Diario lombardo della pandemia: il caso dei Navigli
Negli ultimi giorni a Milano vi è stata una significativa polemica scatenata da alcune foto che immortalavano i Navigli pieni di giovani che sorseggiavano birra. Qualche pseudo-giornalista è arrivato addirittura ad affermare che i trasgressori sui Navigli non sono “veri milanesi” ma immigrati meridionali. Io, meridionale arrivato a Milano quasi vent’anni fa e barricato in casa dallo scorso 8 marzo non riesco neanche ad adirarmi sentendo queste sciocchezze. Evidentemente qualche pseudo-giornalista è convinto di avere superpoteri che gli consentono, con una foto in mano che ritrae venti ragazzi di cui non si distinguono nettamente le facce, di indentificare milanesi etnici e “terroni fuori sede”.
Premetto che vivo ad oltre 6 chilometri dai Navigli e la mia principale fonte di notizie è qualche amico che vive in quella zona di Milano. Sabato mattina ho scambiato qualche Whatsapp con un amico residente della zona che mi racconta che venerdì ha contato almeno 15 troupe televisive alla ricerca di trasgressori e pur avendo, decreto alla mano, diritto ad un aperitivo d’asporto, pur essendo munito di guanti e mascherina, è tornato a casa a mani vuote. Venerdì sera l’assembramento sui Navigli l’hanno fatto i giornalisti.
E’ intervenuto il Sindaco Sala, affermando che se non cambieranno i comportamenti chiuderà i Navigli.
Ora siamo in una situazione in cui la verità sta nel mezzo, o meglio si rischia di avere bande che si scontrano esprimendo due posizioni entrambe drammaticamente sbagliate.
Quando ho visto la foto dei Navigli pieni di giovani la mia mente è tornata ad una vecchia foto di Agrigento, la mia città di origine, con il tempio di Castore e Polluce attaccato ai palazzi di 8 piani del Viale della Vittoria. Ad Agrigento c’è un fenomeno diffuso e deprecabile di abusivismo edilizio, con molte villette costruite all’interno di un’area archeologica, e ciò va condannato senza se e senza ma e le villette abusive devono essere abbattute; tuttavia i palazzi che sono rappresentati in quella foto attaccati al tempio di Castore e Polluce si trovano ad almeno un paio di chilometri dal tempio greco. La storiella dei Navigli è la stessa, c’era qualche decina di giovani, tanti gruppi di due tre amici, con distanziamento tra i gruppi, ma non all’interno dei gruppi; i fotografi hanno sfruttato le loro abilità per gonfiare un problema che esiste, ma non ha certo la portata dirompente che qualcuno ci racconta. La versione della foto che gonfia le folle è stata raccontata da molti su Facebook. Io non sono un testimone diretto, ma questa versione mi pare accettabile.
Credo che il Sindaco Sala faccia bene a dire che è pronto ad adottare misure restrittive ma questo non ci deve far perdere la lucidità per distinguere tra responsabilità individuali e responsabilità relative alla gestione della crisi.
Lo scorso 4 maggio, dopo quasi due mesi, sono state attenuate le misure restrittive alla libertà di movimento in vigore a Milano – in tutta la Lombardia e in altre 11 Province dell’Italia settentrionale – da quasi due mesi. E’ inevitabile che l’attenuamento delle misure di contenimento – che non possono certo durare per sempre – porti ad un abbassamento del livello di attenzione, e questo avviene in un contesto in cui in Lombardia si sono contati 500 nuovi casi il 9 maggio e 300 il 10 maggio e 85 nuovi decessi il 9 maggio e 62 il 10 maggio. Io vivo in una zona semiperiferica di Milano, nella mia via da 55 numeri civici si contano 5 bar. Non posso dire di aver visto in questi giorni piccoli dehore con trenta persone in pochi metri quadri, ma di certo ho spesso visto gruppetti di 2/3 persone, così come ho visto troppa gente, minoranza certo, ma forse pericolosa, con mascherina indossata male o in mano, pronta da indossare qualora si vedesse un vigile in lontananza.
Viene il dubbio che la narrazione dei Navigli che traboccano di gente sia funzionale a spostare il focus del dibattito dalle responsabilità di parte pubblica alla responsabilità individuale. Io auspico severe punizioni per chi furbescamente tiene la mascherina a portata di mano senza indossarla, ma penso che i quasi 15.000 morti lombardi, che qualcuno dice potrebbero in realtà essere il doppio, siano conseguenza di scelte sbagliate di lungo periodo come la scarsità di investimenti nella sanità territoriale e scelte sbagliate nella gestione dell’emergenza quali la mancata creazione di una zona rossa ad Alzano e Nembro, lo scarso numero dei tamponi effettuati in relazione alla popolazione della Lombardia ed all’intensità dell’epidemia e la gestione delle residenze per gli anziani. I giornalisti farebbero meglio ad interessarsi di più a dirigenti che vietano ai dipendenti di usare le mascherine e meno alle presunte riprese della movida. Infine mi chiedo se, visto che è fisiologico che la lenta ripartenza produca un calo di attenzione non sia opportuno che il Comune e la Regione si attivino con campagne volte ad enfatizzare comportamenti raccomandabili quali la necessità di tenere le distanze.
Salvatore Sinagra
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