Dalla crisi dei pronto soccorso al superbonus
L’Italia è un paese di contraddizioni. I Pronto soccorso sopravvivono grazie al sacrificio di chi ci lavora e all’intervento (a caro prezzo) di medici “a gettone” e di pensionati che vanno qui e là a tappare i buchi. La spesa sanitaria cresce trainata dall’invecchiamento della popolazione, dall’estensione delle cure e dai loro costi. I cittadini sanno che le liste d’attesa si superano pagando i servizi privati. Così ai 124 miliardi del Fondo sanitario nazionale si aggiungono altri 30-40 miliardi di spesa diretta.
In altri campi, invece, lo Stato spende molto e volentieri. La pace fiscale (condono) costerà cara. Anche la flat tax per gli autonomi fino a 100 mila euro di reddito costerà. In tre anni centinaia di miliardi sono volati via in bonus, sussidi ed elargizioni (a tutti e senza controlli). L’invenzione del superbonus 110% che finora impegna lo Stato a spendere 60,5 miliardi (per la ristrutturazione di 326 mila edifici) è l’approdo di una politica di spesa pubblica facile. Ora però una ricerca del Censis certifica che in Italia esiste l’albero degli zecchini d’oro. L’effetto del superbonus sull’economia sarebbe di oltre 3 volte la spesa effettiva a carico dello Stato. Benissimo, ma allora perché limitarsi a regalare ristrutturazioni edilizie ai privati? Tutto bisogna regalare: auto, vestiti, generi alimentari in un moto perpetuo di spesa pubblica che produce ricchezza. E vissero felici e contenti
17 novembre 2022
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