Europee: votare ma per cosa? (di Salvatore Sinagra)
Andiamo sul concreto che qui tra sparate di Grillo, arresti e polemiche di tutti i tipi la confusione impera. Domenica 25 maggio si terranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Ma a cosa servono veramente queste elezioni?
Per anni le elezioni europee sono state una sorta di mid-term elections, non una tornata elettorale ma la somma di tante tornate elettorali, insomma un sondaggione all’interno dei diversi stati nazionali. Tanto è vero che di questioni europee in occasione delle elezioni si è parlato solo nei paesi più euroscettici: Gran Bretagna, Svezia, Danimarca.
Stavolta c’è qualcosa di diverso e di nuovo. Dopo le elezioni europee si riunirà il Consiglio, composto da tutti i premier degli Stati Europei, che indicherà il presidente incaricato di formare una Commissione Europea. Il Trattato di Lisbona stabilisce, infatti, che il presidente della Commissione viene indicato “tenendo conto” dei risultati del voto. Tenendo conto è una definizione assai vaga che non implica alcun automatismo però è meglio di niente.
Per le elezioni 2014 cinque famiglie politiche hanno deciso di presentare un candidato alla presidenza della Commissione. Ciò non significa che lunedì sapremo il nome del vincitore però. Il sistema proporzionale di voto, infatti, non consentirà a nessuno dei raggruppamenti di ottenere oltre il 50% dei seggi.
Teniamo bene a mente che domenica non si esprimerà un voto su Napolitano, su Renzi o sulla permanenza nell’euro, ma si sceglieranno 73 uomini e donne che rappresenteranno l’Italia a Bruxelles. I parlamentari italiani concorreranno insieme a quelli di altri paesi agli equilibri politici del Parlamento e della Commissione europea.
Ma chi sono i candidati alla presidenza della Commissione sostenuti dai partiti?
Il Partito Popolare Europeo candida alla presidenza della Commissione il lussemburghese Jean Claude Juncker, premier del Lussemburgo per diciotto degli ultimi vent’anni e presidente dell’eurogruppo per circa 8 anni. Il PPE si presenta con un programma tanto lungo quanto vago, ma che lascia il tempo che trova, poiché il partito che fu di Helmut Kohl è oggi un gruppo pigliatutto che tiene insieme la signora Merkel, i berlusconiani che stanno facendo campagna contro l’Europa della Merkel, moderati di estrazione democristiana e partiti di estrema destra come Fidesz. In Italia Juncker è sostenuto da Forza Italia, Nuovo Centro Destra, Unione di Centro e Sud Tirol Volks Partei.
Il Partito Socialista Europeo candida alla presidenza della Commissione il tedesco Martin Schulz, già capogruppo dei socialisti al Parlamento europeo e presidente del Parlamento europeo. Il PSE, nonostante qualche componente poco ortodossa come quella britannica, pur non essendo ancora un vero partito, appare di gran lunga più coeso del PPE. Ha un programma molto orientato all’economia, ai diritti delle persone ed al ruolo dell’UE nel mondo (ma ci si poteva attendere qualche proposta in più con riguardo alle riforme istituzionali); secondo Schulz, per rilanciare l’Europa occorrono misure per l’occupazione giovanile, meno competizione al ribasso sui salari e imposte e lotta all’evasione fiscale. In Italia Schulz è sostenuto dal Partito Democratico e dal Partito Socialista Italiano.
L’alleanza dei liberali e dei democratici candida alla presidenza della Commissione Europea l’ex premier Belga Guy Verhofstadt, federalista e sostenitore del reddito minimo garantito (minimum income). Verhofstadt ha governato per molti anni il Belgio in coalizione con verdi e socialisti e sogna di replicare il suo modello in Europa, tuttavia a Bruxelles verdi, socialisti e liberali appaiono molto distanti dalla maggioranza dei seggi al PE. Il programma dei liberali è chiaramente federalista in merito agli assetti istituzionali appare frutto di compromessi e limitato a dichiarazioni di principio, con la notevole eccezione degli eurobond, in merito all’economia. In Italia Verhofstadt è sostenuto da Scelta Civica, Fare, Partito Federalista Europea e politici come Bruno Tabacci, Cristiana Muscardini e Niccolò Rinaldi.
La Sinistra Europea – Sinistra Verde Nordica candida alla presidenza della Commissione Europea il greco Alexis Tsipras, uomo simbolo della lotta contro le politiche di austerità della Troika che ha una piattaforma di sinistra radicale che però afferma la necessità di mantenere in piedi la moneta unica. In Italia Tsipras è sostenuto da Sinistra Ecologia e Libertà, Rifondazione Comunista ed altre forze che concorrono sotto il simbolo “l’Altra Europa con Tsipras”.
I verdi candidano alla presidenza della Commissione Europea un tandem composto dalla tedesca Ska Keller e dal francese José Bové. La loro componente italiana è Green-Italia verdi europei che raggruppa esponenti di diversa estrazione come Monica Frassoni vicina a Sel, gli ex parlamentari PD Roberto Della Seta e Francesco Ferrante e l’ex finiano Fabio Granata.
L’estrema destra non ha presentato candidature ufficiali, ma ha in Marine Le Pen la sua donna forte. La Lega Nord è alleata del Front National di Le Pen.
Il Movimento 5 Stelle non ha dichiarato né il sostegno ad un candidato alla presidenza della Commissione europea, né l’intenzione di aderire ad alcun gruppo parlamentare. La scelta di non aderire ad alcun gruppo taglierebbe i grillini fuori dalle dinamiche del Parlamento Europeo. A Bruxelles per creare un gruppo servono 25 parlamentari che vengano da almeno 7 paesi diversi. Quindi, a meno che alla fine i grillini non si uniscano all’estrema destra, resteranno isolati senza nemmeno un gruppo parlamentare di riferimento.
Salvatore Sinagra
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