Il colpo di Stato in Turchia e il problema Islam
L’Islam sta diventando una minaccia per la pace nel mondo? Inutile girarci intorno. È questo l’interrogativo che incomincia a diffondersi e che è esorcizzato dai tanti che si ostinano a negare alla radice il problema .
Il bluff del colpo di Stato in Turchia ha ridicolizzato le forze armate da sempre garanti della laicità dello Stato turco, ha modificato la costituzione materiale cui seguirà, inevitabilmente e dopo una vasta epurazione negli apparati pubblici, una modifica di quella formale che sancirà l’islamizzazione della società e del potere. Dentro la Nato, alle porte dell’Europa, con 80 milioni di abitanti, un esercito strapotente, un’economia forte e florida una Turchia trasformata in uno Stato autoritario islamico non è certo una bella notizia. Un anticipo di ciò che significherà lo abbiamo già avuto con la stagione delle cosiddette primavere arabe dietro alle quali si è sviluppato un disegno di ridefinizione degli equilibri di potere e geopolitici nel Medio Oriente che ha nella distruzione dei regimi moderati e laici il suo passaggio obbligato. La Turchia, membro della Nato ed ex candidata ad entrare nella Unione Europea, ha già dato un suo contributo tentando di realizzare un disegno di espansione egemonica e territoriale per il quale, in combutta con l’Arabia Saudita, ha sostenuto in ogni modo l’Is puntando alla conquista di una parte della Siria.
Il quadro generale è quello di una lotta in corso da molti anni tra sciiti e sunniti nella quale l’Occidente ha avuto una parte, prima con la guerra tra Iran e Iraq, poi col sostegno alla guerriglia contro l’Urss in Afghanistan e, infine, con le sciagurate guerre che hanno distrutto due regimi autoritari, ma laici e stabili in Iraq e in Libia. Da qui ha preso le mosse una guerra fondata sul terrorismo che ha colpito soprattutto il continente africano e l’Asia. Usa ed Europa ne sono rimasti colpiti in misura comunque marginale.
A questa si è affiancata una crescente islamizzazione di popolazioni e stati che nei decenni passati avevano acquisito un minimo di identità nazionale laica spesso allontanandosi e scontrandosi con l’identità religiosa. Il nazionalismo arabo, il socialismo arabo (partito Ba’th), il panarabismo sono ricordi di epoche lontane ormai scomparse. La Turchia laica nata nel 1922 rischia di diventare anch’essa un ricordo. Ora ogni fazione in lotta, ogni gruppo che aspira a prendere il comando, ogni leadership che vuole il riconoscimento popolare si richiama all’identità religiosa come sua unica fonte di legittimità. Un popolo osannante un capo che impugna la religione (come sta accadendo in Turchia con Erdogan vittorioso sui golpisti) non ha nulla a che vedere con la democrazia. Uniche eccezioni la dittatura militare in Egitto e regimi più o meno democratici in Tunisia e in Algeria.
Il terrorismo è la modalità principale con cui viene condotta la guerra dell’Is sia in Medio Oriente che in Africa e in Asia. L’Is è un marchio tenuto insieme dalle conquiste territoriali che gli è stato permesso di compiere, dalla potenza legante di internet e dal disegno strategico (il Califfato) che intende realizzare. Disegno strategico di unificazione dei popoli islamici sotto un unico regime governato dalla sharia che ha come suoi nemici principali i governi in carica nei paesi islamici e l’Occidente con cui si alleano e fanno affari. Il terrorismo in Europa è funzionale a questo disegno e uno dei suoi scopi principali è aumentare la presa sui milioni di musulmani che vivono in Occidente sia per trarne altri combattenti sia per logorarne il rapporto con le società occidentali. Quest’ultimo è il problema che ci tocca più da vicino e merita qualche considerazione più ampia.
Abbiamo visto che i terroristi spesso nati e cresciuti in un paese europeo non sono mai musulmani esemplari (così come già fu per gli attentatori dell’11 settembre del resto) bensì giovani che vivono, nel bene e nel male, la vita che si può vivere in un qualunque paese occidentale. Sono, però, al pari dei tanti che sono partiti per combattere nelle file dell’Is in Siria e in Iraq, persone alla ricerca di un’identità. E la trovano facendosi saltare in aria o facendo strage di innocenti. Si può anche dire che siano dei disturbati mentali, ma lo sono in nome di una religione, inseriti in una rete mondiale, con un’assistenza logistica, con finanziamenti, con canali per trovare armi ed esplosivi, con finalità strategiche che li rendono un problema ben diverso da quello di un comune delinquente o teppista da stadio.
E qui veniamo al problema Islam. Sarebbe, infatti, lecito aspettarsi che i terroristi in Europa siano non solo isolati, ma smascherati e denunciati innanzitutto dalle comunità nelle quali vivono e che si riconoscono nella medesima fede religiosa. Finora non è accaduto e i quartieri a maggioranza musulmana in Francia e in Belgio sono stati l’acqua nella quale questi pesci hanno nuotato indisturbati. Perché è potuto accadere?
L’Islam così come si presenta a noi tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo è una realtà non assimilabile a quella di una qualsiasi altra religione. È, insieme, credo religioso, regola di vita, fondamento di stati, ideologia politica, collegamento tra moltitudini di persone per ogni altro aspetto lontane ed estranee. L’Islam è una religione senza un’autorità riconosciuta che ne aggiorni i contenuti e, per questo, si presta ai più svariati usi da parte di gruppi che si appigliano a questo o a quel passaggio dell’unico testo che ne stabilisca i precetti: il Corano. L’Islam si pone al di sopra di ogni autorità civile; nega la distinzione tra religione e Stato; costituisce l’identità unica e totalizzante delle comunità dei credenti. L’Islam è una religione militante che tende a non riconoscere l’autonomia dell’individuo e detta regole di vita e di comportamento vincolanti. Regole desunte dai versetti del Corano che, nella loro inevitabile secolare rigidità, non riescono a conciliarsi con il progresso dell’umanità e danno luogo a comportamenti inaccettabili specialmente sul versante dei rapporti tra uomini e donne e nei confronti delle libertà politiche e civili.
L’Islam è tutto questo, ma è anche scelta individuale ed è vero che nessuna responsabilità si può addebitare a chi professa la religione. Il problema, infatti, non è di considerare i musulmani colpevoli di qualcosa, ma di conquistarli ad accettare e condividere il sistema di valori e le regole che ci siamo dati dopo secoli di guerre culminate in due guerre mondiali con decine di milioni di morti. Non c’è massacro che ci possa stupire ed è per questo che siamo legittimati a combattere perché nessuno minacci la nostra pace.
Per questo, oggi, qui in Europa, la nostra principale battaglia è quella culturale per integrare le persone di fede musulmana convincendole a sentirsi parte di una comunità nazionale e a riconoscere lo Stato laico come superiore ad ogni autorità religiosa. Occorre togliere l’acqua ai pesci del terrorismo.
Ma c’è un altro problema perchè bisogna guardare lontano. La prospettiva di un partito islamico nei paesi europei immaginata da Houellebecq nel suo libro “Sottomissione” non è poi così assurda come si potrebbe immaginare e dipende solo dal numero di coloro che potrebbero sostenerlo. E, come sappiamo tutti, questo numero è in continua crescita con i migranti e con le seconde generazioni. Tuttavia si tratta di un evento che non è assolutamente auspicabile. Ciò che sta accadendo in Turchia ci deve mettere in guardia che la conquista culturale viene sempre per prima dell’uso della forza
Claudio Lombardi
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