Coronavirus: una testimonianza da Brescia
Ho cercato in questi ultimi giorni di pensare a quanto possa essere bello il mondo, quanto bella la vita lontano dal nostro inferno quotidiano attuale. Ho provato anch’io cosa significa il fatto che il respiro è l’origine di ogni nostro atto, di ogni nostro pensiero, di ogni nostro sentimento: anch’io sono un reduce.
Per la prima volta, dopo una quarantena lunghissima, sono uscito a comprare pane e giornali, ed ho visto decine di cartelli ad ogni angolo di strada sui quali sta scritto sotto un arcobaleno, “andrà tutto bene”. Tutte le parole che ho incontrato, però, hanno un solo protagonista: il virus e la sua azione distruttiva, non un altrove pieno di sole e di gioia di stare al mondo sotto un radioso arcobaleno.
Ho incontrato un amico da una vita, della mia età, al quale è morta la moglie proprio una settimana fa, per lo stesso motivo per cui muoiono in tanti in questi giorni. Gli ho fatto la solita stupida domanda dietro la mascherina: come va? E lui: “vivo solo per ricordarla, credimi”. Come faccio a non crederti? E’ la mia generazione quella che sta pagando il tributo più alto, la generazione del baby boom, quella che voleva cambiare il mondo e che ora ha sui settant’anni. Avevamo un complesso alla fine degli anni ‘60, io e quel mio amico, un complesso di sei elementi, quando ognuno aveva il suo, per sentirsi protagonista di un cambiamento culturale epocale, che investiva tutto il mondo anche su questo aspetto. Lui suonava l’organo ed il pianoforte, io cantavo e intrattenevo, ed ogni tanto m’inserivo col sax. Ogni tre anni, dopo quell’esperienza, ci ritrovavamo tutti e sei per suonare e cantare il nostro cavallo di battaglia: “A whiter shade of pale”, dei Procol Harum, in italiano “Senza luce”; poi andavamo a cena e parlavamo delle nostre occasioni perdute. Il nostro batterista si è spento quattro giorni fa, in un reparto di terapia intensiva di Brescia. Gli altri tre del complessino: il chitarrista, il bassista, la violinista, non hanno resistito che quindici giorni, dopo la scoperta del coronavirus, anche perché operatori sanitari molto esposti. Effetti collaterali, hanno azzardato i medici loro colleghi, preoccupati sì, ma pieni di grinta perché convinti d’essere dentro una guerra. Siamo rimasti solo noi due. “Senti”, gli ho detto, “dovremo vederci quando potremo parlarci senza mascherine, “dobbiamo tornare a suonare “Senza luce” che è ormai l’inno dei salvati della nostra generazione, almeno per il momento”. E lui, “sì, li rappresenteremo tutti”.
Perchè è potuto accadere che la mia Lombardia sia diventata di gran lunga la prima regione al mondo per numero di contagiati e di morti? Al 19 aprile, 34.497 contagiati, 12.213 morti. E le cifre non sono reali dicono, sono in difetto, in grande difetto, perchè non si sa bene quanti sono i morti in casa, e quanti, con precisione, quelli che hanno lasciato la loro vita dentro le “case di riposo”. Perchè è accaduto in queste dimensioni, perché sta ancora accadendo? Qualcuno ce lo può dire? Ce lo possono dire i responsabili politico/istituzionali di questa Regione martoriata, che hanno deciso cosa fare con molti tentennamenti dopo aver permesso assembramenti catastrofici, quando era necessario chiudere tempestivamente, perché nessuno conosceva veramente il coronavirus ed erano necessarie molte cautele in più. Questi uomini politici sono alla guida di questa Regione e della sua organizzazione sanitaria da troppi anni, tanti da non permetterci di escludere che su questa questione della salute si sia creato un sistema di potere che potrebbe lucrare, dico potrebbe, persino sulla malattia. Perchè il mio medico di base è rimasto subito contagiato ed è ancora ricoverato, e quello che lo ha sostituito è già in terapia intensiva? Perchè quando mi rivolsi a lui era così impotente di fronte alla pandemia, e mi disse “siamo semplicemente dei burocrati noi medici di base qui in Lombardia, siamo stati smantellati e non è partita alcuna assistenza domiciliare”? Perchè tanti altri medici, gli stessi infermieri, che lavorano senza tregua, e gli encomiabili volontari, sembrano diventati i principali vettori di contagio, chiusi come sono dentro i loro ospedali? Perchè mentre si decidevano in tutto il Paese misure di distanziamento sociale, in Lombardia si andava a concentrare i contagiati ed il personale sanitario negli ospedali? Perchè le case di riposo, le RSA che sono pubblico/private, sono diventate più contagiose degli ospedali, avendo ricevuto dagli ospedali stessi, degli infetti per liberare dei posti di terapia intensiva, e sembrano oggi le sale d’aspetto dei cimiteri, dove le persone muoiono completamente sole, senza sapere perché, con gli occhi sbarrati e la bocca aperta a cercare tracce d’ossigeno, a volte legate al proprio letto, secondo alcune testimonianze?
