Democrazia, governabilità, legge elettorale

Giorgia MELONI in questi giorni ripete spesso che la parola sul Governo deve esser restituita al “Popolo” indicendo nuove elezioni.

Secondo la leader di FdI l’incarico a Mario DRAGHI costituisce un’anomalia rispetto ad un corretto processo democratico.

A mio avviso, invece, l’incarico a DRAGHI non è una forzatura, bensì conseguenza di un meccanismo elettorale non sufficientemente orientato a determinare condizioni favorevoli alla governabilità a valle del voto.

Tale carenza è confermata dalle difficoltà incontrate per la formazione degli ultimi governi giallo-verde e giallo-rosso; anche nelle convulse fasi che hanno preceduto la loro definizione, veniva invocato il voto come soluzione.

Ma, a meno che non scaturiscano da condizioni eccezionali, l’evenienza di elezioni a distanza ravvicinata nonché quelle indette prima della normale scadenza della legislatura, mi paiono una sconfitta della democrazia e comportano inefficienze nell’azione di governo che risultano sempre meno accettabili.

Per evitarle occorrerebbe disporre di una più appropriata legge elettorale.

Al riguardo, in Italia, negli ultimi quarant’anni, numerose sono state le soluzioni sperimentate che, però, non hanno sortito effetti particolarmente efficaci a favorire la governabilità.

Mi pare che i sistemi via via individuati dal Parlamento, abbiano sacrificato, magari non intenzionalmente, l’obiettivo di ottenere esiti univoci dalle consultazioni, alla preoccupazione di lasciare comunque, post voto, significativi margini di manovra a eletti, partiti e altri centri di potere.

La ritrosia in tal senso è a mio avviso confermata dal fatto che siano state adottate leggi elettorali alquanto articolate, schemi ibridi che cercavano di mediare tra diverse impostazioni (es., un po’ di maggioritario e un po’ di proporzionale).

Sebbene il tipo di modello elettorale non sia il solo fattore che ne influenza l’esito (incidono certamente anche: la presenza di una o due Camere, la numerosità dei Parlamentari, ubicazione e dislocazione delle Circoscrizioni elettorali, ecc.), secondo me meriterebbe considerazione l’ipotesi di puntare sul modello a doppio turno. Nel primo turno i votanti potrebbero così esprimere le loro preferenze più gradite e poi, nel secondo turno, a valle dell’esito del primo turno e delle indicazioni di partiti e candidati, si troverebbero ad effettuare una scelta che, pur non essendo, in molti casi, quella ritenuta ottimale, dovrebbe portare a risultati più propizi alla creazione di governi stabili.

Renzo Giovanni Nantiat

 

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