E adesso parliamo di referendum (di Michele Pizzuti)
Ma come, ne abbiamo parlato fino ad ora e adesso ricominci?
Sì, ricomincio. Intanto ne parlo fino a lunedì. Fino alle 15. E poi pure dopo le 15 e dopo lunedì. Intendo lanciare una proposta di modifica costituzionale. Come semplice cittadino. Attivo. Ma una riflessione breve breve sui referendum di oggi, prima di partire in quarta, la voglio fare. Stiamo decidendo se aprire o chiudere una strada. Abbiamo messo sul tavolo problemi veri che toccano la vita delle persone e la possibilità di avere fiducia nel governo della collettività e nelle persone che ne hanno la responsabilità. Quindi, innanzitutto, questo è un invito al voto. Propendo per almeno un paio di SI. Ma che anche chi dice lo NO lo esprimesse esplicitamente.
Detto questo non voglio parlare dei referendum, ma di referendum.
Referendum abrogativi? Sì, certo: sono la mia passione! E proprio per questo, ritengo che così come sono regolamentati adesso, non vanno. Non vanno assolutamente. La paura che il popolo, i cittadini si esprimano in via diretta è sempre alta. Troppi problemi, tanti ostacoli, regole irragionevoli.
Io ho una semplice idea, attenzione, non da azzeccagarbugli o da leguleio costituzionalista, ma da cittadino presuntuosamente pensante. Una idea semplice che si spiega in cinque passi.
Un referendum popolare abrogativo può essere indetto con le stesse procedure attuali più le seguenti e sostanziali modifiche:
1) Firme: oggi sono necessarie 500.000 firme. La mia proposta è che ce ne vogliano il doppio: un milione. Il tempo per la raccolta dovrà essere aumentato (di 30/60 giorni?) per dare maggiori possibilità di raggiungere questo ambizioso target (oggi il limite è di 90 giorni). La raccolta sarà naturalmente faticosa ed incerta, ma proprio la raccolta delle firme deve diventare l’asse prioritario di tutto l’ambaradam, premiata dal punto 5, che chiarisce i motivi di questa apparente farraginosità.
2) Procedure: oggi, dopo la faticosa raccolta delle firme, la Cassazione verifica che tutto sia a posto (firme, numero, autenticità). OK. Questo ci deve stare.
3) Ammissibilità: superato questo scoglio, spetta alla Corte Costituzionale decidere sull’ammissibilità del referendum stesso. Cavolo – mi viene da dire – dopo tutta la fatica che ho fatto mi bocci la mia proposta abrogativa proprio dopo aver tagliato il traguardo perchè non rientra nelle norme (tipo un trattato internazionale)? E non me lo potevi dire prima? Quindi, mi sembra evidente che questa valutazione debba essere fatta prima della raccolta delle firme. Se si inizia a raccoglierle si sa già che si sta facendo un lavoro che non sarà mandato all’aria.
4) Stop a modifiche: fermo restando il rinvio della data del voto se ci sono elezioni anticipate, una volta dato l’OK, il parlamento da quel momento e sino all’esito del voto, non può più intervenire con ritocchi su quella legge. Stop! Questo per evitare che una piccola norma votata in fretta e furia, da una parte o dall’altra, dia adito alla Corte Costituzionale (che deve valutare se quel ritocco inficia il referendum) di fermare il gioco. Con quel che ne consegue. Quindi nulla. Legge congelata. Si resta in attesa del parere del popolo e si evitano trucchetti. Poi, dopo, ci sarà tutto il tempo di fare una legge. Ma quando ci si è appellati ai cittadini, si sono raccolte le firme e tutto sta filando liscio, prima si esprimono i cittadini e poi il Parlamento. Sennò ci poteva pensare prima, no?
5) Quorum. Al voto, al voto! Questo è il punto rivoluzionario. Mi hai fatto faticare e un milione di cittadini hanno richiesto il referendum. Mi hai detto che ho rispettato le norme. Hai stabilito la data, la correttezza del quesito e poi se solo venticinquemilioni di cittadini si recano alle urne ma manca un voto per raggiungere la maggioranza, mi invalidi la votazione? E che, siamo ad una assemblea del condominio? No, non sono d’accordo. Non ci dovrà essere più quorum che tenga e che renda nullo il voto se non si raggiunge il 50% più uno degli aventi diritto. Per cui (esempio): se votano in tutto 400 persone e 199 votano NO e 201 votano SI, il referendum è valido e la legge è abrogata. I sostenitori del no, se ci tengono, vanno a votare e fanno valere le loro ragioni.
Semplice, no? E allora pensiamoci da martedi in poi.
Michele Pizzuti
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