Brevi cenni sulla riforma

Sulla riforma costituzionale proponiamo il punto di vista di Giovanni Guzzetta, professore ordinario di Diritto Costituzionale all’Università di Tor Vergata a Roma, con stralci di una sua recente intervista concessa al sito www.linkiesta.it.

Come si arriva alla riforma costituzionale
giovanni-guzzettaSi è tentata la strada dei disegni di legge parlamentari, dei disegni di legge governativi, delle Commissioni bicamerali, dei tavoli di lavoro, dei Comitati ministeriali o governativi. (…) La prima proposta di modificare il procedimento legislativo e ridurre la decretazione d’urgenza fu con il decalogo Spadolini del 1982. La prima proposta di differenziare il bicameralismo fu con la Commissione Bozzi, 1983. (…) La storia dimostra che il problema è sempre stato l’accordo tra le parti. L’opposizione finisce sempre per non votare la proposta della maggioranza. Magari fa un pezzo di strada insieme, ma, al dunque, si tira indietro. Mi fa sorridere che qualcuno pensi che, bocciando questa riforma, ce ne sarebbe un’altra a portata di mano, magari condivisa. (…) Nel merito, io sono convinto che questa riforma migliori rispetto allo status quo, e dunque sia meglio dell’esistente.

Nel merito della riforma la critica più pesante è quella che con l’ormai famoso combinato disposto tra riforma e legge elettorale si finirebbe per concentrare troppi poteri nelle mani del leader con il rischio di una deriva autoritaria
La deriva autoritaria ci sarà, come peraltro accaduto nel passato, se non riformeremo le istituzioni. Ormai è diventata di dominio pubblico l’affermazione di Calamandrei sul fatto che le dittature nascono dall’instabilità e dalla debolezza dei governi che non governano. Io aggiungerei quello che diceva De Gasperi: senza una maggioranza che governa, sotto il controllo dell’opposizione, andiamo verso la dittatura larvata dei decreti-legge o verso la dittatura esplicita. Lo diceva nel 1953. Oggi, con la decretazione d’urgenza che copre la stragrande maggioranza delle decisioni di governo, direi che siamo pienamente nel primo scenario. Mi piacerebbe si evitasse di arrivare al secondo.

legge-elettorale-italicumLa legge elettorale non è oggetto del referendum costituzionale, sia, banalmente, perché non è una norma costituzionale, sia, politicamente, perché sono tanti i sistemi elettorali compatibili con la riforma. La legge elettorale è al vaglio della Consulta. Dunque, se fosse vera la premessa secondo cui reca in sé i germi per una deriva autoritaria, possiamo confidare che la Corte costituzionale eviterà che ciò accada. In realtà il vero tema in gioco non è questa legge elettorale, ma ancora una volta, dopo quasi trent’anni, se si vuol tornare al proporzionale o restare in un contesto maggioritario. Il resto sono tecnicalità.

Ma per gli italiani la riforma è importante oppure no?
Certamente la riforma delle istituzioni attiene agli strumenti per governare, non alle politiche di governo. Ed è chiaro che ciò che interessa gli italiani è soprattutto il fine, non il mezzo. Ma senza una macchina che funziona non posso andare da nessuna parte. E addio fine. Ciò detto io credo che una buona quota degli indecisi abbia difficoltà a districarsi in un dibattito monopolizzato dai partiti per le loro solite beghe e schermaglie. Di queste, sicuramente i cittadini ne hanno fin sopra i capelli. Ma dovremmo tutti capire che, se restiamo dove siamo e non cambiamo questa politica rimarrà sempre la stessa.

La questione del bicameralismo e del nuovo Senato: abolizione o no?
Io sono sicuro che se si fosse abolito il Senato qualcuno avrebbe urlato al golpe decisionista che eliminava correttivi e garanzie. La verità è che una seconda camera che rappresenti gli enti territoriali è assolutamente normale in tutti gli ordinamenti federali o regionali. Stiamo discutendo di ciò che altrove è scontato.

Il referendum si sta concentrando troppo sulla figura di Renzi?
Questo è un punto molto delicato. Renzi ha bisogno del voto referendario di cittadini che non lo voterebbero alle elezioni. Deve andare oltre il perimetro della sua maggioranza. Lo sa e ha ammesso di saperlo. Il problema allora non è che lui difenda la riforma o che si dedichi alla campagna. Il problema è come rassicurare coloro a cui chiede il voto che, la vittoria del Sì non sarà solo la vittoria di Renzi e dei suoi sostenitori, ma una vittoria degli italiani. A me pare che non sia ancora riuscito a fornire questa rassicurazione. E, dunque, è comprensibile la diffidenza.

Giovanni Guzzetta è il coordinatore del comitato Insìeme Sì Cambia che raccoglie persone di vari orientamenti culturali e politici convinti che occorra discutere nel merito la riforma sulla quale gli italiani si pronunceranno con il loro voto

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