E-democracy: una strategia, non un gadget (di Angela Masi)
La partecipazione dei cittadini alla vita pubblica non è fatta solo di norme né di semplice espressione di opinioni, critiche o proteste. La partecipazione non è un termometro sociale da tenere in considerazione con l’occhio rivolto alle competizioni elettorali, ma deve essere il fondamento di un sistema. I cittadini organizzati conoscono i problemi che istituzioni e apparati pubblici devono affrontare, contribuiscono a definire le soluzioni, partecipano alla verifica dell’efficacia e ai controlli successivi. Ovviamente non tutte le politiche possono essere affrontate direttamente dai cittadini organizzati perchè partecipazione non è sostituzione, non è negare le competenze di apparati, esperti, tecnici e politici, ma integrazione e trasparenza.
In precedenti articoli (https://www.civicolab.it/new/category/stato-cittadini/partecipazione-stato-cittadini/) abbiamo parlato di partecipazione sotto vari profili, ma bisogna dire che, oggi, non è pensabile senza quella che viene definita e-democracy. L’uso dell’ICT, a sostegno della partecipazione dei cittadini alla vita delle istituzioni (appunto: e-democracy), è un campo di applicazione delle nuove tecnologie ancora poco sviluppato, ma sul quale negli ultimi anni è fortemente cresciuto l’interesse tanto dei governi nazionali e degli organismi internazionali, quanto delle comunità locali.
Siamo ancora in una fase sperimentale. Chi volesse approfondire può farlo a questo indirizzo http://biblioteca.formez.it/webif/media/e-democracyLG.pdf
Componente fondamentale dell’e-democracy è costituito dall’e-government, cioè da un insieme di strumenti e azioni per l’accesso alle informazioni e agli atti di governo via internet.
Sino ad ora, però, la maggior parte di queste esperienze si sono risolte nella diffusione di siti internet istituzionali, con (al limite) dei forum per la pubblica discussione.
Ma l’e-democracy è un concetto più ampio e riguarda tutti quelli che si impegnano in politica. Un esempio d’applicazione radicale di e-democracy è quello attuato dal Partito Pirata Italiano (dicembre 2011) che usa LiquidFeedback, sviluppato per il Partito Pirata Tedesco, come unico strumento deliberativo della comunità.
Nel giugno 2013 alcuni parlamentari del Partito Democratico, di Scelta Civica e di Sinistra Ecologia e Libertà hanno aderito a una piattaforma di e-democracy, basata su liquidfeedback, promossa dalla senatrice PD Laura Puppato.
E’ bene precisare che partecipare via Internet alle decisioni della politica non significa dire sì o no a una legge con un clic. Anzi questa è una banalizzazione della Rete che ai cittadini digitali può e deve offrire molto di più.
La diffidenza verso i partiti, infatti, ha diffuso in Italia un increscioso equivoco sul significato della cosiddetta e-democracy. La profonda sfiducia nei politici ha portato molti a pensare che sia possibile affidare le decisioni direttamente ai cittadini attraverso il Web: un clic e si stabilisce se approvare o no una legge, un emendamento, una delibera. Un’ipotesi affascinante, in teoria che si concretizzerebbe una sorta di iperdemocrazia in cui il cittadino torna a casa dall’ufficio e in una mezzoretta approva o boccia la riforma del lavoro, aumenta o diminuisce le pene per gli evasori fiscali, abolisce o raddoppia l’Imu.
Si tratta, però, di un equivoco, anzi di una grossolana banalizzazione che ridurrebbe a un rapido “mi piace” le straordinarie opportunità reali che Internet offre alla crescita e all’ampliamento della democrazia. L’apertura di nuovi spazi di dialogo tra cittadini e amministrazione pubblica che integrano e rafforzano le forme tradizionali di partecipazione è una cosa diversa e più complessa.
L’informazione, la consultazione e la partecipazione attiva forniscono all’amministrazione una migliore base per formulare le politiche pubbliche, ma anche per avere una più efficace attuazione delle decisioni perché i cittadini prendono dimestichezza con le politiche che hanno contribuito ad elaborare con la loro partecipazione e valutano i risultati.
Si tratta in definitiva di meccanismi di apprendimento e di scambio di informazioni tra cittadini, politici e apparati pubblici per individuare soluzioni, per cogliere esigenze e bisogni che magari restano inespressi attraverso i canali classici della democrazia rappresentativa. Se tutto funziona a dovere, grazie all’informazione, alla consultazione ed alla partecipazione attiva, è possibile migliorare la qualità delle politiche pubbliche, aumentare la fiducia nelle amministrazioni e contribuire al rafforzamento della democrazia.
Insomma vale la pena prenderla sul serio l’e-democracy e non considerarla un gadget da esibire ai convegni e alle fiere, ma un vero e proprio obiettivo strategico che coinvolge enti, istituzioni, amministrazioni, associazioni, partiti.
Angela Masi
Cara Angela Masi,
la informiamo che nella primavera del 2012 si è svolto il primo esperimento di democrazia deliberativa e partecipativa all’interno dei partiti, a cui è stata applicata la metodologia delle doparie (http://doparia.mit.edu/show-help-topic?faq-doparie+italian).
I risultati (http://dopariepress.altervista.org/258124375/) sono oggetto di diverse pubblicazioni scientifiche (vedi http://lsdeliberation.wikispaces.com/file/view/Klein_MIT_DeliberatoriumEvaluation-v3_revised.pdf)
grazie per l’attenzione