Covid 19: contagi e superficialità

Basta prendere un po’ le distanze dalle polemiche quotidiane che durano da mesi sulla pandemia da coronavirus per restarne turbati. Già abbiamo dimenticati i morti, le terapie intensive piene, i malati lasciati a spegnersi a casa senza cure? Già abbiamo dimenticato la paura che tutti hanno provato?

Mettiamo da parte le menti distorte che considerano il covid 19 nient’altro che un’invenzione del Potere per sottomettere più facilmente le proprie vittime. Non importa che tra queste “menti” ci siano anche quelle di vari intellettuali e persino di medici. Antepongono alla realtà il filtro di una loro allucinazione. Con questi non c’è discussione, ma solo separazione netta.

Con tutti gli altri che dubitano della pericolosità del virus, invece, bisogna discutere perché non sono pochi e i loro comportamenti possono danneggiare chiunque. Lo si è visto nel caso delle vacanze e delle discoteche, ma anche della cosiddetta “movida”. Fare come se il virus fosse veramente morto o indebolito sta portando ad una ripartenza del contagio che, se dovesse diffondersi oltre i focolai di origine, porterebbe ad enormi problemi.

Quanti erano i positivi asintomatici e sintomatici magari scambiati per normali malanni stagionali tra dicembre e febbraio? Non si sa perché o non si conosceva l’esistenza del coronavirus o non lo si riteneva in grado di colpire oltre la Cina. Però c’erano ed erano tanti. Ora lo sappiamo. Si formò in quel periodo il brodo di coltura che è poi esploso a marzo e aprile portando a decine di migliaia di morti e a centinaia di migliaia di ammalati gravi. Chi nega la pericolosità del virus ripete che si tratta di morti “con” il covid e non a causa del covid. Osservazione particolarmente stupida e superficiale visto che i camion con le bare da bruciare altrove non si erano mai visti prima. Se fossero state solo morti ordinarie i cimiteri non avrebbero dato forfait. Forse a chi si fissa su un’idea preconcetta difetta un minimo di intelligenza.

Oggi si sta ripetendo lo stesso schema: molti si comportano come se il virus non esistesse e il contagio si diffonde. Per fortuna ora si sa di cosa si tratta, ci sono cure più efficaci, ci sono posti negli ospedali, nei negozi, negli uffici e nelle strutture sanitarie le protezioni sono obbligatorie  e, soprattutto, molti italiani rispettano le regole di prevenzione.

I cosiddetti negazionisti non si rendono conto che invitano a giocare con la salute degli altri non con la propria. Purtroppo ci sono anche alcuni “professori” e medici che da settimane si mettono in mostra dichiarando l’indebolimento o la morte del virus. Un comportamento abbastanza scorretto perché sembra vogliano farsi belli delle battaglie combattute nei mesi scorsi, delle regole di comportamento che ne sono scaturite e della prudenza di milioni di persone. Cosa accadrebbe se seguissimo il loro invito, implicito ed esplicito, ad abbandonare ogni precauzione?

Poi ci sono i politici – primo fra tutti Salvini – che, ben sapendo di essere un esempio per tanti loro ammiratori, vanno predicando, con l’autorevolezza della loro posizione pubblica, che è finito il tempo dei divieti e delle precauzioni.

A marzo – aprile uno slogan molto popolare diceva: andrà tutto bene. Purtroppo non è stato così e i ritardi, le incertezze, la confusione che tuttora si registrano (la scuola innanzitutto) mettono in luce più che la fragilità del governo in carica, l’inadeguatezza di una classe dirigente e di un sistema istituzionale/amministrativo. Invece di esibire come esempio un’arrogante superficialità alcuni politici potrebbero individuare le debolezze e i limiti e su quelli proporsi come alternativa credibile.

L’insieme di questi fatti – comunicazione superficiale di alcuni esperti, esempio di leader politici, inefficacia delle misure decise dal governo e confusione di livelli di rappresentanza e di gestione delle istituzioni (anarchia regionale) – sta portando gli italiani alla disarticolazione dei comportamenti che hanno un effetto sugli altri. Il “faccio come mi pare” già molto radicato nella cultura civile nazionale mostra in questa situazione tutta la sua pericolosità. È fin troppo evidente che la tendenza anarcoide e individualista  di molti italiani viene favorita e incentivata da messaggi ed esempi che vengono da chi sta ai vertici della società e dello Stato. Molti altri, però, mai come adesso, avvertono il desiderio di vivere in una società civile. Durante il lockdown l’Italia ha stupito il mondo. Gli italiani si sono comportati con disciplina e compostezza. Che non si trattasse solo della minaccia della repressione lo dimostra il fatto che in buona parte si continua ancora così. Quasi tutti hanno avuto paura e hanno seguito le indicazioni delle autorità. Cosa ci vuole a capire che non dobbiamo arrivare ad avere di nuovo paura e che prevenire è meglio che correre ai ripari dopo?

Claudio Lombardi

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