CORRUZIONE: le norme e i problemi aperti (di Angela Masi)
DEFINIZIONE
Uno dei principali problemi da affrontare nell’analisi del problema corruzione è rappresentato proprio dalla difficoltà di individuarne una definizione che possa essere ampiamente condivisa e rappresentare un concetto di comune riferimento e definisca gli ambiti di applicazione e competenza dei diversi strumenti normativi ed autorità coinvolti.
La corruzione, secondo il codice penale italiano è il delitto commesso dal pubblico ufficiale che, per compiere un atto del suo ufficio (cfr. Art. 318 c.p.), o per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio (cfr. Art. 319 c.p.), riceve, per sè o per un terzo, in denaro od altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne accetta la promessa.
La scelta operata dalle principali Convenzioni internazionali in materia (prima fra tutte la Convenzione ONU contro la corruzione) è stata quella di rinunciare a prevedere uno specifico reato denominato come “corruzione”, preferendo indicare una lista di reati che vengono considerati come espressione di atti corruttivi o comunque rientranti nell’alveo della corruzione. Fra questi, accanto alle tipiche condotte legate alla promessa, offerta o dazione di “tangenti”, intese come vantaggio o beneficio non dovuto, anche di ordine non economico, si annoverano il peculato e/o la malversazione, il traffico di influenza, l’abuso di poteri, l’illecito arricchimento. Inoltre, traendo ispirazione dallo specifico capitolo sulle misure di prevenzione della Convenzione ONU contro la corruzione, vengono in rilievo le tematiche del conflitto di interessi, delle “lobbies” e del finanziamento dei partiti politici, delle dichiarazioni patrimoniali dei pubblici funzionari, dell’integrità e dei codici etici di comportamento, della formazione e della cultura alla legalità, della promozione della partecipazione della società civile, del rapporto con i media per veicolare una informazione corretta ed adeguata. Va altresì considerato il sistema dei controlli, con particolare riferimento alla gestione della finanza pubblica.
STATO DELLA NORMATIVA
In attuazione dell’art. 6 della convenzione dell’organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione e dopo anni di aspro dibattito politico è stata finalmente approvata la cosiddetta “legge anticorruzione”, la Legge 6 novembre 2012, n. 190 intitolata “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”.
E’ il primo tentativo di dotare il nostro paese di un “sistema quadro” contro la corruzione che non si limiti a misure repressive penali, ma che contenga importanti misure preventive
La legge prevede principalmente
1. Un ufficio per la vigilanza
La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità dell’amministrazione (la Civit, esistente da alcuni anni) con questa legge opererà quale Autorità nazionale anticorruzione con i seguenti compiti: approvare il Piano nazionale anticorruzione predisposto dal dipartimento della Funzione pubblica; esprimere pareri facoltativi agli organi dello Stato e a tutte le amministrazioni pubbliche; esercitare la vigilanza e il controllo sull’effettiva applicazione e l’efficacia delle misure adottate; riferire al Parlamento con una relazione entro il 31 dicembre… Il governo, tuttavia, si è corretto in corsa inserendo nel ddl di stabilità l’emendamento del sottosegretario Antonio Catricalà che istituisce il commissario anticorruzione: questa nuova figura, messa a capo dell’Autorità nazionale anticorruzione, potrà avvalersi del «braccio armato» della Guardia di Finanza. Il nuovo commissario sarà un prefetto o un magistrato. La nuova Civit/Autorità, grazie agli articoli anticorruzione curati dal ministro Filippo Patroni Griffi, cambia comunque pelle acquisendo poteri ispettivi e di vigilanza.
2. La misura anti «cricche»
Si chiama traffico di influenze illecite e riguarda i mediatori opachi, i lobbisti che agiscono fuori dalle regole e gli esponenti delle varie cricche che assediano i palazzi della politica. Il nuovo delitto sarà rubricato all’articolo 346 bis del Codice penale (da uno a tre anni di reclusione). In questo modo si tenta di difendere con un «cordone sanitario» il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione, andando a sanzionare comportamenti che eventualmente possono essere anticipatori della corruzione.
3. Corruzione tra privati
Nasce il reato di corruzione tra privati (pena da uno a tre anni di reclusione) grazie a una revisione dell’articolo 2635 del codice civile. Si procede d’ufficio nel caso in cui vi sia una distorsione della concorrenza nell’acquisizione di beni e servizi (quindi non più solo a querela di parte).
