E se non bastasse regolamentare la finanza? (di Salvatore Sinagra)

Da qualche tempo a Bruxelles non si fa altro che parlare di regolamentazione della finanza, si parla di vigilanza europea del settore bancario (la così detta Unione Bancaria), di segregazione dell’attività di banca di deposito dall’attività di speculazione, si parla Tobin tax, si spera si torni presto a parlare di agenzie di rating; tutti provvedimenti che se ben fatti potrebbero dare un grande contributo e probabilmente anche se varati con qualche aspetto da limare potrebbero dare un segnale ai mercati, eppure bisogna chiedersi se basta regolare la finanza per guarire un’economia malata.

Dice l’ecologista ed ex leader del maggio francese Cohn Bendit la crisi attuale è economica, finanziaria ed ecologica, dice l’economista liberista Zingales non tutta la finanza è marcia e non tutta l’industria è sana, però General Motors che non è una banca a lungo è stata una delle imprese peggio gestite al mondo. La considerazione che non solo la finanza, ma tutta l’economia necessita di nuove regole unisce quindi esponenti di primissimo rilievo del mondo politico e accademico anche se con posizioni politiche distanti e inconciliabili.

E’ tempo di chiedersi se l’Unione Europea possa ancora tollerare (o meglio se è stato giusto tollerare) fabbriche che inquinano come l’Ilva, governi dell’Europa mediterranea come di qualche paese dell’est che hanno deciso di convivere con la corruzione e con la criminalità o il fenomeno delle morti bianche.

Forse non solo nel mondo della finanza è opportuno ritornare a chiamare gli imbroglioni con il loro nome e non furbi. Inoltre le riforme necessarie non si limitano alla repressione dei reati.

Forse l’Unione Europea ha sbagliato a non spingere verso l’armonizzazione delle imposte dirette e a non condannare senza se e senza ma sia i singoli, sia le istituzioni che hanno tollerato l’evasione fiscale, il risultato è stato una profonda distorsione del mercato interno. Si è cercato di impedire difformità sulle accise sull’alcool di mezzo punto percentuale  e si sono tollerate differenze di venti punti sull’imposta sul reddito delle società, che di certo caratterizza un sistema fiscale più di un’accisa. Questo avevo concluso cinque anni fa, quando nessuno pensava alla Grecia e allo spread e stavo scrivendo la mia tesi di laurea sui sistemi  dei paesi dell’Europa orientale; a questo ho ripensato quando ho letto dei tanti greci che stanno portando le loro imprese in Bulgaria, ove gli utili sono tassati al 12%.

Mi colpisce poi il fatto che si parla molto di Tobin tax, ma a nessuno sia venuto in mente di ragionare sulle ampie esenzioni che godono in taluni stati membri le plusvalenze su titoli, partecipazioni e immobili e sul trattamento forse troppo favorevole dei redditi di capitale.

Il vero tema è che le imposte dirette incidono notevolmente sulle politiche redistributive e sociali degli stati membri, e fissare il numero degli scaglioni dell’imposta sui redditi delle persone fisiche è una scelta molto più politica dell’aliquota Iva, però se si vuole un mercato unico equo e competitivo i governi devono accettare di condividere anche le leve puramente politiche. Devono capire che l’economia non è solo finanza e che l’Europa non è solo economia.

Salvatore Sinagra

1 commento
  1. Guido Grossi dice:

    Sono tre gli interventi necessari ad una azione efficace.

    Servono tutti e tre. Farne solo uno o due non serve proprio a nulla.

    1) recupero delle leve di governo dell’economia che oggi sono state cedute .. ai mercati finanziari (BCE, FMI e MES non rispondono al Parlamento né al Consiglio: rispondono ai mercati finanziari. Non vederlo è grave).

    Le leve sono:

    – moneta (in America è il Congresso che da ordini al Tesoro e alla FED.. noi abbiamo dato tutto ad una banca centrale che per legge non risponde a nessuno);

    – bilancio (avanzo/disavanzo di bilancio servono a raffreddare/stimolare l’economia quando l’azione dei privati non basta… noi ci abbiamo rinunciato.. così decidono i soli mercati);

    – tasse (anche queste servono solo per raffreddare/stimolare consumi e investimenti se si governa l’emissione di moneta ed il debito. Ma servono egregiamente – inoltre – ad operare una distribuzione di costi/benefici nella società, Ridistribuiscono il reddito).

    2) lotta alla corruzione. Inutile far bere il cavallo (dare risorse al sistema) se il cavallo è pieno di parassiti.. starà male egualmente.

    Ora si è capito che l’attacco alla corruzione è portato in questi giorni sui media solo per fare un favore al Monti bis… (c’è sempre stata la corruzione in Italia .. guarda caso esce proprio ora.. sotto elezioni..).
    La realtà è che bisogna liberarsi sia dei partiti corrotti, sia di questo governo che dietro la “presunzione di competenza tecnica” opera scelte “politiche” a danno dei cittadini ed a favore dei mercati finanziari.

    3) riformare il sistema bancario/finanziario; è un compito POLITICO, non può e non deve essere una scelta concessa alla BCE (sostenerlo è grave).

    La tobin tax, per favore, smettiamola di menzionarla. L’iva la pagano i consumatori, non le aziende. Esattamente come questa tobin tax sarebbe trasferita fino all’ultimo centesimo ai clienti. Si può anche fare, ma soloper alzare due lire.. non certo per combattere la finanza.

    Riformare il sistema bancario/finanziario vuol dire:

    – separare il credito commerciale dalle attività finanziarie (titoli e derivati).

    – disciplinare il credito commerciale ri stabilendo la responsabilità della scelta di allocazione in capo alla banca e non al cliente come oggi avviene grazie alla commistione con la finanza. E le banche che sbagliano devono fallire, con il management a chiedere l’elemosina sotto i ponti, non liquidato a fior di milioni. Lo Stato deve garantire i depositanti – non le banche ed i loro manager;

    – disciplinare la finanza tramite: divieto assoluto di derivati complessi (sono una truffa perseguibile a norma dell’arto 640 cp); disciplina dei derivati semplici (uso solo professionale) separazione in soggetti diversi (senza intrecci azionari) delle varie attività: esecuzione ordini, conto proprio, consulenza, collocamento.. etc etc. Chi sbaglia paga. E qui, lo stato non ha bisogno di intervenire. Deve essere vietato categoricamente l’intervento dello Stato a salvare queste banche d’investimento.

    Altrimenti il gioco è truccato: vince sempre il banco.. e noi paghiamo

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