App Immuni: i pro e i contro
In questi ultimi difficili mesi gli italiani hanno mostrato solidarietà attraverso numerose azioni concrete e gesti simbolici e le parole del Presidente della Repubblica il 2 giugno hanno dato il massimo riconoscimento a questo comportamento esortando a non disperdere questo spirito di collaborazione. E allora come comportarsi con l’app Immuni? Perché tanti dubbi?
Per iniziare occorre fare un passo indietro e capire a cosa serve questa app. L’obiettivo è di aiutare il processo di tracciamento del contagio del Covid. Questo perché si ritiene che riuscire a rintracciare tempestivamente le persone che sono state in contatto con una persona risultata infetta aiuti a limitare il diffondersi dell’epidemia. Naturalmente perché poi ciò accada effettivamente è necessario che queste persone siano successivamente seguite dal personale sanitario e rispettino le indicazioni del caso (quarantena, controllo dei sintomi, etc.).
Questo processo può anche essere svolto in maniera del tutto manuale, ad es. intervistando la persona infetta e ricorrendo alla sua memoria per identificare le persone con cui è stato in contatto nei giorni precedenti, o comunque può essere svolto da personale più o meno specializzato con vari livelli di supporto tecnologico. Ad esempio Israele ha dichiarato di volersi avvalere dei servizi segreti e il Regno Unito ha annunciato di aver arruolato 20.000 tracciatori. L’Italia ha previsto nel decreto del 30 aprile circa 6.000 contact tracer.
L’app Immuni si prefigge di supportare questo processo, non di sostituirlo, riuscendo ad avvertire le persone che sono state in contatto in un recente passato con una persona successivamente risultata positiva.
Per chi non avesse avuto modo di conoscere il funzionamento di Immuni si riportano rapidamente i passi principali fermo restando che la fonte autoritativa è il Ministero della Salute e comunque chi volesse conoscere in dettaglio la documentazione tecnica può vedere qui.
Installazione L’app si installa sugli smartphone Apple o Android come una qualsiasi app e la configurazione richiede solo di indicare la regione e la provincia di appartenenza per aiutare l’analisi epidemiologica.
Normale operatività Da quel momento in poi ogni volta che due smartphone su cui Immuni è stata installata si trovano abbastanza “vicini” tanto da mettersi in contatto via Bluetooth si scambiano dei codici. Questi codici sono generati casualmente dallo smartphone e variati più volte ogni ora. Da essi non si riesce ad identificare chi li ha originati in quanto crittografati. Ogni smartphone tiene traccia dei codici che ha ricevuto negli ultimi 14 giorni dai suoi contatti.
Utente con sintomi Nel caso in cui un utente rilevi dei sintomi propri del Covid, dopo aver sentito il suo medico può segnalare all’app il suo stato. Questo avviene necessariamente con la collaborazione di un sanitario il cui intervento è richiesto dal sistema per evitare falsi positivi. Per effetto di questo cambiamento di stato dal suo smartphone vengono inviati al server centrale, gestito dal Ministero della Salute e da Sogei, le informazioni necessarie per risalire ai codici da lui scambiati negli ultimi 14 giorni. Di nuovo va osservato che da questi codici non è possibile identificare l’utente o lo smartphone.
Avvertimento Periodicamente, circa una volta al giorno, l’app verifica con il server centrale se sono stati segnalati nuovi casi e riceve la lista dei codici trasmessi dagli utenti che hanno dichiarato di essere stati infettati negli ultimi 14 giorni. Confrontando queste informazioni con quanto in suo possesso l’app riesce a fornire una valutazione della possibile esposizione con persone infette ed avverte l’utente che deve mettersi in contatto con l’assistenza sanitaria per gestire la sua situazione di possibile contagiato.
La questione su cui si è dibattuto più a lungo riguarda la privacy. A proposito di Immuni si può dire che è una tra le prime applicazioni di tracciamento che tutela la privacy degli utilizzatori ricorrendo ad un modello distribuito, ovvero solo gli smartphone contengono le informazioni relative ai contatti e quanto contenuto nel server centrale, comunque necessario per avvertire del possibile contatto gli altri smartphone, non consente di risalire all’utente grazie alle tecniche crittografiche. Si veda ad es. un recente video dove un esperto di tecnologie ed uno di privacy analizzano immuni. In ogni caso tutte le informazioni registrate saranno cancellate entro il 31 dicembre 2020.
Va comunque ricordato come la recente normativa Europea sulla privacy, sicuramente la più rigorosa al mondo, indichi esplicitamente come lecito il trattamento di dati personali in caso di “rilevanti motivi di interesse pubblico … tra l’altro per tenere sotto controllo l’evoluzione di epidemie e la loro diffusione”.
