Eppure bisogna provarci
Diciamo la verità: che le cose non vanno bene lo sappiamo tutti. Lo sperimentiamo, lo viviamo con le mille difficoltà che dobbiamo superare nella vita quotidiana. Per avere un’idea basta farsi un giro per Roma e vedere la rappresentazione del fallimento di una classe dirigente che ha gestito la città per decenni. Qualcuno dice che è l’attuale sindaco ad essere antipatico e spocchioso. Ma figuriamoci! Questo lo dicono quelli che vogliono mascherare il fallimento perché è pure il loro. E Roma è il centro del Paese. Ogni giorno una polemica (oggi tiene banco la sostituzione del senatore Corradino Mineo in commissione affari costituzionali al Senato) molto spesso inutile e fuorviante.
La verità è che l ‘economia non cresce e con l’economia non crescono i posti di lavoro. E perché non cresce? Perché la produttività è bassa, la tassazione alta e il sistema paese non funziona (logistica, infrastrutture, trasporti, banda larga, criminalità, istruzione, giustizia, burocrazia, corruzione).
E perché il lavoro non lo crea lo Stato? Bella idea, manco tanto nuova perché lo Stato lo ha sempre creato il lavoro, ma è un gioco che dura poco e con il nostro debito pubblico e la disonestà dilagante di chi tiene i poteri vogliamo creare tanti Mose sparsi per tutta l’Italia?
Ma almeno ci rifacciamo con una solidarietà sociale e una cultura civile all’avanguardia? Niente da fare, anche qui siamo messi male perché tanti anni di culto degli interessi particolari e l’esempio di chi sta più in alto nella scala sociale hanno consolidato una cultura civile che somiglia ad uno specchio frantumato in milioni di pezzi.
La “mitica” società civile in realtà, spesso riproduce comportamenti che sono essi stessi parte del problema. Esistono tante brave persone, ovvio, ma faticano ad imporre la loro cultura del rispetto delle regole e del dovere da compiere nello svolgere i propri compiti. Sono tanti, ma non sono gli esempi cui guarda un senso comune abituato al successo di chi è più spregiudicato e arrogante.
La politica che rappresenta il cervello che dirige la nazione ha ormai ampiamente dimostrato la sua inadeguatezza. Ad ascoltare le polemiche che si susseguono ogni giorno in un mare di scandali c’è da preoccuparsi. Si dice tutto e il contrario di tutto violando la logica e il buonsenso pur di rendersi visibili. Soprattutto non c’è coscienza che l’Italia avrebbe bisogno di riformismo serio e costante per almeno una generazione e di rifondare la cultura civile e le forme della politica. La classe dirigente tira a campare nell’eterno rinvio di qualunque problema che viene enunciato, sempre, ma non affrontato seriamente perché l’Italia è un intreccio di interessi difficili da districare, uno straordinario blocco sociale che tiene insieme l’alto e il basso della società, praticamente un capolavoro delle caste che tengono in pugno il potere.
Eppure bisogna provarci. Qualcosa si può fare. Magari con errori e approssimazioni, ma stare fermi e continuare ad elencare problemi e possibili soluzioni senza mai provarne una, a questo punto, è un dramma. Per questo la “furia” renziana piace agli italiani, perché trasmette l’impressione che voglia provare a fare sul serio anche rischiando di rompere equilibri difficili da toccare.
Probabilmente Renzi esprime una parte della società italiana che vuole uscire dall’immobilismo e che è disposta a rischiare di commettere errori perché agli errori si può rimediare sperimentando e riprovando. Al declino non c’è rimedio
Claudio Lombardi
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