Ancora sugli immigrati

Decisamente gli immigrati sono al centro di questa campagna elettorale. Che siano il problema numero 1 dell’Italia è falso. Per fortuna o per sfortuna i problemi numero 1 non ci mancano e nessuno fra questi ha a che fare con l’immigrazione. Ciò che conta, però, è la percezione di una parte dell’opinione pubblica che valuta “a pelle” il peso delle varie questioni sulla sua vita quotidiana. Nelle periferie delle grandi città o dovunque vi sia una discreta presenza di immigrati pochi avvertono come un problema l’inefficienza degli apparati pubblici, lo spreco di risorse, i limiti dell’economia, le carenze nei servizi pubblici e nelle infrastrutture. Si tratta di questioni che sfuggono al controllo e anche alla comprensione del cittadino medio che è portato più ad accettarli come dati di fatto, mentre, invece, considera gli immigrati un intralcio e un peso che gli si para davanti in carne e ossa.

Bisogna dunque ammettere che il problema immigrati esiste. La loro presenza si impone a chi conduce la vita normale di un italiano a medio e basso reddito che usa i trasporti pubblici, che vive in zone popolari, che è in graduatoria per l’assegnazione di un appartamento di proprietà pubblica, che teme un furto in casa o uno scippo per strada, che vede gli spacciatori agire indisturbati nel suo quartiere, che è in lista di attesa per prestazioni sanitarie. Si impone anche a chi vive da anni la concorrenza al ribasso nel mercato dei lavori di bassa qualificazione. E poi in un’epoca di contrazione delle risorse destinate ai servizi pubblici e all’assistenza e di crisi economica tutto viene, ovviamente, amplificato.

L’immigrazione in Italia ha una lunga storia. Forse molti ricordano l’epoca dei lavavetri polacchi che all’inizio degli anni ‘80 erano una presenza diffusa per le strade delle più grandi città italiane. Poi arrivarono gli albanesi con gli incredibili episodi degli sbarchi da 20 e 27 mila persone nell’estate del 1991 in Puglia (gestiti malissimo dal governo italiano, ma molto bene dai pugliesi). Poi fu la volta dei romeni, dei sudamericani, dei filippini, dei cinesi e di tanti altri. Da subito albanesi e romeni di distinsero nel mondo della criminalità e della prostituzione per la capacità organizzativa e la ferocia di cui diedero prova. Si disse allora che l’Italia era una meta preferita per la debolezza delle sue forze di polizia, del suo ordinamento giudiziario e la mitezza delle pene. Purtroppo era vero ed è vero anche oggi. Il controllo del territorio da parte dello Stato non c’è. Lo spaccio minore non viene di fatto più colpito (è caduto l’obbligo di arresto in flagranza degli spacciatori) e invade le piazze e gli spazi pubblici delle periferie e delle zone più frequentate. I furti in appartamento non sono perseguiti. Gli scippi non sono puniti (ci sono dei veri campioni con decine di denunce che continuano ad agire indisturbati). Tutti reati nei quali prevale la presenza degli immigrati. Inutile far finta di nulla di fronte alla realtà.

Il problema esplode, però, con gli sbarchi dei migranti provenienti dal nord Africa. Tra loro pochi in fuga dalla guerra e molti in cerca di una vita migliore o, semplicemente, di occasioni di guadagno.

I dati parlano chiaro. Dal 2002 al 2017 sono sbarcate sulle coste italiane oltre 913.000 persone, ma quasi 625.000 solo dal 2014 al 2017. Una pressione che ha coinciso con la chiusura delle frontiere che ha impedito, come avvenuto nel periodo precedente, una ridistribuzione “naturale” di migranti in altri Paesi europei. L’Italia non era preparata a tale afflusso. Non lo era per le norme che disciplinano l’immigrazione, non lo era per le strutture di accoglienza costose, inefficienti e persino fonte di traffici malavitosi, non lo era per i tempi di esame delle richieste di asilo. Di fatto centinaia di migliaia di persone che non avevano la possibilità legale di cercarsi un lavoro sono finite in strada a viveri di lavori malpagati, di espedienti, di delinquenza.

L’esasperazione di una parte degli italiani dunque è comprensibile. Sarebbe bene che le forze politiche che si presentano alle elezioni partano da qui. Il governo italiano ha imboccato la strada giusta puntando a limitare le partenze attraverso accordi con le tribù libiche e con alcuni Paesi africani. Non è possibile lavorare per mettere ordine nella gestione delle persone che sono già qui se non si bloccano gli sbarchi. Bisogna abolire il reato di clandestinità (che è una sbruffonata inutile e dannosa) e avviare un censimento di chiunque si trovi sul territorio italiano concedendo visti provvisori per la ricerca di un lavoro legandoli anche alla frequenza di corsi di italiano e di formazione professionale. Solo chi sfugge a questi obblighi o non accetta il permesso di soggiorno temporaneo dovrebbe essere rimpatriato (se esistono accordi col Paese di origine). Nello stesso tempo bisognerebbe realizzare una verifica di tutte le cooperative che hanno in gestione l’accoglienza per chiudere con la vergogna di chi specula sulla pelle dei migranti. Infine bisogna fare un grande investimento sulle forze di polizia perchè riprendano il controllo del territorio. Servono a poco i gipponi dell’esercito nelle piazze centrali. Servono decine di pattuglie in più nei quartieri popolari e nelle periferie. Serve che i reati siano perseguiti e non ignorati.

Invece di chiedere il voto facendo credere ad impossibili magie chi si candida a governare l’Italia dovrà fare sul serio partendo dal lavoro del governo Gentiloni

Claudio Lombardi

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