Elezioni amministrative a Napoli: un’istantanea tra primo turno e ballottaggio (di Fabio Pascapè)
La dinamica elettorale in corso a Napoli pone svariati interrogativi. E’ una vera e propria cartina al tornasole dei processi partecipativi e, più in generale, dello stato dell’arte del rapporto del cittadino con la politica e con il rilievo che questi avrebbe potuto avere nel processo di individuazione (prima ancora che di elezione) dei propri amministratori.
Certamente il processo è ancora in corso e questo, quindi, limita il respiro dell’analisi. E’ tuttavia possibile svolgere alcuni rilievi.
Per quel che concerne le candidature la loro definizione è stata condizionata, ovviamente, dal fatto che queste consultazioni arrivano al termine di un periodo di governo del centro sinistra che, non solo è durato circa 18 anni, ma che è stato caratterizzato in massima parte da un allineamento istituzionale sia con la Regione che con la Provincia.
Per la individuazione dei candidati la coalizione di centro-destra e quella di centro hanno, in buona sostanza, seguito un processo più o meno tribolato, ma tutto interno ai ranghi di partito ed alla relativa dialettica. L’area di centro sinistra è invece stata caratterizzata da una particolare difficoltà di scelta che ha avuto uno sviluppo complesso. Un primo tentativo è stato quello delle primarie che, però, sono finite con un nulla di fatto, per vicende interne di partito, ma con un grosso clamore mediatico che non ha certo rafforzato la fiducia dei cittadini. Nel bel mezzo di questa crisi Luigi de Magistris si è autoproposto come candidato e questo è avvenuto addirittura in parziale disaccordo anche con Italia dei Valori che è il suo partito di appartenenza. Sul suo nome non è stato trovato un accordo e quindi il Partito Democratico è ritornato sui suoi passi rinunciando definitivamente a consultare gli elettori e, insieme ad altre formazioni, ha individuato un proprio candidato secondo un percorso più tradizionalmente interno e d’apparato.
Il quadro che si è parato innanzi all’elettore è stato sostanzialmente composto (senza contare i candidati minori naturalmente) da quattro principali candidati di cui tre individuati secondo percorsi più o meno tradizionali e d’apparato ed uno sostanzialmente autopropostosi.
Il risultato del primo turno è stato sostanzialmente scontato tranne che per un aspetto. Il candidato di centro destra (Lettieri) ha, infatti, avuto una decisiva (ma non schiacciante) affermazione con il 38,52%, il candidato di centro (Pasquino) ha sostanzialmente confermato le aspettative con il 9,75%, il candidato del centro sinistra (Morcone) ha avuto una pesante e prevista sconfitta con il 19,15%. La sorpresa, grossa, è venuta dall’affermazione del candidato autopropostosi. Luigi De Magistris ha raccolto infatti il 27,52% dei consensi approdando al ballottaggio a dispetto dei pronostici.
Consideriamo la percentuale dei voti dati al solo candidato sindaco senza esprimere una preferenza di lista (voti solo sindaco sul totale di quelli ricevuti).
Lettieri ha avuto 179.575 voti con il 38,52%, ma solo 9.676 voti solo sindaco (il 5,39%).
Pasquino ha avuto 45.449 voti (9,75%) e 2.829 voti solo sindaco (6,22%).
Morcone con 89.280 voti (il 19,15%) ha preso 6.166 voti solo sindaco (6,91%).
De Magistris con 128.303 voti (27,52%) ha ricevuto 35.050 voti solo sindaco (27,32%).
Quindi, mentre il range di voti solo sindaco di tre candidati è andato dal 5,39% al 6,91%, De Magistris ha ricevuto ben il 27,32%. Per completezza occorre considerare che in questo primo turno si è registrata una contrazione del numero dei votanti rispetto a quello registrato per le amministrative 2006. Hanno votato infatti ben 60.000 persone in meno con una flessione del 6,31 %, (552.100 votanti alle amm.ve 2006 a fronte di 490.142 votanti alle amm.ve 2011).
