Con la partecipazione i servizi funzionano meglio: ancora sul comma 461 (di Claudio Lombardi)

Di questi tempi altre sono le notizie che vengono poste all’attenzione dell’opinione pubblica e giustamente perché si riferiscono a fatti e processi che chiamano in causa il futuro dell’Italia, i problemi e l’evoluzione del sistema democratico che la dovrebbe governare, la difficile strada di uno sviluppo economico e civile che migliori la vita di chi vive e lavora nel nostro Paese.

Ci sono, però, notizie di minor impatto che funzionano da indicatori di storie diverse che possiedono potenzialità positive tutte da esprimere e si basano su valori indispensabili per imboccare strade diverse da quelle sin qui percorse, ma non trovano spazio per emergere. Il tema è quello dei servizi pubblici locali, del loro sviluppo e del loro miglioramento. Ed è anche quello della partecipazione dei cittadini cui sono destinati questi servizi e che, da semplici utilizzatori, possono diventare attori protagonisti ed integrare l’opera di governo delle istituzioni locali.

Che la partecipazione faccia bene ai servizi dovrebbe essere evidente e logico dato che questi esistono per soddisfare le esigenze dei cittadini, sono da essi pagati (tariffe ed erogazioni pubbliche) e non possono che trarre giovamento dal ricevere le attenzioni della collettività. Perché di questo si tratta: delle collettività locali (l’insieme delle persone che risiedono in un territorio) che si prendono cura dei servizi pubblici. E come possono farlo se non facendo sentire la loro voce per dire se il servizio funziona ed è efficace, se è gestito bene e raggiunge gli scopi per i quali è stato messo in piedi? In effetti nessuna indagine di customer satisfaction e nessun sondaggio possono essere più efficaci di migliaia di occhi che guardano, di migliaia di menti che osservano e ragionano ed esprimono la loro idea di come dovrebbero andare le cose.

Il contrario, cioè il disinteresse e la trascuratezza che scarica sempre su altri la responsabilità quando le cose non funzionano, lo conosciamo fin troppo bene e ha già prodotto guai immensi per il Paese.

Ben venga dunque un passo avanti nell’attuazione del comma 461 della legge 244 del 2007 che disciplina la partecipazione dei cittadini e delle loro associazioni al governo, al controllo e al miglioramento dei servizi.

Approvata nel dicembre del 2007, questa norma dalla portata “rivoluzionaria” non è stata finora applicata. Soltanto alcuni protocolli di intesa fra enti locali ed associazioni dei cittadini hanno sancito l’intenzione di applicarla; anche una regione, la Puglia, si è aggiunta ai bene intenzionati e un’altra, il Piemonte, ne ha deliberato l’estensione ai servizi regionali. Ma di realizzazione concrete ancora nessuna notizia.

Adesso il Protocollo fra numerose associazioni di consumatori e la confederazione delle aziende dei servizi locali (Confservizi) firmato nei giorni scorsi spinge in avanti la possibilità che il comma 461 non resti lettera morta.

Va dato atto a chi ha voluto il Protocollo di aver messo un punto fermo sulla strada del rafforzamento di un settore importante sia per il suo peso economico che per gli effetti sulla coesione sociale e sulla qualità della vita. Anche la credibilità delle istituzioni locali è chiamata in causa dal funzionamento dei servizi e la partecipazione dei cittadini non può che essere considerata come un’istituzione, informale e “immateriale” sì, ma molto concreta per il valore e per l’effetto che può avere.

Vale la pena riportare alcune parti del Protocollo e valutarle con attenzione.

Nella premessa si auspica “un nuovo assetto dei servizi pubblici locali fondato sulla concorrenza nella regolazione, sull’utilizzo più efficiente delle risorse pubbliche” mantenendo però l’universalità dei servizi e incrementando la qualità delle prestazioni.

Si precisa poi che nel comma 461 “confluiscono e s’intrecciano” qualità dei servizi, qualità della spesa pubblica, efficienza della pubblica amministrazione, contenimento dei costi a carico dei cittadini. Nel Protocollo vengono poi decisi un percorso che guidi verso l’attuazione del comma 461 ed azioni concrete per costruire le condizioni giuste a partire dal coinvolgimento delle rappresentanze nazionali degli enti locali e da attività di informazione e formazione.

Tutto corretto e sacrosanto, ma non basta. Ciò che si può osservare è che il Protocollo va considerato solo l’avvio di un lavoro che dovrà necessariamente tradursi in iniziative locali di realizzazione del nuovo sistema di governo e di controllo. Sarà decisivo, perciò, che le amministrazioni dei comuni, delle province, dei consorzi, ma anche delle regioni (investite a partire dal 2011 di nuove competenze nella gestione delle acque e dei rifiuti) assumano la decisione di avviare l’attuazione delle norme. Ma non basterà. Perché non si tratta solo di applicazione di norme, bensì di suscitare e costruire una partecipazione di cittadini competenti e informati che è parte essenziale del comma 461. Anzi, è questa la parte veramente innovativa che contraddistingue il comma 461 e quella che rappresenta la vera intenzione del Legislatore. Se non si affermasse e se non venisse messa al centro non cambierebbe niente rispetto ad oggi.

Ecco perché un Protocollo non basta ed ecco perché il compito più difficile spetta alle associazioni dei cittadini che sono sì chiamate ad essere partner delle amministrazioni e delle aziende locali, ma soprattutto ad essere la voce e l’intelligenza collettiva degli abitanti del territorio. Qui bisogna che quanto sancito in Costituzione (lo Stato e tutte le sue espressioni territoriali favoriscono l’iniziativa autonoma dei cittadini per la cura degli interessi generali, art. 118) si realizzi senza incontrare ostacoli e che il “favoriscono” sia sentito come un obbligo di politica istituzionale per chi rappresenta e dirige enti locali e regioni.

Alle associazioni dei cittadini spetta di essere consapevoli dei propri limiti e di avviare una grande campagna di informazione e di coinvolgimento dei cittadini aprendosi e sollecitando la loro partecipazione senza la quale il nuovo sistema non si potrà realizzare. Sarebbe una bella cosa se le associazioni firmatarie del Protocollo convocassero assemblee popolari e se si formassero comitati esecutivi di cittadini che si prendessero cura dell’attuazione del comma 461, magari rinunciando ognuna alla cura del proprio punto di vista particolare. Magari ne potrebbe derivare un fenomeno nuovo nel panorama dei movimenti e della democrazia italiana: quello dei cittadini che si fanno Stato e che trovano un terreno di incontro comune nel riconoscimento e nella cura degli interessi generali.

Claudio Lombardi

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