Bottigliette di plastica
Ora che la manovra di bilancio è stata approvata e che le polemiche sulla plastic tax si sono smorzate si può tornare a parlare di plastica evitando la spinosa questione delle tasse. Diciamoci la verità: spesso le persone buttano in giro di tutto fregandosene dei cestini della spazzatura, per non parlare poi di quelli della raccolta differenziata. Le cose che si buttano di più sono i contenitori per gli alimenti, in particolare quelli per l’acqua. Gli italiani tra l’altro si collocano tra i più grandi consumatori di acqua in bottiglia nel mondo.
Da questa riflessione nasce la campagna che offre delle bottiglie pluriuso in plastica o alluminio a scolari, studenti, sportivi, con lo scopo di disincentivare l’uso di bottiglie usa e getta.
Ritengo però che questa sia una causa persa in partenza.
Se uno compera dell’acqua in bottiglia di plastica non lo fa per avere una bottiglia ma per avere dell’acqua e questo perché ritiene che l’acqua in bottiglia sia più sana, salubre, buona, gustosa ecc ecc, dell’acqua che esce da un rubinetto.
Che questo sia vero o no non ha importanza, la pubblicità palese e occulta ha fatto passare questa informazione, fornire delle bottiglie di alluminio per l’acqua non cambia sostanzialmente il problema, la gente continuerà a comprare acqua (non bottiglie) in contenitori di plastica, quindi nelle scuole e in altri luoghi di lavoro per eliminare la plastica dovrà essere fornita acqua equivalente a quella in bottiglia.
Solo in questo caso le persone andranno a riempire le loro bottigliette di alluminio alla fontanella di acqua filtrata.
Dire che quella dell’acquedotto è uguale o migliore di quella in bottiglia non avrà alcun effetto, ormai la pubblicità ha fatto il suo lavoro fino in fondo. In alternativa potrebbe avere un risultato migliore l’utilizzo di bottiglie, in plastica o in alluminio, provviste di resine e carboni attivi filtranti, in questo caso si potrà si dire che l’acqua del rubinetto così trattata sarà equivalente a quella in bottiglia. Poi però ci sarebbe il problema di smaltire/rigenerare le resine e i carboni utilizzati da milioni di bottigliette.
C’è un altro aspetto poi che bisognerebbe chiarire: la plastica non inquina. Le sostanze inquinanti sono quelle che non si vedono: ioni di metalli pesanti, pesticidi, sostanze organiche, solventi, insomma tutte quelle sostanze che si sciolgono più o meno in acqua e che pertanto possono entrare nelle catene alimentari di animali e esseri umani. Le plastiche tuttalpiù possono cedere in parte degli additivi con cui sono state prodotte, quella è la parte che realmente inquina. In questo caso però essendo plastiche utilizzate per contenere alimenti anche gli eventuali additivi sono pressoché innocui.
Le plastiche sono composte da macromolecole e non essendo degradabili, in tempi brevi, inquinano più o meno quanto potrebbe inquinare un sasso.
Ed infatti è per quello che si utilizzano per contenere gli alimenti. Anzi a voler vedere sono più preoccupanti quelle che si definiscono bio degradabili, foto degradabili o addirittura solubili poiché le molecole si spezzano in frammenti di cui si sa poco riguardo alla loro tossicità e al loro impatto sulla catena alimentare.
Eppure la soluzione sarebbe semplice: si raccoglie il PET separatamente dal resto della plastica e si ricicla. In Svizzera lo fanno. Perché da noi sembra così difficile?
Pietro Zonca
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