C’è persino una delibera della Giunta Regionale che autorizza questi spostamenti e fissa il risarcimento per le case di riposo. Perchè al San Raffaele di Milano, ospedale privato, secondo i giornali, un tampone viene a costare 1.300 euro? Quanto rendono in termini di profitto gli ospedali, i centri di analisi, dov’è consueto il connubio tra pubblico e privato, fiori all’occhiello propagandati ovunque, a tal punto da essere diventati i luoghi di riferimento di tanti pazienti, o clienti, d’Italia? Quanto drenano queste strutture, che sono vere e proprie aziende, dal resto dell’Italia? Qual’è il rapporto tra medicina di base, votata per ruolo e vocazione alla prevenzione ed alla diagnosi precoce, e medicina specialistica, dove operano specialisti che sono contemporaneamente pubblici e privati? Dov’è l’assistenza domiciliare, che sarebbe il presidio più robusto in qualsiasi pandemia, capace per sua natura di mettere una distanza tra un contagiato e l’altro, ed anche con gli operatori sanitari?
Lasciateci lavorare in pace, è la risposta di qualche “responsabile” politico regionale, appoggiato dall’ineffabile Salvini, sempre presente sui social, che paiono evidentemente essere il suo luogo di lavoro, e forse di svago, diurno e notturno. Oh, inconsapevoli di ciò che dite e fate, per non dire altro di più sapido: se questo è il risultato, lasciarvi lavorare in pace è più pericoloso del virus stesso. Siccome la pandemia non è finita ed è possibile, secondo gli scienziati, che ci sia una seconda ondata, dirci cos’è accaduto, e come, e perché, e dirci cosa e come intendete cambiare, è un dovere politico, sociale, morale, civile. E’ vostro, non di Dio, o del Papa. E nemmeno solo della magistratura, che si sta già muovendo, ma cerca di verificare, com’è giusto che sia, eventuali responsabilità individuali, non di sistema. Non è ai magistrati che competono le responsabilità del sistema, ma a coloro che lo hanno costruito e ancora lo gestiscono, da venticinque anni, ed a coloro che, stando all’opposizione, dovrebbero tenerlo sotto controllo, e magari fare battaglie per un suo cambiamento.
Roberto Saviano può anche non avere la bonomia di un nonno soddisfatto della propria vita, può anche essere un guerriero pugnace laddove sarebbe necessaria un po’ di moderazione, magari anche di misericordia, ma di solito è documentato e fa le domande giuste. Le ha fatte anche sulla Lombardia. E merita risposte vere, come del resto l’opinione pubblica che non ha, o non vuole avere le fette di salame sugli occhi. Non, peggio ancora, insulti e minacce. Lo ha fatto a suo tempo con il Mezzogiorno d’Italia, che è la sua terra d’origine, a proposito della camorra, rischiando in proprio. Perché non dovrebbe farlo con la Lombardia, nelle condizioni di peggior malato del mondo? Dov’è la lesa maestà? E’ un fissato della mafia? Ma la mafia è molto di casa nel nostro Paese: la mafia raccoglie denaro e controlla molti territori anche al Nord, la mafia è in Borsa, la mafia ricatta e controlla uomini politici e aziende, la mafia corrompe, o uccide chiunque le sbarri la strada, anche i magistrati. La mafia italiana non è un’invenzione di Die Welt e nemmeno di Le Monde. Perchè si deve pensare che abbia risparmiato la sanità, così satura di interessi privati, che rappresenta il 75% dei bilanci regionali? Noi lo sappiamo che non è così. Saviano scrive su giornali stranieri, dicono i detrattori, danneggia l’Italia. “Ma fatemi il piacere”, risponderebbe Totò.
“Andrà tutto bene”?! E’ questo che ci si ostina a dire, rischiando di non vedere la realtà a furia di immaginarla diversa, dato che, si dice, non bisogna deprimere i bambini. Si, sarebbe un delitto deprimere i bambini: ricordo “la vita è bella”, un film di Benigni sui campi di sterminio, dove il protagonista trasforma la realtà in una favola, per proteggere il suo figlioletto. Ma la realtà nella quale viviamo noi ora non è Auschwitz: il coronavirus non è il nazifascismo. E tornerà ancora tra qualche mese, secondo gli scienziati. Dipende da noi cosa deve essere. Allora cominciamo a cambiarla la realtà, facendo tesoro dell’esperienza fatta, invece di immaginarla solamente, diversa e illuminata dall’arcobaleno. Cominciamo da noi stessi, unendo ragione e sentimento.
Lanfranco Scalvenzi
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