Brexit e democrazia
Ma è proprio vero che tutto si può decidere con referendum? È questo strumento la manifestazione suprema della democrazia? È solo il referendum che mette nelle mani del popolo il potere di decidere?
Questi sono alcuni degli interrogativi suscitati dal voto inglese del 23 giugno. Che l’effetto della Brexit sia quello di scombussolare gli equilibri europei e di destabilizzare il Regno Unito lo dicono praticamente tutti i commenti e lo si può constatare nei fatti. Si vedrà sulla lunga distanza se le conseguenze continueranno ad essere negative per il popolo inglese o se la situazione volgerà al positivo. Per ora nemmeno gli stessi promotori del leave sanno cosa fare; tanto è vero che il rinvio, dopo tanto strombazzamento sulla liberazione dalle catene dell’Unione Europea, è la linea a cui tutti si adeguano.
Dunque non hanno più fretta di andarsene. E perché? Perché hanno paura. Ora che il popolo inglese ha parlato e ha deciso (con una maggioranza risicata del 2%) ci si domanda come si possano gestire le conseguenze. Che nell’immediato si manifestano come catastrofiche soprattutto se si realizzerà la minaccia della Scozia di ripetere il referendum sull’indipendenza e se scoppieranno nuove tensioni nell’Irlanda del nord. La crisi economica che colpirà (anzi che ha già iniziato a colpire) il Regno Unito rischia di essere il minore dei problemi se si manifesterà realmente la possibilità di uno smembramento dello Stato. Possiamo immaginare che la separazione dalla Scozia e la ripresa della lotta per l’unificazione dell’Irlanda con il probabile scontro tra unionisti e separatisti si svolgerà pacificamente? Realisticamente no.
È questo che volevano gli elettori del leave? Gli elettori sapevano a cosa portava la loro decisione? È questa la democrazia? No. Questa è una vecchia storia di manipolazione delle masse i cui esempi sono ben presenti nella storia del ‘900.
Un motto che viene dall’ottocento recita “Quando il popolo si desta, Dio si mette alla sua testa”. Un anelito romantico e nulla più, retorica infondata. Il popolo non è un soggetto unico, è composto da tanti individui ed ognuno deve poter conoscere per deliberare. E la conoscenza non è semplice informazione, ma un processo ben più complesso che deve portare alla consapevolezza e alla responsabilizzazione. Per questo i quesiti drastici – SI’ NO – su scelte delle quali è difficile calcolare le conseguenze vanno gestiti con la massima cura. Non possono essere agitati come un diritto del popolo a decidere su tutto. Non a caso la nostra Costituzione indica già all’articolo 1 il principio su cui si regge la democrazia della Repubblica “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. E non a caso fra questi limiti vi è quello di non sottoporre a referendum le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
La democrazia non è un sistema statico che si regge su quesiti drastici. La democrazia è un metodo che si fonda sulla partecipazione delle persone e funziona se è anche cultura oltre che pratica. E la partecipazione stessa è molto più complessa di un referendum, non si esaurisce in una fiammata, in un voto, ma è qualcosa che si costruisce pezzo a pezzo ed è reale se è scambio indirizzato alla formazione progressiva di un’opinione, di un indirizzo che poi le istituzioni dirette dai rappresentanti politici tradurranno in scelte politiche, norme e atti di governo.
Dice bene, ancora una volta, la nostra Costituzione affermando il principio che tutti i cittadini hanno diritto di associarsi per concorrere a determinare la politica nazionale. C’è qui una visione che, nonostante abbia bisogno di essere aggiornata alla realtà di oggi, è molto più ricca di qualunque democrazia referendaria. Le parole chiave sono “associarsi” e “politica nazionale”. Cioè la politica scaturisce dall’attività dei cittadini che si organizzano. Una funzione sociale diffusa che si articola in più livelli e che tocca i vertici istituzionali in un rapporto necessariamente dialettico. Altro che un SI’ o un NO magari estorto a suon di disinformazione, di bugie, di false promesse e di demagogia.
Brexit e democrazia è un tema sul quale si dovrà riflettere bene e a lungo per non incappare negli stessi errori.
Claudio Lombardi
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!