Il risultato del primo turno ha una sua significatività particolare. Senza naturalmente entrare nel merito dei singoli programmi (e relativi schieramenti e candidati) è positivo che nonostante l’ingessatura complessiva del sistema politico sia stato di fatto possibile realizzare un’autocandidatura, addirittura a dispetto degli indirizzi iniziali del partito di appartenenza (IDV), riscuotendo un significativo successo elettorale al primo turno. Il voto a De Magistris è stato però un voto con una forte connotazione protestataria e questo ce lo dice il fatto che votare per De Magistris ha significato, per chi lo ha fatto, assumere un consistente rischio di perdere le elezioni (date le percentuali di partenza del partito di appartenenza) che è passato in secondo piano rispetto alla volontà di dare un segnale forte e deciso. Altro elemento che fa pensare ad un voto di protesta viene dall’analisi della percentuale di voti “solo sindaco” dalla quale emerge un dato sconcertante: De Magistris ha riportato una percentuale superiore di ben quattro volte alla media registrata dagli altri tre candidati presi in considerazione.
Circa la natura sembra trattarsi di una protesta sostanzialmente interna allo schieramento di centro sinistra. E qui sorge spontanea una domanda: possibile che la protesta per potersi esprimere abbia dovuto utilizzare delle consultazioni elettorali finalizzate a ben altro scopo e cioè alla individuazione di amministratori capaci di tirare fuori Napoli dal baratro? E la politica che fine ha fatto? Dov’è finito tutto il sistema di sezioni di partito, circoli, assemblee, comitati, associazioni che funzionavano da punti di ascolto, raccolta ed elaborazione delle istanze dei cittadini?
La stessa questione è posta da Andrea Geremicca in una intervista resa poco prima di morire ad Andrea Rossomando per “Napoli Monitor”.
“Era inevitabile – dice Geremicca riferendosi al sindaco-governatore Bassolino- che dopo il collasso dei partiti vi fosse un momento personale e leaderistico. L’errore è stato non utilizzare questo momento per ricostituire un gruppo dirigente ma puntare sul partito personale. Appena una figura cresceva lui la liquidava. Al comune di Napoli Ada Becchi Collidà, membro di giunta, figura visibile evidente, Antonio Napoli, assessore, Vezio de Lucia, assessore, Barbieri, assessore…” E’ il caso di ricordare che alcuni di essi sono tra i firmatari del Manifesto degli elettori di centro sinistra che sostengono la candidatura di Lettieri.
“Lui (Bassolino) ogni tanto affermava – continua Geremicca – che non credeva nella democrazia plebiscitaria, ma in realtà ha usato il rapporto diretto con la città e ogni elemento di mediazione diventava un elemento di insicurezza e di offuscamento. Uno dei suoi più importanti sostenitori, Marone, ha detto: “Bassolino ha avuto una grande intuizione, ha diretto la città “bypassando” la macchina amministrativa”. Io sostengo che questo è uno dei suoi talloni di Achille, perché non si può gestire una città complessa in questo modo. Bassolino ha ritenuto che il rapporto con la società civile dovesse avvenire attraverso la cooptazione: tutta la politica delle consulenze… Da un lato ha voluto creare un sistema di potere, ma l’altra metà della verità è che lui attraverso le consulenze ha inglobato nel sistema istituzionale le forze della cultura, della società civile. Insomma, per capirci, la città si governa nel conflitto, ci deve essere un conflitto, non si può semplificare nel ruolo di una persona e di un’istituzione tutta la complessità sociale”.
In altri termini Geremicca ha individuato una delle cause dello stato di agonia della politica che è emerso dai risultati del primo turno a Napoli. La politica che piano piano prende le distanze dai cittadini, che si fa apparato completamente autoreferenziale, che coopta la società civile con una pioggia di consulenze e contributi, creando un sistema costosissimo di organizzazione del consenso che è franato sotto gli occhi di tutti portando al deficit tutti e tre gli enti coinvolti. La politica che crede di possedere le chiavi di lettura dei bisogni e che, degli ambiti di partecipazione, fa un uso molto limitato e relativo. La politica che ha creato i presupposti di “un’antipolitica arrabbiata” (come efficacemente evidenzia Paolo Macry dalle colonne del Corriere del Mezzogiorno del 22 maggio) che ha raccolto la protesta ma che non è frutto di ascolto, partecipazione, elaborazione e tantomeno processi bottom-up.
