Come va la scuola? Intervista alla preside del liceo Tacito di Roma

Intervista alla Prof.ssa  Giuliana Mori preside del liceo Tacito di Roma, 2 sedi, 720 alunni

1)      La prima domanda non può non riguardare l’apertura dell’anno scolastico. Com’è andata quest’anno? E perché è diverso dai precedenti?

Sempre con problemi nuovi e più difficili da risolvere. Per prima cosa  la riforma che ha cambiato e ridotto il quadro orario delle discipline; quindi diminuzione di cattedre e aumento del numero di insegnanti nelle singole classi.

Ad esempio nel liceo linguistico si è passati da 34 a 27 ore settimanali, con conseguente diminuzione del numero di insegnanti ed essendo diminuite, ad esempio, le ore di latino, per svolgere le sue 18 ore settimanali, un insegnante deve avere più classi e quindi all’interno di alcune, gli studenti avranno un numero maggiore di insegnanti. Questo comporta: una perdita di insegnanti da un lato e una frammentazione di essi  all’interno della stessa classe dall’altro; un maggior numero di valutazioni effettuate da insegnanti diversi e, quindi, con criteri di valutazione diversi; maggiore rischio di assenteismo che incide su più classi e va a scapito della qualità dell’offerta formativa.

Altra novità l’innalzamento del tetto minimo e massimo degli studenti nella composizione di una classe. Ciò ha prodotto classi affollate, in aule con spazi non adeguati, con difficoltà maggiori nello svolgimento della didattica e nel raggiungimento dei risultati di apprendimento.

Ultima, ma non meno grave novità, l’ora di lezione di 60 minuti, rispetto a quella precedente di 50. Con il recupero di quei 10 minuti, si potevano organizzare le supplenze, la materia alternativa, le visite di istruzione. Questo significa che, non avendo più fondi (perché tagliati o mai trasferiti, come per la materia alternativa), gli alunni resteranno soli in classe per molte ore con il conseguente svilimento dell’attività didattica e formativa.

La diversità di questo anno scolastico consiste nella numerosità delle novità da realizzare contemporaneamente e tutte penalizzanti con nessuna novità positiva.

2)      Un giudizio severo da chi, però, vede le cose in concreto. Molto si è scritto della riforma Gelmini, ma oltre ai tagli cosa succede? Cosa ne pensa chi dirige un istituto superiore?

E’ molto difficile far quadrare tutto e bene. Troppe mancanze, troppe sbavature, per cui ne risente la qualità tutta della formazione. E’ come dover preparare una cena ma le risorse economiche a disposizione sono limitate. Se la qualità delle materie prime è ridotta, è difficile ottenere un buon risultato. Tutto questo ricade sulla formazione di giovani che, non avendo il giusto e necessario apporto di risorse, si sentono abbandonati a loro stessi, si sentono non più al centro di un percorso individuale significativo, si demotivano e tutti noi ne risentiamo. Chi dirige prova un senso di delusione e frustrazione, perché vorrebbe dare il massimo, ma può farlo solo facendo riferimento alle proprie energie e a quelle di coloro  che hanno le sue stesse convinzioni, ci si scontra con margini sempre più ridotti di manovra.

3)      Risorse ridotte, quindi i tagli ci sono e si sentono. La domanda sorge spontanea: possiamo considerare la scuola solo un costo da ridurre il più possibile?

Molto spesso, è vero, le scuole sono male organizzate e producono sprechi, ma è pur vero che loro stesse si devono occupare della propria organizzazione,  senza che all’interno ci sia una figura professionale investita di tale ruolo. Gli istituti scolastici negli anni trascorsi hanno dovuto imparare la teoria dell’organizzazione, si sono dovuti informatizzare, solo perché al loro interno vige la regola del primo della classe, chi è più bravo a fare per primo quella cosa la fa altrimenti ci si arrangia, senza alcuna considerazione da parte dell’amministrazione centrale dei loro diritti e delle necessità di chi opera. Il ministero o gli uffici scolastici regionali non entrano mai nel merito dei problemi quotidiani di una scuola, non hanno indicatori per dire se una scuola è ben amministrata o no.

Non essendoci alcun criterio di gestione, si può dare o togliere, perché non esistono standard di valutazione della prestazione. In questo momento di ristrettezze sono stati individuati elementi che producono cassa e non più spesa, ma con questi cambiamenti non si riesce a controllare se il livello minimo di prestazioni è garantito.

4)      La questione del personale e della carta igienica: due estremi che colpiscono l’opinione pubblica. Il 97% dei fondi per la scuola vengono spesi per il personale e le famiglie devono portare la carta igienica. Aggiungerei anche che chiunque visiti una scuola pubblica rimane colpito dall’assenza di manutenzione degli edifici e dai rischi che, spesso, corrono alunni e personale. Cosa ne pensa un preside: bisogna tagliare i costi di personale o no?

Negli istituti tecnici, nei laboratori, operano tre figure del tutto sovrapponibili, il docente, l’insegnante tecnico pratico, l’assistente tecnico. Questo è uno spreco di personale. Tutti i problemi di edilizia e sicurezza sono estremamente veri. Il problema è che per troppi anni non ci si è preoccupati di questi aspetti ed ora rimettere tutto a posto costa tantissimo, si è costretti quindi a mettere in atto decisioni parziali che non risolvono il problema, lo rimandano soltanto.

5)      L’ultima domanda è quasi scontata: l’istruzione pubblica ha ancora un senso e un valore oppure è destinata alla decadenza e a lasciare spazio a quella privata, così ognuno si sceglie la scuola che vuole (e che può pagare?).

Se non si interviene con elementi forti di sostegno alle scuole, temo che la loro gestione peggiorerà sempre di più. Ad esempio Fioroni (ex ministro dell’istruzione) si è inventato fondi per i corsi di recupero. E’ stato un piccolo intervento, ma molto apprezzato da docenti, genitori, studenti, perché ha costretto tutti a seguire meglio e più da vicino il percorso di apprendimento dello studente. La scuola deve essere sempre più vicina alle diversità degli studenti, deve saper proporre apporti culturali in modo intelligente, non deve abbandonare, non deve lasciare  a loro stessi i ragazzi nelle loro difficoltà didattiche e adolescenziali. Ma se questa attenzione, che costa molta fatica e troppe energie a tutto il personale della scuola, non ci sarà la scuola è destinata a perire giorno dopo giorno. E allora sì che ognuno si dovrà pagare la scuola che si potrà permettere.

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