Chi paga la manovra: meno soldi e meno diritti per chi non può decidere (di Claudio Lombardi)

Ormai sulla manovra del Governo è in pieno svolgimento il dibattito pubblico ed è già iniziato l’esame del Parlamento. Sul perché si è arrivati alla manovra si è espresso su civicolab con chiarezza Gabriele Silvestri. Ciò che si può aggiungere è che l’Italia, come tutti i paesi con un alto debito pubblico, è stata sempre a rischio di manovre speculative. La fragilità del nostro Paese non nasce con la crisi finanziaria portata dai mutui subprime né inizia come conseguenza della crisi greca, ma risale a molto più tempo fa, a quando i governi degli anni ’80 ci regalarono il raddoppio del debito pubblico, l’incremento dell’inefficienza della macchina statale, l’aumento della corruzione a tutti i livelli e una spesa pubblica fuori controllo. Dovremmo ricordarci tutti che nel ’92 in Italia si dovette prelevare i soldi dai conti correnti dei cittadini tanto le cose si erano messe male. Praticamente fu una situazione di economia di guerra quella che dovettero sopportare gli italiani e la scoperta di tangentopoli fece capire a tutti quali ne erano le cause e quali i responsabili.

Negli ultimi anni siamo tornati alla spesa pubblica fuori controllo con le spese correnti che hanno superato, per la prima volta da un decennio, le entrate tributarie (e senza calcolare gli interessi da pagare sui titoli di Stato). La corruzione è dilagata e si è trasformata sfacciatamente nel dominio di una classe di faccendieri senza scrupoli che ha messo insieme politici, imprenditori e alti funzionari dello Stato. Grazie all’opera della magistratura e delle forze dell’ordine si è iniziato a scoprire la verità sui traffici che si sono svolti all’ombra delle vere e finte emergenze e del maneggio di denaro pubblico. Si è iniziato e non si continuerà perché la legge contro la magistratura voluta a tutti i costi da un Governo e da una maggioranza piena di corrotti veri e presunti sta mettendo il bavaglio all’informazione e sta legando le mani ai giudici. E questo mentre il Presidente del Consiglio, a capo di un Governo che ha emanato più di 50 decreti legge e che ha chiesto 34 voti di fiducia avendo una maggioranza di voti strabordante, si permette di dire che la Costituzione non gli permette di governare. Che si tratti del tentativo di cambiare la natura del nostro Stato democratico trasformandolo in stato autoritario dominato da gruppi di intoccabili autorizzati a violare le leggi e ad usare ciò che è pubblico come fosse patrimonio personale è evidente. Ciò che non si vede abbastanza è la reazione dei cittadini, forse, lentamente abituatisi ad accettare la natura autoritaria e classista del potere.

Che anche di una nuova forma di supremazia di classe si tratti è dimostrato dalla manovra finanziaria presentata dal Governo. Dopo anni di finanza allegra servita per conquistare la fiducia degli elettori e dopo aver inutilmente speso somme enormi con la politica economica attuata nel primo periodo di governo (valutata in più di 10 miliardi) adesso si scopre che i conti pubblici vanno male e che ci vogliono un bel po’ di soldi per tentare di raddrizzarli. E dove si prendono? Dai servizi erogati dalle regioni e dagli enti locali, dal pubblico impiego e dai pensionati. I numeri dicono questo. Poi, certo, ci sono altre misure che dovrebbero colpire l’evasione e ridurre un po’ le retribuzioni più elevate. Ma intanto bisogna dire che di misure contro l’evasione ce n’erano anche anni fa e che sono state abolite. E poi che non si tratta di strumenti scoperti adesso, bensì conosciuti da tempo ed accuratamente evitati da buona parte dei governi che si sono succeduti nel tempo. La mala fede e la cattiva coscienza è di chi conosceva lo stato dei conti pubblici e i suoi punti critici da anni e non ha agito per rimediare.

Perché? La risposta è semplice: poiché le risorse dello Stato si sono ridotte, ma la spesa gestita da chi comanda nelle istituzioni è aumentata, qualcuno doveva pagare il conto. Se il debito pubblico al 103,5% del PIL nel 2007 è salito nelle previsioni del 2010 al 117% e se la spesa per beni e servizi è cresciuta dal 2000 al 2009 del 59% ( gli scandali ogni tanto ci informano su cosa si nasconde dietro queste cifre ). Se la capacità dei governi di aiutare l’economia è crollata e l’Italia ha fatto passi indietro rispetto ai principali paesi europei in termini di PIL e di produttività, se non si investe in Italia perché il contesto è poco affidabile (specie al sud) con diffuse inefficienze nelle infrastrutture e nella sicurezza pubblica a fronte di risorse preziose dirottate su opere inutili come il Ponte sullo stretto di Messina.

Se questa è la situazione, chi paga? I responsabili? No, la risposta del nostro Governo è chiara: i ceti più deboli e quelli intermedi. Tutti coloro che hanno accumulato patrimoni magari residenti all’estero non sono chiamati a pagare nulla: nessuna tassa patrimoniale, nessuna aliquota fiscale straordinaria sui redditi altissimi, nessun provvedimento straordinario su quelli che hanno legalizzato (non rimpatriato) circa 100 miliardi di euro nascosti all’estero pagando il 5%, nessun adeguamento dell’imposizione fiscale sui guadagni finanziari sempre ferma al 12,5%, nessuna tassazione sui beni di lusso, nessun taglio vero ai costi della politica.

Più chiaro di così: il denaro vero viene preso a chi non può sfuggire e il resto si basa su impegni e promesse dei quali tra un po’ nessuno si ricorderà.

Basta leggere i giornali per sapere che le manovre in altri paesi europei sono diverse: lì, perlomeno, si tassano anche i ricchi e si pensa anche allo sviluppo ( Regno Unito, Germania e Spagna).

Ad esempio quale logica c’è nel tagliare i servizi di enti locali e regioni? Si peggiora la qualità della vita delle persone comuni e si impedisce lo sviluppo di interventi locali che possono anche aiutare  l’economia.

In conclusione, i diritti dei cittadini sono gravemente minacciati perché su un fronte il potere politico si sta costruendo l’impunità e mostra di voler impedire persino la diffusione dell’informazione mettendo al bando trasmissioni televisive scomode e impedendo ai giornalisti di fare il loro lavoro; su un altro fronte si comprime il tenore di vita di gran parte dei cittadini tagliando la base materiale su cui si garantiscono e riconoscono i diritti per migliorare un bilancio pubblico compromesso dalle politiche del Governo e senza far pagare nulla ai ceti più ricchi. Tutto ciò senza investire sullo sviluppo dell’economia e senza rafforzare la democrazia attraverso la partecipazione dei cittadini che, anzi, in questo quadro, sono trattati alla stregua di mandrie senza cervello da dominare e bastonare.

E se non è così è disposto il Governo a cambiare le misure proposte e ad abbandonare la legge-bavaglio e contro i magistrati?
Sembra proprio di no, per ora. Per questo i cittadini attivi devono far sentire la loro voce. 

 Claudio Lombardi

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