Un altro punto chiave riguarda l’utilità di questo sistema. Va precisato che l’app non è in grado di stabilire con certezza se attraverso un contatto si è trasmesso un contagio e questo sia per limiti tecnologici relativi alla precisione della misurazione della distanza sia perché non è determinata la distanza e/o il tempo critico. Piuttosto va considerata come un dosimetro del tipo di quelli che misurano l’esposizione alla radioattività e che segnala il superamento di una soglia ritenuta di pericolo.
Inoltre l’installazione è su base volontaria e lo sono anche la dichiarazione di positività e la gestione delle segnalazioni. Inoltre non è discriminatoria ovvero non si può limitare l’accesso ad un luogo o servizio se non si è installata l’applicazione o se si è ricevuto un alert (come, invece, accade in Corea del Sud o Cina). Va anche aggiunto che se dovesse essere l’unico strumento di tracciamento dovrebbe essere utilizzata da almeno il 60% degli italiani, cosa praticamente impossibile visto che si devono avere almeno 14 anni, molti non posseggono uno smartphone e molti anziani hanno difficoltà ad utilizzarli. Comunque anche con una platea meno ampia sono attesi significativi aiuti alla individuazione di contatti.
Quindi perché scaricarla? E perché utilizzarla come previsto? La risposta è semplice: se con questo sistema si potesse salvare una sola vita sarebbe un successo visto che utilizzarla correttamente non costa certo di più che mettere una bandiera al balcone o suonare una canzone ad una certa ora. Però occorre fare un piccolo sforzo: avere fiducia in una realizzazione, semplice niente di eccezionale, senza che ci sia lucro (è tutto open source e si utilizzano le infrastrutture dello Stato). Quindi avere fiducia in un progetto e non disprezzare tutto quello che non comprendiamo sino in fondo, soprattutto non lasciarsi influenzare da chi vede sempre secondi fini in quello che viene proposto o dai “si dice” senza che dietro questi messaggi ci sia una reale motivazione.
Ma perché Immuni è arrivata solo ora? Alcune regioni avevano già sviluppato delle app a supporto della gestione del Covid come CORONAVIRUS PIEMONTE, AllertaLOM, LAZIODRCOVID. Oltre al processo di selezione messo in piedi dal Ministero per l’innovazione ha giocato un ruolo importante l’iniziativa di Apple e Google. Infatti queste due multinazionali hanno progettato e realizzato il nucleo su cui basare applicazioni di tracciamento e, nonostante le eccezionali capacità messe in gioco, la disponibilità di questa modifica è arrivata solo il 21 maggio. I pregi di questa soluzione sono la gestione distribuita delle informazioni di contatto (che risiedono solo sugli smartphone), la possibilità di una interoperabilità con applicazioni sviluppate da diverse nazioni e l’integrazione con il sistema operativo che aumenta la robustezza e diminuisce il consumo di energia (queste app sono sempre attive).
Tutto bene dunque? Vale la pena riflettere su alcuni aspetti. Innanzitutto la potenza di questi colossi del web che di fatto in poche settimane si accordano e trovano una soluzione quando i governi nazionali (e anche l’Europa) discutono senza successo su come fare i tamponi o semplicemente come classificare i ricoveri o i decessi. In secondo luogo, come questi giganti dell’ICT rinunciano volontariamente ad applicare quelle tecnologie di localizzazione che utilizzano abitualmente (GPS, ma anche Wi-Fi) ed a una gestione centralizzata delle informazioni che adottano per profilare gli utenti. Ciò accade in una situazione dove il titolare delle informazioni è lo Stato mentre quando sono loro a conservare ed utilizzare le nostre posizioni e le nostre scelte le informazioni sono nei loro data center sparsi per il mondo e i nostri dati venduti al miglior offerente. E naturalmente con queste opzioni (localizzazione precisa e gestione centralizzata da parte dello Stato delle informazioni sui luoghi di contatto) il controllo della diffusione dell’epidemia sarebbe migliore, consentendo ad es. di sanificare aree tempestivamente o migliorando le misure di distanziamento.
Ma evidentemente molti di quelli che discutono ancora se installare Immuni per problemi di privacy o perché potrebbe essere poco utile hanno più fiducia nella Silicon Valley che nello Stato
Claudio Gasbarrini
Il problema riguarda la necessità della connessione bluetooth che non è per niente sicura. Espone cioè alla possibilità di accesso ai propri dati da chiunque.