E il cittadino? E’ soprattutto spettatore stretto tra inefficienze e macroscopici disservizi da una parte ed un ceto politico litigioso ed autoreferenziale dall’altra. Profondamente disorientato ed alla ricerca di un senso il cittadino si avvia ad un voto delicatissimo avendo sotto gli occhi una città morente, tirato per il bavero da chi prova a riassumere la rinascita in un’unica parola d’ordine (fosse anche la legalità condizione indispensabile, ma non sufficiente alla rinascita oppure anche uno sviluppo economico che viene fatto apparire a portata di mano) o da chi tenta di chiudere in fretta la lunga stagione delle occasioni perdute. Il cittadino è disorientato e vorrebbe trovare la strada di un nuovo inizio.
A complicare le cose ci si mette anche il meccanismo perverso del premio di maggioranza e degli apparentamenti i cui effetti sono paradossali rendendo quasi quasi conveniente alle coalizioni che hanno perso il primo turno (Morcone e Pasquino) la vittoria di Lettieri al ballottaggio come si vede chiaramente nello schema che segue che riporta il numero dei consiglieri nelle due ipotesi.
Per non parlare poi del fatto che uno dei due scenari potrebbe portare a 244 voti la soglia di accesso al consiglio comunale di una città di un milione di abitanti.
coalizioni | Vince Lettieri |
Vince De Magistris |
Lettieri | 29 | 11 |
De Magistris | 6 | 29 |
Morcone | 9 | 6 |
Pasquino | 4 | 2 |
Quel che è certo è che il sistema elettorale deve essere ripensato in quanto crea effetti perversi che rischiano di compromettere il diritto del cittadino di scegliersi gli amministratori che ritiene più opportuni ed efficaci per il governo dei beni comuni. È anche altrettanto certo che dopo le elezioni dovremo tutti rimboccarci le maniche per recuperare un deficit di cittadinanza che nella mancata costruzione di ambiti partecipativi ha trovato una delle principali leve e, prima ancora, dovremo ricostruire una cultura della partecipazione e della consapevolezza di essere Stato da parte di tutti i cittadini. Speriamo anche che, chiunque vinca, si renda conto che la politica deve fare un passo indietro ridando credibilità e autorevolezza alle istituzioni e far fare tanti passi avanti ai singoli cittadini. Certo è che comunque vada, il dopo non sarà semplice, ma il nostro impegno di cittadini resta indispensabile e l’unica base solida sulla quale costruire.
Buon voto a tutti.
Fabio Pascapè Assemblea territoriale di Cittadinanzattiva Napoli centro
Ottime considerazioni, serie, approfondite e non di parte (se non quelle che guardano al cittadino).
Napoli morente è un concetto forte ma giusto, che andrebbe però accompagnato da Napoli suicida. Perchè un po’ masochista, Napoli lo è davvero.
Le speranze che aveva aperto Bassolino sono morte insieme alle taredive dimissioni di Rosetta: con quei modi di fare politica che più Berlusconiani di così non si può essere. Cooptazioni, consulenze, taglio di teste pensanti o di avversari non ruffiani, immobilismo, limite estremo della illegalità sfiorato e forse pure sorpassato.
Ora il problema che tu poni, l’analisi dei voti e i possibili risultati, è da considerare assolutamente.
Ma quello che rimarrà di Napoli sarà ormai poca cosa.
Quando muore la speranza, muore anche l’anima.
Lettieri per me rappresenta un restauro forse peggiore del mobile vecchio che si vorrebbe aggiustare.
De Magistris è, come hai detto, solo il fulcro della protesta con la quale Napoli ci campa assai) e non di un progetto cittadino di rilancio.
Il riassetto dei valori dell’etica e della legalità, mi sembrano ancora lontani, anche se già da soli non sarebbero poca cosa.
Spero di sbagliare, ma avrei preferito che a Napoli avesse potuto governare un PD con una totale e nuova classe dirigente, mentre al contrario mi pare che – se anche uno come Ranieri, che stimo, si “inchina” a De Magistris – mica stiamo messi bene.