Elezioni: lagna, illusioni e realtà. Chi votare?
Inutile girarci intorno, il tema di queste elezioni è la vittoria della destra di Giorgia Meloni. È lei l’astro nascente di turno alla quale gli italiani guardano come una novità. La voce che corre è banale, ma efficace: “abbiamo provato tutti, adesso proviamo lei”. Un pensiero che nasconde un giudizio negativo su ciò che è stato fatto finora dai partiti che hanno governato e la finzione che la Meloni, in politica dall’età di 15 anni e già ministro nel governo Berlusconi, sia una novità nel panorama politico nazionale.
Il giudizio negativo è condizionato dalla tendenza alla lagna che corre sui media e sui social. Una tendenza non di oggi, ma che dura da svariati anni. In luogo dell’impegno personale, delle lotte sociali, della costruzione di percorsi di vita e di soluzioni si è fatta strada la lagna insieme alla convinzione di aver diritto ad un risarcimento (“abbiamo rubato il futuro ai giovani!”). I politici hanno avuto la grande colpa di assecondare questo lamento inondando la società di compensazioni nelle forme più varie. Nel passato si trattava di pensioni di invalidità e di cassa integrazione (un politico democristiano del sud rivendicò la giustezza delle prime anche se false perché al nord si spendeva molto in ammortizzatori sociali). In questo modo i nodi della crescita, del rinnovamento dell’apparato produttivo e dell’efficienza del settore pubblico furono aggirati con massicce dosi di spesa pseudo assistenziale più o meno camuffata e di regalie sotto forma di incentivi. Le partecipazioni statali furono piegate all’obiettivo di contribuire a mantenere la pace sociale invece di essere la componente trainante di interi settori economici. I cavalli di battaglia di quell’epoca “pre euro” furono periodi lunghissimi di integrazione salariale (accompagnati dal lavoro nero) e baby pensioni.
Il gioco durò fino a che l’Italia non fu sull’orlo del tracollo e si dovette imboccare la via dell’adesione all’euro per agganciarsi alla parte più solida e più ricca del mercato europeo. Superata la grande paura i governi ripresero ad usare la spesa pubblica come ammortizzatore sociale ma inventando la politica dei bonus. Ne abbiamo visti di tutti i tipi e con le motivazioni più sfacciate: monopattini per la mobilità sostenibile, rubinetti per il risparmio idrico, ristrutturazioni al 110% per il risparmio energetico, e poi vacanze, mobili eccetera eccetera. Ovviamente il gioco comprendeva anche la licenza di evadere il fisco. L’evasione fiscale è stato l’altro grande ammortizzatore sociale che ha mitigato le tensioni tra tutti quelli che hanno il potere di fissare i prezzi e coloro che li devono pagare.
Tutto ciò non è il passato, è il presente e, secondo le promesse dei programmi elettorali, sarà il futuro. Di cosa dunque si lagnano gli italiani? I governi hanno fatto molto per accontentarli sia pure nel modo sbagliato.
Ora si dovrebbe voltare pagina perchè lo Stato ha bisogno di funzionare meglio in tutte le sue diramazioni e la spesa pubblica non può più essere il bancomat al quale si attinge quando non si vuole scegliere. Invece nei programmi elettorali ci sono poche tracce di questa consapevolezza e molte dell’intenzione di proseguire come è stato fatto finora. Abbondano le promesse di benefici di tutti i tipi a carico del debito e da parte della Meloni ci si predispone ad un duro confronto con i partner europei se non assecondano le richieste italiane di sostegno. Un atteggiamento che mette a rischio la nostra stabilità.
Quasi tutti i partiti alimentano la narrazione del vittimismo e della deresponsabilizzazione e solo tra le righe dicono qualche verità. È questo il motivo della sfiducia degli italiani?
Molti voteranno Meloni senza dare peso all’alleanza con Berlusconi e Salvini, senza considerare, cioè, l’intero pacchetto che vanno a scegliere. La voteranno, quindi, perché è riuscita ad apparire nuova e determinata, ma a fare cosa? Considerando la mole di spesa prevista nei programmi della destra l’elettore responsabile dovrebbe domandare: con quali soldi? Volete che li stampi la Bce e che Francia e Germania garantiscano per noi?
Stessa domanda dovrebbe essere fatta ai 5 stelle di Conte. Spesa assistenziale a volontà e bonus a tappeto. Certo, gli elettori, se prometti loro benefici concreti e pronta cassa sono contenti, ma è questa l’Italia del futuro? Purtroppo anche il Pd ha sentito il bisogno di seguire la tendenza prevalente. Dunque blandire gli elettori con promesse di benefici immediati e glissare sulle scelte strutturali più impegnative (per esempio l’energia) sostituite da formule esortative di buona volontà. Più equilibrati sono stati Azione e Iv che hanno limitato le promesse al minimo indispensabile.
Dunque chi votare? Ognuno scelga da sé, ma tenga conto di due temi dominanti: la guerra in Ucraina e le scelte energetiche. Il mondo è cambiato. Dal 24 febbraio siamo entrati in una fase nuova. La pacifica convivenza con la Russia non ci potrà essere fino a quando rimarrà al potere una dittatura imperialista che ha scelto la guerra come strumento di politica internazionale. Ogni appello al pacifismo è un vaniloquio che rafforza Putin. Dunque chi ancora insiste per non sostenere la lotta di liberazione dell’Ucraina con le armi non merita il voto di nessuno. I nomi li conosciamo: Conte e le sinistre pacifiste, ma anche Salvini e Berlusconi che cercano di dissimulare la loro simpatia per Putin. Bisogna votare chi è per la sconfitta della Russia in Ucraina. Ne va della nostra libertà futura.
Nel campo dell’energia la voluta sottomissione al gas russo si è unita al velleitarismo superficiale di chi si è opposto sia allo sfruttamento del gas nazionale sia alla costruzione degli impianti di energia rinnovabile sia alla scelta del nucleare. La Commissione europea ha dato il suo contributo dando retta al movimento dell’ambientalismo radicale con delle tappe per la transizione energetica che non tengono conto della realtà produttiva e dell’immaturità tecnica di un passaggio totale all’elettrificazione gestita con fonti rinnovabili. Non ha senso votare chi insegue gli idealismi astratti. Bisogna scegliere chi vuole costruire politiche energetiche che concilino transizione e sostenibilità. Chi vuole farci credere che l’Europa con il suo 8% di immissioni globali di CO2 debba sacrificarsi per il bene del pianeta Terra è un irresponsabile
Claudio Lombardi
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