Donne garanti del welfare in Italia a pena di esclusione! (di Angela Masi)

Il Global Gender Gap Report 2010 del World Economic Forum riporta il divario di opportunità tra uomini e donne in 134 Paesi. Riguardo all’accesso femminile al potere politico l’Italia si classifica 54esima.

Secondo un recente studio dell’ISTAT, le donne in Italia costituiscono più del 50% dell’elettorato attivo, mentre le parlamentari italiane continuano a essere un’esigua minoranza: le donne che siedono nei seggi della Camera rappresentano circa il 21% degli eletti, mentre al Senato le elette sono pari al 18% del totale.

Quando le donne, insomma, scelgono di occuparsi della vita pubblica, la loro partecipazione è oggettivamente ostacolata. Così come l’accesso sempre più massiccio ai gradi alti della formazione scientifica e professionale non avviene senza fatica, senza incontrare ostacoli e pagando prezzi sensibilmente più alti rispetto agli uomini, così anche l’accesso ai luoghi della politica sconta la difficoltà delle donne a conciliare i tempi di vita e di lavoro con quelli della politica.

La crescita della quantità e della qualità delle donne nei luoghi istituzionali della decisione politica attiene, dunque, a una più generale e profonda trasformazione della politica in senso democratico ed è una questione che investe l’intera società. Non vi possono essere efficaci politiche a favore delle donne senza che le donne siano protagoniste delle scelte. Perché non si promuove empowerment “in nome” delle donne ma “con” le donne e grazie al loro impegno.

Il tema delle libertà delle donne e del loro autodeterminarsi come soggetto politico pone l’accento anche su due questioni cruciali: la violenza sulle donne e l’utilizzo del corpo della donna.

Anche in questo caso, dati provenienti dalle associazioni che si occupano del tema, possono essere illuminanti: in Italia viene uccisa una donna ogni due/tre giorni e nel 70% dei casi viene consumato nel luogo considerato il più protetto e insospettabile, la casa.

Il carnefice è nella maggioranza dei casi (75%) il marito, il convivente, l’ex compagno e solo in minima parte (6%) uno sconosciuto.

Ci sono poi vecchie-nuove forme di violenza (lo stalking, il linguaggio volgare ed insultante) così diffuse nel nostro Paese da essere diventate una modalità comunicativa e fattiva consolidata tra uomo e donna in tutti i settori e, in modo particolare, nella politica. Il veicolo sono innanzitutto i media dove si registra una regressione tale da prefigurarsi come il paradigma di un malcostume diffuso che ha trovato nell’ex Presidente del consiglio Berlusconi e in tutta la compagine governativa perfetti interpreti e profeti.

Succede così che le donne escluse dal lavoro, dalla politica, dall’economia, sono onnipresenti nella loro corporeità, nella loro fisicità, nude, completamente esposte, in tutti i programmi televisivi, persino nei telegiornali, sulle copertine delle riviste, sulle fiancate dei mezzi pubblici, nelle pubblicità.

Ecco perché la prevenzione, il supporto giuridico, l’intervento dei garanti da soli non bastano a produrre il cambiamento culturale necessario.

La crisi economica e i tagli al welfare, effettuati anche dal governo tecnico, fanno sì che l’erogazione dei servizi alla persona sia gettata in gran parte sulle spalle delle donne che si trovano ad essere produttrici (involontarie) di servizi gratuiti.

Infatti, tutte le attività di cura: dei figli, degli anziani, dei malati sono sulle spalle delle donne. Così meno welfare pubblico significa – per il principio di sussidiarietà – più famiglia e cioè più donne in casa.

Un’ultima considerazione: i diritti non vanno solo difesi, ma vanno rinnovati, migliorati, coltivati perché di generazione in generazione da essi germoglino nuove e diverse opportunità. Limitandosi a difenderli, li si rende statici, fermi, fissi, e in quanto tali, aggirabili.

L’impressione è che nel nostro Paese i diritti delle donne, dopo aver conosciuto un’evoluzione straordinaria negli anni Settanta, si siano irrigiditi, bloccati.

Investire sulle donne non è solo una questione di giustizia di genere, ma una necessità per lo sviluppo del Paese.

Non è pura e semplice critica mossa dal mondo femminile a quello maschile, ma una sveglia puntata all’orecchio delle donne, e anche con un tono di allarme sostenuto e reiterato: svegliatevi e attivatevi perché il vostro ruolo non è solo in funzione del riconoscimento e dell’approvazione maschile.

Angela Masi

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