Dissesto idrogeologico: non solo questione di soldi
Prendiamo spunto da uno dei tanti articoli che cercano di capire perché le opere contro il dissesto idrogeologico restano spesso incompiute o hanno ritardi clamorosi. Andrea Fioravanti su www.linkiesta.it torna su un’analisi della Corte dei Conti pubblicata alla fine di ottobre. In questo documento si afferma che «le risorse effettivamente erogate alle Regioni a partire dal 2017 rappresentano solo il 19,9 per cento dei 100 milioni di euro in dotazione» al Fondo Progettazione. Creato nel 2015, quel fondo serve per progettare le opere pubbliche anti dissesto, ma gli ultimi dati disponibili dicono che solo il 10% delle opere potenziali avevano un progetto concreto. Senza, non possono partire i cantieri.
Questo aspetto che potrebbe apparire minore aiuta a capire perché della decina di miliardi che i governi hanno stanziato negli ultimi anni ben pochi si sono tradotti in opere concluse o almeno iniziate. “Burocrazia, incapacità dei Comuni nell’elaborare i progetti, iter infiniti e vertenze impediscono di rimettere a posto i ponti, le strade e le scuole danneggiate dal maltempo. Un sistema inefficiente che costringe a riparare invece di prevenire”. E poi “procedure inadeguate, revisioni di progetti approvati e procedure di gara non svolte, scarso monitoraggio, assenza di comunicazione tra Stato e Regioni”. Insomma la decisione di spendere che viene invocata e poi sbandierata come un grande successo serve solo ai politici per piantare una bandierina, ma non significa, di per sé, nulla di concreto.
La Corte dei Conti, sempre a proposito del Fondo progettazione, parla di una «mera raccolta di richieste di progetti e di risorse, talvolta non omogenee, senza addivenire ad una vera e propria programmazione strategica del settore». Non male per un problema che non è certo una sequela di emergenze inaspettate, ma una caratteristica ben conosciuta della fragilità del territorio italiano.
Ovviamente pesa il cambiamento climatico che fa aumentare fino al triplo le piogge violente che fanno esondare i fiumi e spingono le frane. Ma il punto cruciale è sempre la capacità di spendere i soldi. Anche quelli che provengono dalla tanto deprecata Unione europea. Secondo l’Agenzia per la coesione territoriale dal 2007 a oggi le regioni Italiane hanno speso appena il 20% degli 1,6 miliardi concessi da Bruxelles tramite i fondi dedicati al dissesto idrogeologico.
Soldi europei e soldi dal bilancio italiano. Probabilmente non c’è governo negli ultimi vent’anni (e oltre) che non abbia deciso il suo bravo stanziamento per la sistemazione del territorio. Che fine hanno fatto i tanti (tantissimi) soldi stanziati? Aspettano di essere spesi o sono spariti dai bilanci perché è passato troppo tempo.
Qualche calcolo e nell’articolo si dimostra che la spesa effettiva si aggira intorno a un decimo degli stanziamenti decisi. Il problema è sempre la procedura e chi la deve eseguire. Ricorda Fioravanti che “bisogna prima inserire i fondi in un piano triennale di opere pubbliche, poi lasciare alle Regioni il compito di richiedere i fondi e infine lasciare ai Comuni il compito di redigere i progetti specifici e segnalare alle Regioni dove intervenire. Tra il programmare e il progettare possono passare tanti mesi. E il 69% degli 8100 comuni italiani ha meno di cinquemila abitanti. Non tutte le amministrazioni possono vantare geometri competenti o almeno tenaci nel seguire l’iter burocratico per inserire i progetti nella piattaforma Redis, il software previsto dal ministero che permette di sbloccare i fondi solo se la Regione approva il progetto del Comune”.
C’è poi un altro aspetto. I fondi stanziati sono sempre pluriennali. Per esempio la legge di Bilancio ha già stanziato 3,5 miliardi per la messa in sicurezza e l’efficientamento energetico delle oltre 7.400 scuole, ma all’interno di un piano che va dal 2020 al 2034. Solo 100 milioni saranno erogati per il 2020 e 450 milioni fino al 2022. Quindi sono finanziamenti previsti, ma ad oggi non disponibili nel loro ammontare complessivo. Ne arriva una parte ogni anno e non è indifferente se la capacità di spenderli si crea solo in un indefinito futuro.
Nulla di stupefacente, ma una realtà ben conosciuta: la lagna sui soldi che mancano è sempre molto popolare, ma ben pochi sanno che i soldi ci sono e che il vero problema è che vengono spesi poco e male. Stesso discorso va fatto per i fondi europei che l’Italia non riesce a spendere e che spesso sono stati dispersi in tanti rivoli inutili se non in veri e propri sprechi anche clientelari (sagre paesane, finti corsi di formazione professionale e micro progetti di dubbia utilità e senza valore strategico).
Così è l’Italia ed è meglio conoscere la verità invece di crogiolarsi nel vittimismo e in un ridicolo nazionalismo da operetta
Claudio Lombardi
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