Clima, la parola d’ordine è: adattamento

Quand’ero più giovane e andavo più per montagne, ricordo che di ogni vetta, nelle varie guide alpine CAI (quelle grigie, carta fine ma rilegatura impeccabile per reggere le avversità di uno zaino portato in spalla sotto chissà quali elementi) si parlava, per ciascuna, della conquista estiva e di quella invernale. Sottintendendo che quella estiva era facile: elementi climatici favorevoli, e quella invernale assai complicata, ghiaccio ovunque, temperature proibitive.

Quello che è successo domenica sulla Marmolada, che segue ciò che capitò sul Grand Combin a fine maggio (https://tinyurl.com/bde3sk2c), ci fa capire che nel futuro del clima mutato, le escursioni estive saranno, a differenza del passato, alquanto pericolose se in ambiente glaciale. E che, paradossalmente, saranno più agevoli se non proprio in clima pienamente invernale, quanto meno in stagioni di passaggio: meglio aprile o maggio di luglio o agosto.

Fino  a non molti decenni fa era dogma, enunciato quasi ogni sera dagli esperti dell’epoca, come Bernacca, che il clima non cambiasse, ma che il problema era che avevamo poca memoria. Se un giorno si verificava un evento estremo, subito arrivava il Bernacca di turno a dirti che in realtà quell’evento si era anche manifestato chissà quanti decenni o secoli prima. Il clima non muta, era il messaggio, solo che non ricordiamo ciò che accadde in passato, per cui tendiamo a  considerare eccezionale ciò che in realtà appartiene al normale ciclo climatico.

Purtroppo Bernacca, e tanti come lui, si sbagliavano completamente. Non se ne rendevano conto, non lo volevano ammettere, ma il clima sta cambiando, e ad una velocità che difficilmente era immaginabile 20 o 30 anni fa.

Non c’è nulla che noi possiamo fare per arrestare il cambiamento climatico. Vuoi per la persistenza dei gas climalteranti nell’atmosfera (che durano decenni se non secoli), vuoi per l’effetto inerzia che fa sì che ciò che emetto oggi in atmosfera darà il massimo effetto sul clima tra circa 10 anni (https://tinyurl.com/yc4fewt7). Se, insomma, oggi ci estinguessimo come genere umano, la temperatura continuerà a salire per almeno 10 anni e ritornerà ai livelli attuali chissà quando.

Se c’è una categoria di persone che odio sono i faciloni, quelli che propagandano facili soluzioni a problemi complessi. I faciloni in campo climatico sono coloro che raccontano la balla che basta diminuire le emissioni (italiane, o europee!) per vedere la temperatura ritornare nei ranghi. Balla.

La temperatura non ritornerà nei ranghi per secoli. E ogni persona oggi vivente, anche un bambino nato stamattina, vivrà in un ambiente con un clima più caldo di quello odierno. Se faremo i bravi, e cominceremo da subito a limitare le emissioni, quel bambino nato stamattina, se camperà 100 anni, forse (e dico forse) quando morirà (nel 2122), morirà in un clima simile a quello odierno, dopo aver sperimentato continui aumenti di temperature per poi vedere un ripiegamento che impiegherà decenni per tornare (forse, ma solo se facciamo veramente i bravi), tra un secolo o più, agli attuali livelli, livelli che sono già (vedi Marmolada) completamente sballati. In poche parole: quel bambino, nato stamattina e che camperà 100 anni, vivrà tutta la sua vita in un clima più caldo di quello odierno.

Ma noi benestanti europei possiamo ragionare di arrivare a emissioni zero, magari investendo miliardi su rinnovabili o nucleare. In fondo, già oggi l’intera Unione Europea emette meno del 10% delle emissioni mondiali. Ma cosa ne pensano, ad esempio, Cina e India? Noi abbiamo un benessere che possiamo anche pensare di mantenere riconvertendoci a emissioni zero, ma loro? Loro che il benessere ancora non l’hanno conquistato? Diceva un delegato a Kyoto ad un rappresentante occidentale: voi andate al lavoro in macchina e noi in autobus con 50 persone. Voi dite di fermare le emissioni al tasso odierno, quindi voi continuerete ad andare al lavoro in macchina e noi in autobus affollati. Se non vi spiace, anche noi vorremmo andarci in macchina.

Quindi, abbandoniamo il pensiero magico. Mettere un po’ di pannelli solari in più non fa tornare il clima nei ranghi, almeno sinché noi siamo in vita. Abbandonare i fossili, ma su scala planetaria, potrebbe iniziare il lento cammino di rientro, cammino che però impiegherà decenni, se non secoli, e nessuno di noi vedrà.

So che non è un messaggio particolarmente ottimistico, ma nella situazione attuale la parola d’ordine è adattamento. Il clima sta cambiando, e imporrà scelte che possiamo solo intravedere. Di fronte al clima mutato, bisogna abbandonare ogni illusione di poterlo rimettere in carreggiata, l’unica cosa che possiamo fare è adattare il nostro comportamento e il nostro ambiente, le nostre colture, il nostro territorio, al clima mutato. E quindi, per esempio, evitare di andare per ghiacciai in estate, almeno nelle giornate più calde. E, nel contempo, limitazione delle emissioni per chi verrà tra un secolo. Quindi: adattamento e limitazioni. Il primo per vivere al meglio i prossimi decenni, le seconde per permettere ai nipoti di vivere.

E si pone quindi il dramma politico del cambiamento climatico. D’accordo, ho capito, bisogna imporre drastiche limitazioni, cioè sacrifici. Ma quale beneficio vedrò a seguito di questi sacrifici?

Nulla, abbandoniamo il pensiero magico: per quanti sacrifici facciamo, la temperatura aumenterà per decenni. E allora, perché fare sacrifici? Per limitare i danni, per permettere a coloro che vivranno dopo il 2100 di vivere in un ambiente vivibile.

Ma, io politico del 2022, sono eletto dagli elettori del 2022, non del 2100 e oltre. Devo chiedere ai miei elettori, oggi, di fare sacrifici, devo imporli per cosa? Per gente che vivrà tra un secolo e che non so nemmeno che faccia avranno?

Esatto, questo è il dilemma: ogni politico viene eletto dai suoi elettori, e ad essi risponde, non da quelli dei secoli successivi. E gli elettori accetteranno con entusiasmo di fare sacrifici per nessun beneficio, visto che la temperatura comunque continuerà ad aumentare?

E allora andiamo avanti o col negazionismo della destra americana o europea (il riscaldamento globale è una bufala) o con il pensiero magico di chi illude che, mettendo qualche Gw in più di pale o pannelli, si combatta efficacemente il riscaldamento globale e che la temperatura possa quindi diminuire subito, presto, in poco tempo. E che quindi valga la pena fare sacrifici, in cambio di risultati visibili e vivibili.

Ottima idea, basta che ne sia persuaso anche il cambiamento climatico. Il quale, però e purtroppo, ha altri progetti.

Post di Jack Daniel su facebook

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Fornisci il tuo contributo!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *