Clima ed energia: il vicolo cieco dell’Europa

La Cop26 è ancora in corso, ma dopo il G20 è chiaro che non esiste alcuna unanimità sui tagli all’uso dei combustibili fossili. Cina, India e Russia non seguono l’Europa e gli Usa nel fissare scadenze ravvicinate per una completa rivoluzione di tutti i settori produttivi e dell’organizzazione della società. Al contrario: aumentano la produzione di carbone e il suo utilizzo. Fra tutti è però l’Europa quella che ha abbracciato la missione di dare il buon esempio infilandosi nel tunnel dell’abbandono delle energie fossili. L’Europa, che emette l’8% della CO2 mondiale, sembra disposta ad affrontare ogni sacrificio per inseguire il mito di una produzione di energia interamente da rinnovabili nel giro di 30 anni. Intanto il prezzo di petrolio, gas e carbone è aumentato in maniera considerevole e penalizza le attività economiche e i consumi privati degli italiani.  

Il dibattito è intenso. Diamo conto qui di seguito di un’intervista rilasciata da uno dei massimi esperti di mercati dell’energia, il prof. Alberto Clò, al sito www.industriaitaliana.it al quale rimandiamo per il testo integrale.

Secondo Clò si stanno pagando gli “errori strategici compiuti dall’Unione Europea (…): la retorica della transizione energetica ha un peso, non solo per quello che fa, ma soprattutto per ciò che impedisce di fare. La trappola in cui siamo finiti non è solo di una narrazione errata di quel che andava accadendo, ma anche causa dei mancati investimenti delle società energetiche nella ricerca di petrolio e gas”.

Si sta preparando una crisi energetica “assai più grave di quella del 1973” durante la quale “il petrolio non mancò mai. Questa è una crisi vera, e a livello continentale: c’è una reale scarsità di metano ma anche di carbone e vi è da sperare che l’inverno sia mite, la ventosità alta e che Putin ci tenga in considerazione (….) Peraltro, tutti i governi cantori del verbo green hanno fatto un rapido dietro-front. Si pensi al Regno Unito, il Paese più colpito, che non ci ha pensato due volte a riattivare le centrali a carbone. O alla Germania, che da un giorno all’altro ha dimezzato gli incentivi per le rinnovabili. O alla Francia, che con il presidente Emmanuel Macron ha fatto sapere che di chiudere le centrali nucleari non se ne parla; anzi, intende rilanciarle con una nuova generazione di impianti, più sicuri ed efficienti”.

Tutti pagheranno la crisi e molte imprese saranno colpite duramente perché “Il problema è che queste imprese faticano a reggere la concorrenza con quelle americane, ad esempio, che pagano l’energia del metano 5-6 dollari al milione di unità termiche britanniche contro i nostri 30-40. Soffriranno poi le aziende che comprano e vendono energia”. La spesa energetica in netto aumento renderà l’Europa “il vaso di coccio tra la Cina e l’America”.

Inevitabile, a questo punto, la spiegazione del perché l’Europa si trovi in questa posizione. “ Anzitutto l’Europa è causa della propria disgrazia, avendo messo in cantiere un piano insostenibile, il Green Deal, che non tiene conto delle esigenze dell’industria e anzi le calpesta. E poi porta benefici marginali: l’Europa conta solo per l’8% sulle emissioni globali, e se tutte le misure del Green Deal andassero a buon fine, il calo delle emissioni globali di CO2, in tutto il mondo, sarebbe intorno all’1%. Nel frattempo, il verbo green ha messo in ginocchio l’automotive e in seria difficoltà altri settori imprenditoriali”. Tutto ciò mentre cresce la fame “di energia dell’Asia, della Cina in particolare, che si è mossa per prima sul mercato per intercettare la ripresa”.

Secondo il prof. Clò “è la questione sociale che ostacolerà la transizione. Bisogna riflettere sul fatto che la protesta dei Gilet Gialli è nata per un aumento di appena tre centesimi di euro sul prezzo del diesel. Quando gli europei riceveranno la prossima bolletta elettrica e del gas sarà un trauma per molti, soprattutto per quelle famiglie a basso reddito che già arrivano a stento alla fine del mese. Quando sei costretto a mettere le mani nelle tasche della gente – e qui non si può fare altrimenti – non puoi evitare una reazione generale”.

L’Europa rischia di uscire distrutta a causa delle sue scelte. “Può un’area economica così vasta rimanere appesa alla mitezza e alla ventosità dell’inverno e alla posizione di Putin o dell’Opec? È una situazione insostenibile” (….) È l’Europa che ha fallito. Se fra tre o quattro anni il costo della benzina arriverà a 4 euro al litro, questo sarà dovuto al fatto che la politica continentale e l’estremismo ecologista hanno frenato l’attività mineraria. Siamo arrivati ad un tale punto di follia che ora Strasburgo deve decidere se il gas naturale sia o non sia una risorsa sostenibile, se meriti o meno la patente di “green”. In caso negativo, progetti relativi al metano non saranno più finanziabili”.

L’analisi del prof. Clò è impietosa, ma realistica. Su tutto aleggia l’interrogativo cruciale: ma davvero si crede che tutte le attività che richiedono la produzione di energia (dai trasporti al riscaldamento, all’industria, all’agricoltura) possano essere sostenute esclusivamente dalle rinnovabili rispettando le scadenze temporali ravvicinate indicate dalle istituzioni europee? Il vicolo cieco è appena stato imboccato

C.L.

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