Covid 19: non sta andando tutto bene

Una Pasqua così non si è mai vista. Ricorda i versi di Salvatore Quasimodo: “Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera”.

Si è detto che siamo in guerra, ma lottare contro il Covid 19 non ha nulla della guerra. Mancano le distruzioni, la furia bellica, la volontà di annientamento reciproco con ogni mezzo, l’estrema penuria, la fame. È tutto in ordine – i palazzi, le fabbriche, le strade – anzi, è tutto più in ordine di prima e più pulito perché manca l’attività degli esseri umani. Le strade deserte delle grandi città sono affascinanti, ma incutono timore perché sono negate. Una incredibile restrizione della libertà. Ma è l’unico rimedio per ora.

Il Covid 19 è una brutta bestia, un nemico invisibile e inafferrabile. Il distanziamento sociale è un’arma vecchia come il mondo, rozza ed imprecisa. Blocca tutti per bloccarne una parte e funziona finchè viene usata. Nel 21° secolo ci saremmo aspettati armi di precisione capaci di colpire obiettivi individuati con intelligenza. E ci saremmo aspettati una capacità di prevedere gli eventi che è, invece, del tutto mancata. Tutti i governi sono arrivati all’appuntamento della pandemia impreparati. Anche quelli che avevano davanti agli occhi la sorte di chi aveva iniziato prima hanno negato la possibilità che potesse toccare anche a loro. Al dunque, tutti hanno scoperto che mancavano attrezzature indispensabili e basilari come le protezioni individuali (mascherine, guanti, disinfettanti per le mani), ventilatori polmonari, posti di terapia intensiva. E tutti – è incredibile – hanno motivato la loro impreparazione con la novità del virus. Come se la storia dell’umanità, anche quella recente, non sia stata una lunga sequela di pandemie e come se il mondo degli agenti patogeni fosse a noi del tutto sconosciuto.

Nel nostro Paese, a due mesi e mezzo dalla proclamazione dello stato di emergenza sanitaria e ad oltre quattro mesi dalle prime notizie di una polmonite di origini sconosciute che si stava diffondendo a Wuhan (trasmesse ai governi dai servizi segreti di mezzo mondo), il coronavirus continua a fare ogni giorno tanti morti e a far registrare migliaia di nuovi contagiati. Sembra quasi che in una parte del Paese si sia creato un “serbatoio” di contagiati che non  si esaurisce, ma che, si alimenta tuttora. Si poteva evitare? Forse in parte sì. Esisteva un piano antipandemia che risale al 2007; se fosse stato seguito poteva essere diversa la metodologia degli interventi puntando da subito sulla medicina del territorio e sull’individuazione ed isolamento dei positivi. E i dispositivi di protezione sarebbero stati immagazzinati in modo da distribuirli fin dall’inizio al personale sanitario ospedaliero e territoriale. In fin dei conti che servissero lo si sa da tanti anni (almeno da un secolo come dimostrano le foto dei tempi della “spagnola”) e non c’era bisogno dell’esplosione piena della pandemia per agire.

Non tutti hanno reagito alla stessa maniera però. Veneto ed Emilia Romagna hanno imboccato una via diversa dalla Lombardia e hanno ottenuto risultati importanti.

Il caso delle Rsa è emblematico e adesso ci penserà la magistratura ad indagare sull’assurdità di inserire pazienti Covid positivi nelle residenze per anziani malati, assistiti dallo stesso personale al quale, addirittura, era stato vietato il ricorso alle protezioni individuali. Ciò che si può dire è che si è trattato di un caso di imbecillità e arroganza all’ennesima potenza che ci deve far riflettere sulle mani nelle quali viene consegnato il potere e su chi controlla.

Il regionalismo sanitario che governa il Servizio sanitario nazionale si è dimostrato inadeguato? Bisogna rispondere di sì e che un più forte coordinamento e indirizzo centrale è indispensabile. In ogni caso incertezze, disorientamento ed errori hanno caratterizzato anche le azioni del governo nazionale.

Non sta, dunque, andando tutto bene. Nemmeno sul fronte politico si può contare sulla lungimiranza e sulla capacità di unirsi per difendere l’Italia e gli italiani della nostra classe dirigente.

L’opposizione di destra non ha mai smesso dall’inizio della crisi di attaccare il governo alla ricerca costante della sua delegittimazione. Giorgia Meloni che ha parlato di alto tradimento per un accordo europeo che organizza interventi finanziari sì limitati, ma reali (e senza i quali saremmo alla bancarotta), a marzo inoltrato proponeva elezioni anticipate forse confondendo gli interessi dell’Italia con quelli della sua fazione. Salvini, reduce dalla scandalosa esperienza come ministro dell’interno, voleva la crisi di governo e tuttora dichiara la sua piena ostilità al Presidente del Consiglio. È un gioco al massacro che ci rivela molto della destra italiana. Lo si può percepire anche dai titoli dei giornali che ne interpretano lo spirito che è gretto, meschino, rozzo, limitato. Uno sfascismo volto solo alla conquista del potere senza idee per il governo.

Per evitare la catastrofe bisogna appoggiarsi alle forze politiche che, nel governo e fuori, conservano una visione lucida, equilibrata, concreta. Sarebbe questo il tempo dell’unità nazionale, ma, se non la si può avere per manifesta incapacità di alcuni partiti che puntano sullo sfascio, bisogna almeno tentare di costruirla tra gli italiani.

Tutti devono capire che nella gravissima crisi in corso perdersi nella propaganda tra fazioni contrapposte sarebbe un disastro per l’Italia. Andare a litigare in Europa non ha senso e nemmeno proclamare che ne faremo a meno. Il buonsenso e la lungimiranza in questa situazione sono un dovere patriottico. Non sarebbe male trarre dalla cultura popolare un detto molto utile in molte situazioni: “aiutati che Dio ti aiuta”.

Agli italiani bisogna dire la verità perché non credano che l’orgoglio nazionale che li ha mobilitati in queste settimane possa tradursi in miracoli oltre la realtà delle cose

Claudio Lombardi

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