Elezioni europee. Il nazionalismo populista e la dura realtà
Il leader nazionalista hindu Modi ha vinto le elezioni in India (1,250 miliardi di abitanti). Un accordo trentennale per la fornitura di gas è stato stipulato tra Russia (144 milioni di abitanti) e Cina (oltre 1,36 miliardi di abitanti) corredato da numerosi altri accordi commerciali e per la ricerca scientifica e tecnologica.
Come è noto l’Asia sta sempre più diventando il motore dell’economia mondiale e l’accordo tra Russia e Cina stabilisce le condizioni di base e geopolitiche perché quell’area del mondo divenga sempre più determinante. Il rilancio del nazionalismo indiano, inoltre, rafforza questa tendenza perché l’India sempre più andrà alla ricerca di uno sviluppo più intenso in concorrenza con l’occidente.
Tralasciamo di inserire in questo ragionamento altri paesi a noi ben noti perché da lì provengono molti prodotti che fanno parte della nostra vita quotidiana (Corea, Vietnam, Taiwan, Indonesia, Thailandia ecc). Loro li producono e noi li acquistiamo.
Ora mettiamo a confronto questo scenario con la competizione elettorale europea che si concluderà domani con il voto. Quali sono i temi e le forze politiche che hanno avuto maggiore risonanza? Sicuramente quelli e quelle definite euroscettiche e che comprendono componenti diverse (nazionaliste e populiste in primo luogo), ma tutte unite da un bersaglio: l’esistenza di una Europa unita e di una moneta comune.
Attenzione: non le politiche ottuse e irrazionali che hanno ridotto l’Europa e l’area euro in particolare ad un contatore di deficit avendo di mira sempre e soltanto il parametro del 3% di deficit e il 60% di debito in rapporto al Pil. No, l’attacco è proprio e soltanto all’esistenza stessa di una unione europea. Chi attacca non vuole che cambino le politiche, vuole che si frantumi l’Unione europea.
Infatti, cosa vuole Marine Le Pen in Francia? Semplicemente l’abbandono dell’UE e dell’euro. Cosa vuole Grillo? Un referendum sull’euro cioè un modo indiretto e furbastro per sancire l’uscita dell’Italia dalla moneta unica. Cosa vogliono le altre forze politiche nazionaliste? La stessa cosa, cioè il ritorno agli stati nazionali sovrani e dotati ognuno di una propria moneta.
Come sta messa la UE nel contesto internazionale? Con poco più di 500 milioni, con la crisi economica e l’invecchiamento della popolazione non si può dire che qui ci siano prospettive di sviluppo paragonabili a quelle dell’Asia e degli stessi Stati Uniti.
A livello di competizione globale l’Europa si presenta fragile, divisa e instabile. In questa situazione pensare di poter rompere il tentativo di creare un’economia integrata con un’unica moneta come quello iniziato da 18 stati con l’euro e presentarsi nel confronto internazionale con 18 monete diverse in competizione tra loro e verso il mondo farebbe ridere se non ci fosse da piangere.
Sia chiaro: che le politiche europee debbano cambiare ponendo fine ad un rigore ottuso e senza scopo è di vitale importanza, ma il fine deve essere quello di rilanciare l’Europa non di affossarla.
Nulla di cui meravigliarsi per Marine Le Pen che affonda le sue radici culturali in un nazionalismo di impronta fascista; quella stessa impronta che prevaleva in Europa nel passato e che ha portato a ben due guerre mondiali. I popoli non hanno mai capito dove li stavano portando le classi dirigenti e sono andati incontro al macello delle guerre con una disinvoltura e una leggerezza che hanno poi pagato a caro prezzo. Tornare alle monete nazionali oggi significherebbe avviarsi ad una feroce competizione tra gli stati europei innanzitutto nella quale, prima o poi, si finirebbe per minacciare l’uso delle armi. E questo con una globalizzazione che nel passato non c’era. Le élite tipo Marine Le Pen che oggi invocano la sovranità dei popoli lo sanno benissimo, ma pensano, come pensavano i loro precursori nel passato, di poter vincere le future competizioni mettendosi su una strada che non esclude le prove di forza.
Gli italiani non sono molto diversi da altri popoli e all’incitamento nazionalistico di stampo fascista della Le Pen preferiscono il sollazzo e il dileggio alla Beppe Grillo, ma la destinazione è la stessa: la rottura, la competizione selvaggia, l’isolamento. Tra una battuta e l’altra la rabbia degli italiani vede nel M5S e in Grillo i vendicatori di tante ingiustizie, di tanti soprusi e il sogno del ritorno ad un passato più semplice di quello di adesso, un passato nel quale si potevano pagare tassi di interesse sul debito pubblico del 20% l’anno e raddoppiare il rapporto con il Pil cercando di tamponare le falle con le svalutazioni della lira.
Molti italiani si cullano in questa favola cercando una scorciatoia alla difficile costruzione di un’alternativa e credono al Grillo che vorrebbe stracciare i trattati in faccia alla Merkel e disconoscere il debito italiano detenuto nell’UE definendolo “immorale”. Forse è piacevole cullarsi nei sogni e prendersi delle belle rivincite a colpi di vaffa e di insulti come si fa nelle discussioni tra amici per sfogarsi. Meno piacevole è sbattere la faccia con la dura realtà di un mondo nel quale siamo fragili e indifesi. La maestria di Grillo è nel far credere che tutto ciò possa essere vero e si possa non pagare alcun prezzo; è una maestria simile a quella del Berlusconi che nel passato proponeva milioni di posti di lavoro e ogni altro bene a italiani desiderosi di sentirselo dire, ma del tutto ignari delle modalità per ottenerlo. Come è finita lo abbiamo visto e i conti li stiamo pagando. Come finiranno le sparate di Grillo tradotte in scelte politiche, specialmente se unite alle pulsioni nazionaliste dei tanti Le Pen che agiscono in Europa, speriamo di non doverlo vedere mai
Claudio Lombardi
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