desiderio di ritornare all’età dell’oro, a quando la pressione fiscale era ridicola rispetto agli altri Paesi e al livello di spesa che sostenevamo. Un paradiso perduto che, però, conteneva i semi del successivo purgatorio.
Jack Daniel post tratto da facebook
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