4. Concussione
Viene sdoppiato il reato di concussione che oggi è punito con pena da 4 a 12 anni: 1) la concussione per costrizione nei confronti del privato da parte del pubblico ufficiale che avanza una richiesta in forza della sua autorità sarà punita con pena da 6 a 12 anni; 2) la concussione per induzione (quella di cui è accusato l’ex premier Berlusconi per aver telefonato in questura a Milano quando chiese la «liberazione» di Ruby presentandola come la nipote di Mubarak) sarà punita con pene da 3 a 8 anni. La rimodulazione verso il basso delle pene per questa seconda fattispecie comporta un minor tempo per la prescrizione: i processi pendenti in Cassazione sono 36 e di questi, con le nuove regole, 17 rischiano di estinguersi entro il mese di aprile del 2013.
5. Rotazione tra i dirigenti
Nella prima parte della legge, quella dedicata alla prevenzione, sono state inserite anche le nuove regole che riguardano dirigenti, impiegati pubblici e imprese che hanno rapporti con l’amministrazione statale. Oltre alla rotazione più frequente dei capi ufficio e al monitoraggio periodico del rispetto dei tempi delle procedure, la legge si occupa della Scuola superiore della pubblica amministrazione che predispone percorsi di formazione dei dipendenti sui temi dell’etica e della legalità.
6. Sanzioni accessorie:
i dirigenti e gli impiegati condannati con sentenza passata in giudicato per un reato di corruzione dovranno rispondere, oltre che con la sospensione dal servizio e dallo stipendio, anche per danno erariale e all’immagine della pubblica amministrazione. Ogni prefettura, infine, istituisce l’elenco dei fornitori e prestatori di servizi non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa.
7. Le toghe fuori ruolo
L’articolo 18 del testo— quello che pone un limite di 10 anni agli incarichi fuori ruolo dei magistrati (ordinari, amministrativi e contabili) — è un corpo estraneo al provvedimento che ha rischiato di far saltare il banco. Nell’ultima versione si stabilisce che «tutti gli incarichi presso istituzioni, organi o enti pubblici, nazionali e internazionali attribuiti a posizioni apicali e semi apicali, compresi quelli di titolarità di ufficio di gabinetto, attribuiti a magistrati… devono essere svolti con contestuale collocamento in posizione fuori ruolo». Tutta la trattativa si è svolta sulle eccezioni e sul destino dei tanti magistrati amministrativi che esercitano il doppio lavoro (consiglio di Stato e incarichi nei ministeri) e che avranno, dal giorno di promulgazione della legge, 180 giorni per fare la loro scelta.
8. Condannati incandidabili
Sull’incandidabilità dei condannati in via definitiva a pene superiori ai due anni la legge non prevede norme prescrittive ma solo una delega al governo esercitabile «entro un anno».
I PROBLEMI APERTI
Le perplessità sul neo-approvato ddl anticorruzione sono molte, dal dimezzamento delle pene previste nel caso di concussione per induzione alla difficoltà delle indagini ad hoc, dal mancato inserimento del reato di autoriciclaggio alla prescrizione.
I problemi aperti in tema di corruzione rimangono, principalmente:
1. Lo scambio elettorale politico-mafioso
Per scambio elettorale politico-mafioso si intende il patto che avviene tra membri appartenenti alle Istituzioni e membri della criminalità organizzata in occasione del voto. Ad oggi la legislazione non riesce a garantire una adeguata tutela dall’infiltrazione delle mafie della vita istituzionale del nostro Paese, poiché l’articolo 416 ter del Codice Penale considera solamente il denaro come termine di baratto in cambio di “protezione” elettorale. Molto più spesso, invece, il patto si basa su promesse di informazioni su appalti pubblici, posti di lavoro da garantire ai clan presenti sul territorio, salvaguardia dall’azione repressiva ostacolando in diversi modi il lavoro delle forze di polizia, ma anche poltrone e cariche influenti.
2. La confisca dei beni ai corrotti
Nonostante le previsioni normative, l’istituto della confisca e soprattutto quella dell’assegnazione dei beni confiscati ai corrotti resta pressocchè inapplicata.
La norma del 2006, contenuta nella Finanziaria 2007, che come per i mafiosi prevede che a una persona che è stata condannata per un reato in materia di pubblica amministrazione, al di là di quello che ha intascato, possa essere confiscato tutto ciò che è sproporzionato rispetto al suo reddito. La norma è stata poi recepita nel Codice antimafia del 2011 che, però, ha eliminato la destinazione obbligatoria dei beni a interventi di edilizia scolastica e per l’informatizzazione del processo. Nel 2008, le misure di prevenzione per la confisca sono state estese dai mafiosi a chiunque sia pericoloso e vive col provento dei delitti. È il caso dei rapinatori, estorsori, ricettatori, ecc. Ma devono essere reati ripetuti nel tempo, non occasionali.
Angela Masi
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