Assenteisti, capitale sociale e un paese da ricostruire
Vorrei tornare su una vicenda che ha impegnato i commentatori prima che si verificassero i tragici fatti di Parigi e che, secondo me, merita ancora attenzione.
Si tratta dei dipendenti assenteisti del comune di Sanremo. Ci torno perché considero il comportamento di quei dipendenti pubblici paradigmatico della profonda crisi, di coscienza e di identità prima che economica, del sistema Italia. Infatti i dipendenti beccati con le mani nella marmellata dichiarano che tanto con l’onestà non si va da nessuna parte e sui social network manifestano i loro sentimenti anticasta.
Purtroppo non costituiscono una grottesca eccezione. Sicuramente fra tanti “anticasta” ci sono anche un po’ di baby pensionati o di quelli che hanno falsificato documenti per avere una pensione magari di invalidità. Quello che ci appare intollerabile è solo il vitalizio dei politici. Poco importa se in Italia ci sono tre milioni di cittadini con due pensioni, oltre un milione con tre e trecentomila con quattro assegni previdenziali. Tra i pensionati d’oro non tutti sono ex politici e le nostre autorità non ci dicono quanti contributi siano stati pagati per quei trattamenti, ma è intuibile che non coprano la pensione percepita. Ma questo è un problema che tocca tante pensioni calcolate col metodo retributivo e sicuramente tutte quelle prese da chi è andato in pensione prima dei fatidici 65 anni di età o 40 di contributi.
Volendo proseguire nell’esplorazione della coscienza sporca dei cittadini velata dall’indignazione e dalla protesta si potrebbe pensare a quelli che si rifiutano di fare la differenziata con la scusa che l’inquinamento viene dalle industrie, mica da un televisore buttato per strada.
Oppure a quelli che ritengono inutili le restrizioni alla circolazione dei veicoli per le quali regolarmente il sindaco che le delibera viene accusato di iniziative demagogiche tipiche di chi non ha contatto alcuno con la realtà. Ovviamente anche in questo caso l’inquinamento arriva sempre da un’altra parte.
Per il piccolo esercente che si affida a persone poco per bene per smaltire i suoi rifiuti il problema è la lobby della chimica. Per il possidente terriero che paga un euro l’ora i suoi lavoranti (in gran parte immigrati irregolari), la colpa è delle multinazionali perchè nella globalizzazione selvaggia di oggi tutti sono vittime e non c’è spazio per i diritti (anche se il caporalato ha una solida tradizione nostrana). Per qualsiasi evasore fiscale, a prescindere dal suo reddito e dal suo patrimonio c’è sempre un pesce più grosso, un evasore fiscale più ricco e più in salute che lo Stato dovrebbe perseguire al suo posto. I corrotti e corruttori minimizzano sempre, riconducendo e riducendo i loro comportamenti a prassi di settore; anzi affermano di creare posti di lavoro. Troppi dicono che per sopravvivere non possono permettersi il lusso di rispettare le regole.
Il rifiuto di fare la propria parte alla lunga rischia di fare collassare il sistema.
Si tratta di un circolo vizioso che si autoalimenta: è difficile chiedere fedeltà fiscale ai contribuenti se non si da’ una punizione esemplare agli assenteisti di Sanremo; è difficile chiedere di fare la propria parte ai cittadini del Comune di Messina che spesso restano senz’acqua; è difficile chiedere di riconoscersi nello Stato all’imprenditore che rischia di saltare perché la Pubblica Amministrazione non paga in tempo i suoi debiti.
Va bene, sappiamo che l’evasione fiscale e la corruzione sono riconducibili anche ad una eccessiva pressione fiscale, alla regolamentazione esagerata e a una burocrazia inefficiente. Sappiamo anche che c’entrano molto fattori intangibili come la cultura, il senso di appartenenza, le relazioni sociali, che si possono riassumere nella nozione di capitale sociale.
Del resto già alla fine del secolo scorso l’americano Robert Putnam aveva sostenuto che l’arretratezza delle regioni meridionali era figlia della sfiducia dei cittadini nei confronti dello Stato, in un contesto in cui contavano le relazioni familistiche e clientelari (familismo amorale).
Io ritengo che l’evasione, la corruzione e la criminalità organizzata si combattano in gran parte rendendo più efficiente e più efficace la macchina statale e l’economia, facendo più controlli e applicando pene più severe, tuttavia è innegabile che oggi, parafrasando D’Azeglio, occorre rifare l’Italia e gli italiani compresa la loro cultura.
Se non si ricostruisce il senso della comunità, non c’è alcuna possibilità di fermare la corsa del debito e combattere la povertà.
Salvatore Sinagra
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